COMPRENDERE LA BIBBIA - 13

Sacerdozio

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In epoca patriarcale il padre di famiglia svolgeva anche funzioni sacerdotali. Il libro della Genesi mostra i patriarchi che innalzano altari (Gen 12,7-8; 13,18; 26,25) e offrono sacrifici (Gen 22; 31,54; 46,1). I patriarchi erano pastori seminomadi, non disponevano di santuari propri e non c’era quindi necessità di personale specializzato per il culto. Nel loro transumare utilizzavano i santuari delle popolazioni cananee sedentarie. Solo quando si insediarono stabilmente nella terra di Canaan (= Palestina) e cominciarono a costruire santuari propri, si presentò la necessità di personale stabile e specializzato per il culto. Il sacerdozio vero e proprio venne istituito o riformato da Mosè, che su indicazione divina scelse come sacerdoti i componenti della famiglia del fratello Aronne (Es 28,1). La discendenza dalla famiglia di Aronne era condizione necessaria e indispensabile per appartenere alla classe sacerdotale. L’elezione al sacerdozio riguardava l’intera tribù di Levi, non l’individuo, non era una vocazione ma una funzione. Il sacerdozio israelita era riservato solo ai maschi. Contrariamente all’antico Vicino Oriente, in Israele le donne erano così rigorosamente escluse dal sacerdozio che la lingua ebraica non possiede neppure il termine sacerdotessa. Benché tutti i discendenti di Aronne fossero eletti al sacerdozio, non potevano esercitarlo se avevano difetti di natura fisica o morale. Per essere però abilitati al sacerdozio dovevano sottoporsi a speciali riti di consacrazione che li rendevano santificati, messi da parte per il servizio di Dio (cfr. Es 29 e 40). Questo trasferimento nella sfera del sacro consentiva loro di muoversi in essa senza sacrilegio, dovevano però rimanere rigorosamente separati dall’ambito profano e sottostare a determinate interdizioni e regole di purità (Lv 21,1-7; 10,8-10). Mentre i sacerdoti dell’antico Vicino Oriente possedevano vasti latifondi, quello israelita era l’unico sacerdozio nullatenente; i sacerdoti vivevano esclusivamente della quota parte dei sacrifici e delle offerte dei fedeli.

I sacerdoti israeliti nel corso del tempo hanno svolto tre funzioni. La funzione oracolare era anticamente la più importante e comportava l’impiego degli enigmatici urim e tummim (non sappiamo esattamente cosa fossero, servivano al sacerdote per consultare Jhwh e ottenere la decisione o il giudizio divino). In un ambiente in cui l’uomo desiderava conoscere nelle varie circostanze della vita quale fosse la volontà divina, questa era l’unica forma di divinazione consentita in Israele. Tutte le altre forme di magia e divinazione erano rigorosamente bandite (cfr. Dt 18,9-14). Questa funzione scomparve con il sorgere del carisma profetico indipendente da quello sacerdotale.

Un’altra funzione svolta dal sacerdote era quella didattica al servizio della parola di Dio. I sacerdoti israeliti nei santuari e nel culto elaborarono e trasmisero i racconti dei grandi fatti del passato e le leggi che dovevano regolare la vita del popolo. In questo modo essi divennero maestri di morale e religione. A partire dall’esilio (VI sec. a.C.), i sacerdoti vennero privati anche di questa funzione didattica che passò nelle mani degli scribi e dottori della Legge, normalmente laici.

La terza funzione del sacerdozio israelita era quella cultuale. Il sacerdote era l’uomo del santuario e dell’altare. A lui spettava custodire l’arca nell’epoca antica (1Sam 1-4; 2Sam 15,24-29), radunare i fedeli nel Tempio (1Sam 1), presiedere la liturgia (Lv 23,11.20), offrire i sacrifici. Il compito specifico del sacerdote nei sacrifici consisteva nel raccogliere e versare il sangue della vittima sui corni dell’altare, nel presentare e deporre sull’altare la parte del sacrificio spettante a Dio. La funzione cultuale-liturgica si accentuò al punto da diventare la funzione tipica del sacerdozio, ne è prova il fatto che la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. pose fine al sacerdozio israelita. (13. Segue)

Gastone Boscolo

(nella foto: sacerdote israelita)