NELL’ISOLA DI PELLESTRINA LA FESTA DELL’APPARIZIONE

La Signora vestita d’azzurro

Il programma conclusivo. La rievocazione storica collegata alle vicende della Serenissima

Madonna-Apparizione
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Martedì 4 agosto la comunità cristiana dell’isola di Pellestrina ricorda la festa dell’Apparizione. Il programma prevede lunedì 3 agosto, alle 21, il santo rosario meditato nel piazzale del santuario; seguirà una veglia di preghiera sino alle ore sei del mattino successivo. Martedì 4 – sempre nel piazzale del santuario – le sante Messe saranno celebrate alle ore 6, 7, 8.30 e 19. Alle ore 10.30 avrà luogo, invece, la santa Messa solenne, presieduta dal vescovo Adriano, con la partecipazione dei fedeli e delle autorità. A tal riguardo ricordiamo che l’ordinario clodiense, in data 15 luglio, ha nominato don Renato Feletti – già amministratore dell’UP dell’isola di Pellestrina – parroco della medesima. L’insediamento avverrà proprio il 4 agosto, nel corso della Liturgia Eucaristica presieduta dal vescovo.

Ricordiamo a tal punto che le cronache narrano che il 4 agosto 1716, un ragazzo di nome Natalino Scarpa di Zuanne, detto dei Muti, mentre si recava di primo mattino alla chiesa parrocchiale di Ognissanti – nell’isola di Pellestrina – fu chiamato da una vecchia “Signora”, nei pressi dell’oratorio dei Santi Vito e Modesto, facendogli cenno con la mano di avvicinarsi. Quel giorno era un martedì – come nel presente anno 2020 – e la “Signora”, vestita con un abito azzurro, seminato di stelle rosse, che le arrivava fino ai piedi e con il capo coperto da un velo bianco (vedi foto), avvicinando a sé, per un braccio, Natalino, gli disse: “Vien qua fio. Va dal pievàn e dighe ch’el fassa celebrar delle messe per l’aneme del purgatorio, se volemo aver vittoria. Portame la resposta, e tel digo a ti perché ti xe degno”. Il ragazzino annuì con la testa e fece proprio come la donna gli aveva detto. Andò dal “pievàn”(il parroco), e riferì il tutto.  Era il periodo della guerra contro i Turchi, che proprio in quei tempi sembravano aver la meglio sulla flotta veneziana e sugli alleati in Ungheria, legata ai fatti d’arme che coinvolsero la Serenissima repubblica di san Marco, l’impero Asburgico e l’impero Ottomano. La vittoria poi arrise alle truppe cristiane e per celebrare tale fausto evento, per volontà del Veneto senato e del doge Giovanni Corner, nello stesso luogo dell’apparizione della Beata Maria Vergine, al veggente Natalino Scarpa dei Muti, fu edificato un santuario, sotto il titolo di “Praesidium Venetorum”. Sempre la Veneta repubblica commissionò al grande musicista Antonio Vivaldi un’opera musicale – in onore della Beata Vergine – che fu intitolata “Juditha triumphans”. È doveroso osservare, a tal punto, che Venezia ha sempre riservato un culto specialissimo alla Madre di Dio e Madre nostra. La basilica di Torcello, (l’antica Hiraklion) con i suoi antichissimi temi rappresentati nei mosaici, sembra rivelarci proprio il culto a Maria, all’Aiuto dei Cristiani. Un popolo, dunque, di antica pratica cristiana e mariana che poté proprio all’epoca delle invasioni rivolgersi a Maria, madre del popolo di Dio, a venire in aiuto, invocandoLa con il titolo Turris coeli, o Torre del cielo. E nella lapide torcellana, trovata sotto la pavimentazione del presbiterio a ridosso dell’abside, sta scritto che la chiesa “in onore alla Madre di Dio, fu edificata nel 639 d.C.”. Ma altre presenze mariane significative appaiono nella storia della Serenissima; basti pensare alla veneratissima immagine della Regina delle vittorie, la Nicopeja, posta in posizione d’onore nella basilica marciana. Questa icona, che la tradizione vuole dipinta da San Luca, era posseduta dagli imperatori bizantini, che la portavano sempre in battaglia, come portatrice di vittoria; questo il significato di ”Nicopeja” Era chiamata anche ”Odegetria”, “Odigitria” o “Odighítria”, ovvero, “colei che conduce, che indica la via”. Giunse a Venezia nel 1234, portata dai veneziani, in seguito alle Crociate, sembra, come bottino del saccheggio di Costantinopoli, dove figurava nella chiesa del Pantocratore. Da non dimenticare, infine, la Madonna della Salute, la taumaturga immagine della Madonna di Candia, La Mesopanditissa o Mediatrice. Da più di tre secoli i pellegrini che giungono alla Basilica della Salute, venerano tale immagine. Essa è giunta dall’isola di Candia il 26 febbraio 1670 portata dal doge Morosini e il 21 novembre dello stesso anno essa fu collocata nella nicchia dell’altare. I candiotti la chiamavano “Madonna di san Tito”, perché ritenevano che fosse stata dipinta da san Luca che poi l’avrebbe donata al loro primo vescovo. Veniva chiamata anche “Mesopanditissa” che significa mediatrice di pace perché dinanzi alla sua immagine i veneziani e i candiotti, nel 1264, avevano posto fine alla guerra che li aveva visti coinvolti per un sessantennio. Ma tale suo appellativo, molto probabilmente, deriva, invece, dal giorno in cui essa era festeggiata, giorno che cadeva a metà tra il Natale e la Presentazione del Signore, chiamata dai greci festa dell’“Ipapante”, cioè festa dell’incontro con Cristo. Con Maria, la “Ipapantissa”, ci s’incontrava prima, per essere poi guidati da Lei a incontrarsi con Cristo. A Venezia, invece, tale immagine della Vergine è chiamata Madonna della Salute perché i veneziani riconobbero di aver ricevuto in dono, attraverso di lei, la salute nella guarigione dalla peste e la salvezza che solo il Salvatore, figlio suo, è capace di elargire. Così ricorda anche l’iscrizione incisa nel tondo al centro della Basilica: “Unde origo inde salus”, che si può tradurre, interpretando e applicando, “da Maria nacque Venezia, da Maria venne la salvezza”.

Giorgio Aldrighetti