COMPRENDERE LA BIBBIA - 11

Zeloti e Samaritani

Samaritan
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Zeloti

In seno al gruppo dei farisei si era formata, al tempo di Gesù, la corrente oltranzista degli zeloti (zēlōtaí = zelanti, fanatici), che rifiutavano accanitamente l’autorità di Roma sulla Palestina. A livello dottrinale concordavano in tutto con i farisei ma sottolineavano decisamente che riconoscevano come loro signore e re solo Dio. Secondo gli zeloti chi riconosceva l’imperatore come signore e gli pagava le tasse infrangeva il primo e più importante comandamento che prescriveva di onorare solo Dio. Gli zeloti rifiutavano di piegarsi al giogo dell’imperatore romano e di chiamarlo Kyrios (= signore). Non erano disposti, come i farisei, ad attendere pazientemente la futura svolta messianica, ma volevano accelerarla con interventi attivi nel corso della storia. Il loro fondatore, Giuda il Galileo, all’inizio del I sec. d.C. trascinò una grande moltitudine alla ribellione, sedata nel sangue dalle truppe romane guidate da Quintilio Varo (governatore della provincia romana di Siria). Gli zeloti erano gente violenta che provocava attentati e rivolte. Erano nemici giurati di chiunque collaborasse con i romani e sfruttavano ogni occasione per colpirli proditoriamente con la sica, un piccolo pugnale che nascondevano tra le pieghe del vestito, e proprio per questo i romani li chiamavano sicari. Gesù ne ebbe qualcuno anche tra i suoi discepoli, Simone lo zelota (Lc 6,15) e forse Giuda l’Iscariota (il sicario?). Certamente dovette deluderli nelle loro aspettative rivoluzionarie, se lo avevano seguito per questo. Agli occhi dei Romani erano banditi contro i quali si agiva con estrema durezza e severità, ma fra la popolazione giudaica trovarono crescenti adesioni. Gli zeloti furono le forze motrici della prima guerra contro Roma (66-70). Con la distruzione di Gerusalemme e l’annientamento degli ultimi focolai di resistenza (Masada), il movimento zelota incontrò una tragica fine.

Samaritani

Nel 721 a.C. il re Assiro Sargon II conquistò il Regno di Israele (Nord), distrusse la capitale Samaría e deportò gli abitanti, rimpiazzandoli con stranieri di altre terre. Questi coloni stranieri si fusero con le popolazioni locali e ne nacque una razza mista sia dal punto di vista etnico che religioso: i Samaritani. Al ritorno dall’esilio babilonese Esdra e Neemia imposero la rottura dei matrimoni misti e posero come condizione di appartenenza al popolo ebraico la purezza della razza giudaica (Esd 9,1-10,44). Automaticamente i samaritani restavano esclusi perché contaminati irreparabilmente da matrimoni con pagani che risalivano indietro di tre secoli. La costruzione di un tempio sul Monte Garizim (cfr. Gv 4,20) sigillò la scomunica definitiva dei samaritani da parte degli ebrei che risiedevano in Giudea (Antichità Giudaiche XI,7,2-8,4; XIII,9,1). Gesù Ben Sira, verso il 180 a.C., è testimone dell’avversione nutrita dai giudei verso questa comunità (Sir 50,26: Il popolo stolto che abita in Sichem); i rabbi li equiparavano ai pagani, persone da evitare con ogni cura. L’odio e il disprezzo degli ebrei nei loro confronti era frutto più di considerazioni razziali che di differenza in campo religioso. I Samaritani infatti riconoscevano l’autorità dei cinque Libri di Mosè (la Toráh, dalla Genesi al Deuteronomio), ma non il resto dell’Antico Testamento, erano monoteisti convinti, vivevano nell’attesa del Messia che avrebbe posto fine alla segregazione razziale restaurando l’unità del popolo d’Israele (Gv 4,19 26). Gesù si conquistò l’amicizia dei samaritani (Gv 4,39-42), li valorizzò sia nella parabola del buon samaritano, additato come esempio (Lc 10,30-37), sia nella lode dell’unico lebbroso samaritano che tornò a ringraziarlo quando fu guarito insieme ad altri nove giudei (Lc 17,11-19). Filippo, uno dei sette diaconi, portò il vangelo in Samaria con notevole successo di conversioni, in seguito costatate e confermate dagli apostoli Pietro e Giovanni (At 8,5-25).

(11. segue)

Gastone Boscolo