RIFLETTENDO SUL VANGELO - XVI DOMENICA T. O.  - ANNO A

Il bene e il male che convivono

LETTURE: Sap 12,13.16-19; Sal 85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43

parabola-del-seminatore
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Anche in questa domenica leggiamo alcune parabole raccontate da Gesù. Come dicevamo, commentando il vangelo della parabola del seminatore di domenica scorsa, siamo all’interno di un capitolo intero del vangelo di Matteo tutto dedicato alle parabole del Regno.  Oggi sono addirittura tre (Mt 13, 24-43) e tutte iniziano con la stessa espressione: “il Regno dei cieli è simile …”.

Nella prima il Regno è simile “ad un uomo che ha seminato  del buon seme nel suo campo” (v. 24), ma un nemico, nottetempo, seminò la zizzania; nella seconda: “è simile ad un granello di senape che un uomo prese e seminò nel suo campo” (v. 31); e infine, nella terza, è simile “al lievito che una donna prese e mescolò in tre misure di farina” (v. 33).

Quella, però, che stimola una riflessione particolare e che certamente mette in luce le condizioni per essere a pieno titolo appartenenti a questo Regno, è la parabola che occupa la maggior parte del brano del vangelo di oggi. C’è di nuovo una semina: di giorno un uomo semina grano buono e, mentre tutti dormono, il nemico semina la zizzania e se ne va.

Essa merita un’attenzione maggiore chiarendo prima di tutto alcune cose. Resta da capire, infatti, cos’è la zizzania, che il nemico semina nel campo del suo rivale. E’, senza dubbio, una pianta che non conosciamo, molto simile al grano e diventa impossibile distinguerla da esso nelle prime fasi della crescita. Lo si capisce quando ormai la pianta ha intrecciato le sue radici con il frumento. Per questo motivo il padrone del campo suggerisce ai servitori, che vorrebbero estirparla subito, di aspettare, con pazienza, la maturazione di entrambe per non estirpare con la zizzania anche il frumento. Chi è, poi, il nemico che semina la zizzania? Forse non ci si discosta molto dalle accuse, dal disprezzo, dai dispetti e dalle molestie di qualcuno per danneggiare il rivale o la sua famiglia, cose, purtroppo, comuni anche ai nostri giorni.

Zizzania e grano che crescono assieme nello stesso pezzo di terreno, nascondono quella domanda di sempre di fronte al problema più angoscioso della nostra fede: l’esistenza del male nel mondo. La domanda è antica quanto l’uomo. Se Dio è buono perché esiste il male? Perché il regno di Dio non ha la forza di cambiare le cose?

E’ lo smarrimento che tutti noi abbiamo esperimentato in questo tempo di pandemia che ci ha colpito e ci sta colpendo. I nostri vescovi nel Documento: “E’ risorto il terzo giorno”, hanno scritto: “In questi mesi, purtroppo, sono state anche rilanciate interpretazioni teologiche fuorvianti sulle origini della pandemia, presentata come punizione o flagello di Dio per i peccati degli uomini (…). In questa situazione è emerso un atteggiamento scomposto: la tentazione del miracolo”.

Una delle cose più difficili da accettare per noi cristiani è proprio la realtà della compresenza del bene con il male. Ciò che ci lascia un tantino perplessi è che il Signore risponde con un secco no alle nostre proposte di eliminare subito (la tentazione del miracolo) il male perché non accada, come per i contadini, che “raccogliendo la zizzania, si sradichi anche il grano” (v. 29). E’ un rapporto diverso che dobbiamo avere con il male che alberga in noi e fuori di noi, anche se è difficile accettarlo quando purtroppo talvolta si rivela molto forte e radicato. Ma è un dato di fatto: in noi e attorno a noi convivono il bene e il male, la luce e le tenebre, e siamo continuamente esposti all’invasione del nemico che continua a seminare zizzania nel campo del mondo, della Chiesa, in ciascuno di noi.

Non ci resta che misurarci con la presenza del male, ricordandoci, però, che Dio lo lascia perché anche attraverso di esso possiamo conoscere Dio per quello che è: amore incondizionato e misericordioso.

Se la zizzania non può mai diventare buon grano, l’uomo, invece, può sempre cambiare, può convertire il suo cuore: l’impazienza e la fretta fanno parte del nostro DNA, non certamente di Dio e non deve essere nemmeno del cristiano. Sperimentare e gustare l’amore misericordioso, paziente di Dio ci carica di speranza e ci spinge ad andare avanti, pur in mezzo a tanti momenti difficili, nella certezza che se continuiamo a fidarci di Lui il bene avrà certamente il sopravvento sul male.

don Danilo Marin