Ricordo di Don Olinto Marella, Prete di Pellestrina

Sarà il “nostro” primo beato

Raccoglitore di generosità e donatore di umanità. La Carità, strada per superare i limiti personali

don olinto marella
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Il 4 ottobre 2020 a Bologna il cardinale Angelo Becciu prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, proclamerà beato Don Olinto Marella di Pellestrina, primo beato della diocesi di Chioggia. La messa ufficiale di proclamazione è slittata di quasi un anno a causa della pandemia da Covid-19: Papa Francesco, infatti, aveva firmato il decreto che riconosce il miracolo avvenuto per intercessione del Venerabile ancora il 28 novembre dell’anno scorso. Don Olinto Marella è una delle figure più interessanti della chiesa clodiense della prima metà del Novecento e un vero profeta per il nostro tempo. Una vita, la sua, spesa per gli altri e vissuta nella piena fede e speranza in Dio, che coniugava una profonda adesione al Vangelo e un grande rispetto per la vita civile. La beatificazione è il traguardo tanto desiderato da chi lo ha conosciuto ed apprezzato, soprattutto dai suoi figli dell’Opera di Padre Marella “La Città dei Ragazzi”di Bologna.

Olinto Marella nasce il 14 giugno 1882 a Pellestrina (Venezia) da una famiglia benestante. Il padre è medico condotto dell’isola, la madre Carolina de Bei è insegnante elementare. Ha due fratelli: Antonio (che, come medico sostituirà nell’isola il padre deceduto nel 1903) e Tullio (ingegnere e terziario francescano, che aiuterà a Pellestrina il fratello prete nelle opere di carità). Fin dall’adolescenza dimostra inclinazione alla vita ecclesiastica, grazie alle particolari cure dello zio monsignor Giuseppe M. Marella, tanto che a dieci anni il 7 novembre del 1892 chiede di essere ammesso alla classe I ginnasiale del Pontificio Seminario Romano. Qui incontra il giovane Giuseppe Roncalli, futuro papa, Ernesto Buonaiuti e Romolo Murri diventando amico di tutti e tre anche quando il Bonaiuti e il Murri saranno accusati di modernismo e sospesi “a divinis”. Durante gli anni di formazione in seminario Marella manifesta un elevato interesse per le discipline storico-teologiche, per l’esegesi biblica e la riflessione patristica, tanto da laurearsi in filosofia e teologia all’ISSR all’Apollinare (Istituto superiore di Scienze Religiose). Nella capitale riceve gli ordini minori. Terminati gli studi fa ritorno a Pellestrina e il 7 agosto del 1904 è ordinato diacono a Chioggia dal venerando conventuale fra Ludovico Marangoni vescovo della diocesi clodiense. E’ presbitero il 17 dicembre 1904 a Venezia per le mani e la preghiera consacratoria di S. Em.za il Card. Patr. Aristide Cavallari. Dal 1905 al 1908 è insegnante di italiano latino e filosofia nel liceo e di Sacra Scrittura e Storia ecclesiastica a teologia nel Seminario di Chioggia. In questi anni sono ospiti dozzinanti nella nostra Casa i carissimi Professori del Seminario – D. Pietro Ravelli (direttore del seminario vescovile ndr) e D. Olinto Dott. Marella – si legge nell’archivio della Congregazione dei Filippini di Chioggia, registro de’ decreti conservato nella sagrestia della chiesa, pag. 199.   Questa Congregazione accolse la loro domanda per avere più aiuto nella celebrazione dei divini uffici in Chiesa. Allora la Congregazione era composta solo dai padri Emilio Venturini, Giuseppe Veronese e Gaetano Tiozzo. Nel 1907 don Olinto insieme al fratello Tullio apre a Pellestrina il “Ricreatorio Popolare”, ideale continuazione del Patronato voluto dal sacerdote don Renier morto nel 1889. Quindi sia per i ragazzi che per le ragazze la “Città dei Ragazzi” con sala e cortile per giochi, biblioteca, sala per riunioni (dove si tenevano pure le scuole serali per analfabeti e la scuola media privata, gratuita e un teatro capace di 300 posti a sedere). Il tutto costruito con sobrietà e armonia. Infine inaugura il “Giardino dell’Infanzia” preso d’assalto dai numerosi