Riflettendo sul vangelo - XVII Domenica T.O. - ANNO A

Il vero miracolo da compiere è la condivisione verso tutti

LETTURE: Is 55,1-3; Sal 144;  Rm 8,33.37-39; Mt 14,13-21

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In tutti gli evangelisti, quindi anche in Matteo (14, 13-21), viene raccontato il fatto straordinario della moltiplicazione dei pani e pesci che Gesù ha operato con i suoi discepoli e le folle. Se il ricordo di questo fatto è così forte e frequente, significa che davvero è un evento centrale non tanto per la potenza del gesto, quanto per l’intensità del suo significato.

Gesù opera un miracolo in risposta ad una fame concreta e reale della folla che lo seguiva: erano uomini e donne affamati non solo di pane da mangiare ma affamati anche di cibo per il cuore, di amore, di pace… di senso. Questa gente sente il bisogno del Maestro tanto da cercarlo ansiosamente. Gesù, saputo della morte di Giovanni Battista suo cugino, si era ritirato in un luogo solitario tutto solo a pregare, ferito anche dalla sofferenza di una perdita drammatica così dura da digerire e accettare. La gente, però, lo cerca perché ha bisogno di Lui e Lui non si sottrae, non si nasconde, prova compassione e trascorre la sua giornata con la moltitudine di poveri, di affamati, di assetati nel senso materiale e ancor più spirituale: “Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati” (v. 14).

La grande folla per la quale Gesù sente compassione, in fondo, ci rappresenta tutti: sono coloro che vivono situazioni particolari perché senza lavoro, perché soli, perché sopraffatti da mille difficoltà, perché piagati nel corpo dal dolore e dalla malattia, ma anche coloro che sono bisognosi di un pane che sfami la ricerca di un senso da dare all’esistenza.

Ebbene, il Signore, di fronte a tutto questo, non agisce, ma chiede ai suoi di agire: “Date voi stessi da mangiare” (v. 16).

Egli ci fa capire che quando si è direttamente interpellati e coinvolti per portare il nostro fattivo contributo, c’è il rischio di fare come hanno fatto i suoi discepoli e dire: che ci posso fare? che ognuno si arrangi … ho da pensare alle mie cose … i problemi sono di chi li ha e li deve affrontare meglio che riesce … .

In fondo, dobbiamo confessarlo, è ciò che pensa tanta gente, forse anche noi, quando siamo chiamati a dare delle risposte a chi, in maniera drammatica, porge la mano per chiede pane, aiuto, accoglienza, amore. Ogni scusa è buona per non accorgerci, per voltarci dall’altra parte e non fare nostre queste richieste.

Gesù richiama i suoi a mettersi in gioco, a coinvolgersi in prima persona: “Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare” (v. 16).  Lui insiste perché gli interessa e gli serve ciò che essi sono, anche se ciò che hanno è ben poca cosa: “non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!” (v. 17).

Questo mi fa dire che nessuno di noi è così tanto povero da non poter dar niente agli altri e neppure nessuno di noi è così tanto ricco da non poter ricevere nulla dagli altri. Certo, cinque pani e due pesci è ben poca cosa per sfamare cinquemila uomini senza contare le donne e i bambini. Non importa! Gesù non pesa, non misura, non calcola secondo i nostri criteri.

Nel vangelo non troviamo il verbo moltiplicare. Con una magia, con un miracolo, senza il bisogno di nessuno, il Signore poteva compiere ciò che umanamente era impossibile e quindi anche con poco sfamare una folla immensa.

Invece il vero miracolo, ci vuol far capire, è la condivisione: il dare qualcosa di nostro, meglio se è ciò a cui teniamo particolarmente.

Mettere a disposizione il nostro poco può diventare il tutto per tanti fratelli.

Molto spesso, invece, appagando il nostro egoismo, diciamo che il tempo non è sufficiente per dare una mano a chi forse ne ha bisogno, il denaro che guadagniamo o che possediamo non  avanza mai per aiutare i tanti bisognosi nelle nostre comunità e così via. Uno dei commenti più belli a questa pagina del vangelo lo possiamo racchiudere in una espressione di Madre Teresa di Calcutta, la quale diceva: “Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”.

Se ci lasciamo contagiare dalla logica del dono vedremo germogliare inimmaginabili miracoli di amore.

don Danilo Marin