RIFLETTENDO SUL VANGELO - XIV DOMENICA T.O. - ANNO A

Venite a me, Imparate da me, Prendete il mio giogo…

LETTURE: Zc 9, 9-10; Sal 144;  Rm 8, 9. 11-13; Mt 11, 25-30

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Il brano del Vangelo di Matteo di oggi (11, 25-30) rivela l’insuccesso della missione del Maestro e degli Apostoli che erano stati istruiti e inviati perché il loro annuncio fosse sempre più fruttuoso. Il rifiuto arriva proprio da quelle persone che avrebbero, invece, dovuto mostrare maggiore accoglienza. Nonostante, però, il rifiuto da parte di alcuni, Gesù sperimenta che la sua Parola è stata luce e sostegno per altri, da qui la sua preghiera, un inno di giubilo, che innalza al Padre suo: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (v. 25).

E’, infatti, volere di Dio che tutti possano partecipare all’intima familiarità che lega Gesù al Padre, cioè entrare nel segreto più profondo del suo cuore. A questa familiarità sono destinati in modo particolare i piccoli, i poveri e gli umili, coloro che sanno accogliere con semplicità il Vangelo, venendo così premiati con la rivelazione dei misteri del Regno dei cieli negata, invece, ai sapienti e ai dotti. La logica di Dio è quella di consegnare i propri segreti ai piccoli, a coloro che non possiedono nulla se non la consapevolezza di essere poveri e quindi liberi da tutto. I sapienti e gli intelligenti che Gesù condanna sono coloro, invece, che per la presunzione e il loro orgoglio intellettuale smarriscono la verità profonda dell’uomo. Al centro di questo messaggio è il tema dell’umiltà e della semplicità della vita che si può attingere solo dal modello che è Cristo: i misteri del Regno di Dio si esplorano solo con il cuore e con la forza dell’amore. Da qui, allora, l’invito di Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (vv. 29-30).

Vorrei soffermarmi sui tre verbi che troviamo in queste espressioni di Gesù: venite a me; prendete il mio giogo; imparate da me. Quel venite a me è rivolto a ciascuno di noi, sempre affaticati e oppressi da varie prove. Andare da Lui, perché Egli è la nostra forza, la nostra guida, il nostro ristoro.

Colui che ci invita è uno che bisogna seguire e che chiede di mettersi alla sua scuola “prendendo il suo giogo” (v. 29). Il “giogo” di Gesù, però, non è come quello dei farisei che legano pesi insopportabili sulle spalle della gente, il suo è “dolce e leggero”. L’andare a Lui è mettersi al suo seguito e accettare il suo ideale di vita. E’ un’esperienza impegnativa anche se arricchente e gratificante. Questa esperienza diventa, però, dolce e leggera se portata con amore fissando lo sguardo su di lui e soprattutto insieme con lui “mite e umile di cuore” (v. 29). Se da una parte, è difficile accogliere un invito come quello di Gesù perché ci obbliga ad uscire dalla nostra autosufficienza per andare verso colui che condivide con noi il giogo della quotidianità, per imparare da Lui, passo dopo passo, l’umiltà e la mitezza di cuore, dall’altra comprendiamo che le sue non sono proposte assurde e impossibili. Il suo giogo, infatti, non stringe ma accarezza, è un peso che non affatica ma solleva.

Infine Gesù ci domanda di imparare da Lui. E’ un mettersi continuamente in gioco alla sua scuola per imparare ad amare il Padre, di cui egli è l’immagine perfetta, rivelazione completa e per imparare ad amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amati. Andiamo con coraggio da Gesù perché solo Lui sa donarci quella gioia che nessuno può rapirci dal cuore e di cui abbiamo estremamente bisogno.

don Danilo Marin