bambini/e dell’isola, che finalmente possono avere la scuola materna. Qui il metodo educativo applicato non poteva che essere quello allora in voga della pedagogista e medico Maria Montessori. E d’estate per i giovani, a piedi o in bicicletta, 10-12 giorni di viaggi lungo il Veneto e il Trentino. Dalla Città dei Ragazzi, come testimonieranno alcuni beneficati nel processo diocesano di canonizzazione uscirà la classe dirigente dell’isola del XX secolo. La promiscuità (come veniva allora considerata l’apertura contemporanea delle istituzioni ai maschi e femmine) osteggiata dall’arciprete di Ognissanti, l’immancabile conflitto con l’amministrazione comunale (allora a Pellestrina c’era il sindaco), le numerose pubblicazioni di don Olinto (alcune anticipano addirittura il Vaticano II) troppo precoci per i tempi di allora, che tacciavano di modernismo qualsiasi novità, furono la vera causa dei grandi contrasti con mons. Antonio Bassani vicario vescovile con diritto di successione, nel 1908 ordinario della Diocesi sino al 1920. Ma anche se sospettato di modernismo, non mancano  gli apprezzamenti per questo giovane prete giudicato non solo idoneo  ma addirittura il migliore  insegnante del seminario, nelle due visite apostoliche all’Istituto Vescovile di Chioggia (la prima fatta dal domenicano Tommaso Pio Boggiani dal 15 marzo al 15 aprile 1906  su mandato della Congregazione del Concilio), la seconda  del 1908 da  Mons. Giovanni Battista Nasalli Rocca di Corneliano  (che da cardinale arcivescovo di Bologna riabiliterà anni dopo don Olinto). In una sua lettera quest’ultimo invita addirittura mons. Bassani alla prudenza nell’indagare troppo, anche a Torino, il giovane Olinto, nel frattempo militare nella città capoluogo del Piemonte, visto che, prega in ufficio davanti ai colleghi senza ‘rossore’, si confessa dai francescani e da un missionario della Consolata, celebra con fedeltà, gode di buonissima fama, come risulta nel carteggio di risposta dell’arcivescovado di Torino a Bassani, perché si sarebbe potuto perdere un bravo sacerdote. Congedato dal servizio militare per problemi di salute, nel marzo del 1909 don Marella ritorna nella sua Pellestrina. Quando è ancora convalescente, ritornano i vecchi problemi con l’arciprete per via dei già citati metodi educativi e per le sue pubblicazioni e non viene riconfermato nell’insegnamento in seminario. L’occasione per la sua sospensione a divinis si verifica il 26 settembre 1909 quando don Olinto incontra a Venezia l’amico e compagno di studi l’on. Romolo Murri. Preferendo l’amicizia all’obbedienza, il cuore al codice, scriverà a giustificazione del gesto di non avergli chiuso la porta in faccia, lo ospita in casa a Pellestrina nonostante fosse scomunicato “vitando”.  Il Marella in diocesi non può nemmeno comunicarsi. Per queste misure disciplinari così rigorose deve andare fuori perché ha bisogno di sentirsi unito a Cristo. Per procurarsi il pane per vivere, dopo essersi laureato anche in lettere e filosofia a Padova, passa da una città all’altra per insegnare nelle scuole pubbliche. Pola, Rieti, Padova e infine Bologna dove, messo in ruolo, insegna Storia, Filosofia ed Economia Politica presso i R.R. Licei Galvani e Minghetti. Qui nel 1924 il Cardinale Nasalli Rocca, che lo ha conosciuto e apprezzato durante la sua visita apostolica a Chioggia, lo accoglie in diocesi e lo riabilita nelle sue prerogative sacerdotali. A Bologna è amato da tutti come sacerdote buono, pio, umile, generoso, paterno, dedito alla salvezza dei poveri e alle opere di carità.  Risveglia le coscienze della città ricca, si dedica alla città povera, accoglie tutti, si spoglia di tutto, diventa testimone e carne della carità più autentica. Senza vergogna e in silenzio, stende il nero cappello di feltro per avere qualche elemosina a favore dei suoi poveri, divenendo un punto fisso nell’angolo di via Tamburini, ma anche all’ingresso dei teatri, dei cinema e delle chiese dove è voce critica della Bologna ricca e benestante! Viene definito il raccoglitore di generosità e donatore di umanità. Don Olinto conquista piano piano il cuore delle persone del Baraccato, un quartiere che racchiude ogni genere di povertà: materiale, culturale e morale, dove i preti non sono ben voluti, anzi neanche entrano, impartiscono la benedizione pasquale dall’esterno. Nel 1934 il popolo del Baraccato, ormai 3500 persone, viene trasferito in massa nei nuovi palazzoni   del quartiere San Donato: via Piana, via Vezza, via Scipione, i c.d. “agglomerati dei poveri”, dove i bambini e le bambine vagano per il quartiere lasciati a loro stessi, senza educazione scolastica o religiosa. C’è bisogno di tutto, ma soprattutto di una cosa: del futuro. Spezzare il circolo vizioso della povertà e dare a questi bambini la speranza e Don Olinto diventa il loro maggiore punto di riferimento. Ogni spazio vuoto, scantinato, saletta, ripostiglio, anche una vecchia macelleria in disuso, viene chiesto per farlo diventare oratorio, doposcuola, refettorio, sala per conferenze o biblioteca. Con il catechismo con i giochi, le recite, il canto insegna ai fanciulli anche a ragionare e a stare insieme. ll periodo bellico lo vede autore di innumerevoli gesti di coraggio e altruismo; un vecchio deposito della nettezza urbana in via Piana risistemato,  diviene la Cattedrale dei Poveri, una chiesetta che nel 1940 Padre Marella consacra a Santa Gemma. Nella Cattedrale dei Poveri viene riconosciuta la Congregazione delle Terziarie Francescane di Santa Gemma che saranno anche chiamate le Suore di Padre Marella. Ma è solo nel dopoguerra che l’opera di don Olinto si realizza pienamente. Il numero dei ragazzi orfani e sbandati è aumentato. Altri capannoni fatiscenti presso la Cattedrale dei Poveri sono recuperati e risistemati e diventano la prima Città dei Ragazzi, una società governata dei giovani stessi in cui i più grandi si prendano cura dei più piccoli e tutti possano imparare un mestiere. Vengono approntati dormitori e laboratori di meccanica, falegnameria, calzoleria, sartoria, tipografia e arte edile. Il lavoro serve da apprendistato, ma contribuisce anche alle necessità economiche della Città. In questo sistema di autogoverno tutti i ragazzi hanno gli stessi diritti. Ogni sei mesi sono elette le cariche del governo: il Sindaco, i Consiglieri e gli Addetti ai vari incarichi pratici, il tutto sotto la supervisione di Padre Marella. Qualche anno dopo la Città dei Ragazzi sarà trasferita nelle nuove sedi di San Lazzaro, che Padre Marella ha fatto costruire grazie a donazioni e al frutto della sua questua. La Carità verso i poveri realizzata anche con la questua è stata la strada per superare i miei limiti fatti di orgoglio e risentimento, dirà all’amico patriarca di Venezia Giuseppe Roncalli, che nel 1954 lo invita a Venezia per celebrare assieme i 50 anni di messa. Gli anni a seguire vedono Padre Marella protagonista di diversi riconoscimenti tra cui i due “Premi della Bontà” da parte della Regione e della Provincia e il premio “Notte di Natale” Angelo Motta. Divenuto nel frattempo Papa, Giuseppe Roncalli nel 1960 accompagna l’offerta personale di un milione con   una lettera al Card. Lercaro su cui tra l’altro scrive: a favore dell’Opera assistenziale del mio carissimo amico Padre Marella. L’8 ottobre 1968 don Olinto detta il proprio Testamento Spirituale e nomina successore Padre Alessandro Mercuriali. Il Padre passa gli ultimi mesi   in via Dei Ciliegi, accudito dai suoi ragazzi ormai adulti. Il 6 settembre 1969 Padre Marella dopo aver ricevuto piamente i conforti religiosi, attorniato dai suoi ragazzi, si spegne all’età di 87 anni, lasciando un’eredità di amore e carità, che a 50 anni dalla sua scomparsa porta ancora frutti copiosi perché affonda le radici nella Divina Provvidenza. La salma del Padre dal 1980 riposa nella chiesa della Sacra Famiglia in San Lazzaro come da suo desiderio: Vicino ai miei ragazzi.

Ruggero Donaggio