Padova. basilica del santo

Sant’Antonio maestro di sapienza

L’omelia del vescovo Adriano Tessarollo al pellegrinaggio della diocesi di Chioggia, giovedì 4 giugno 2020

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Una ventina di sacerdoti e un centinaio di fedeli dalla diocesi di Chioggia hanno preso parte alla messa celebrata in basilica dal vescovo alle 17.45; presenti anche gli operatori della informazione di Padova.

Ricorrono quest’anno 8 secoli, da quando il religioso agostiniano Fernando, testimone dell’arrivo a Coimbra, in Portogallo, dei resti mortali di 5 frati francescani torturati e uccisi in Marocco, nel settembre del 1220 decide di lasciare i Canonici agostiniani per entrare tra i seguaci di Francesco d’Assisi. Con questa scelta egli lascerà il nome battesimale di Fernando per prendere quello di Antonio. Il cambio di nome indica una specie di conversione nella sua vita: lui giovane e brillante professore all’università di Coimbra, formatosi e cresciuto alla scuola e alla spiritualità di sant’Agostino e già in grande familiarità con le pagine bibliche, è affascinato ora dall’esempio di quei semplici frati che hanno dato la vita per annunciare il vangelo alle popolazioni della costa africana mediterranea. Volle informarsi di questi frati e così sentì parlare di S. Francesco d’Assisi come di uno che parlava delle cose semplici, amava il creato, amava le persone, amava la povertà e i poveri, voleva portare il vangelo di Gesù a chi non lo conosceva. In breve tempo poi egli matura l’idea di partire per il Marocco, affascinato dall’ideale della missione fino del martirio per annunciare Gesù Cristo e il suo Vangelo. Con questo suo passaggio, o specie di conversione, egli cerca una nuova ‘via di vita’, una nuova ‘sapienza’ da apprendere non più attraverso lo studio e l’insegnamento ma dal contatto con i poveri e sofferenti, con i cercatori di Dio e della sua Parola, con i bisognosi della Consolazione della fede. Quindi diventa discepolo di una nova ‘Scuola’: la vita umile e povera della gente, il contatto e il servizio agli umili e poveri del popolo. Attraverso questa Sapienza è stato condotto a capire e gustare il sapore del Vangelo e l’amore a Gesù nella sua umiltà dell’incarnazione.  Gli è stata donata la ‘sapienza che viene dall’Alto’, come dice san Giacomo, che “è pura, pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera” (Gc 3,17). Dopo varie vicende Antonio dal Marocco giunge in Italia e arriva ad un eremo vicino a Forlì, dove si dedica alla preghiera, alla meditazione e all’umile servizio dei confratelli. Ma ben presto la sua ‘sapienza evangelica’, sia come stile di vita che come conoscenza e capacità di annuncio, comincia ad essere notata dai confratelli e dalla gente che aveva occasione di incontrarlo e di ascoltarlo. Importante è stato il suo incontro con san Francesco. Ecco ora frate Antonio percorrere le strade del nord Italia e del sud della Francia per far nascere o ravvivare con la sua predicazione del Vangelo la fede di molta gente che accorreva ad ascoltarlo. Parlava del Vangelo, insegnava il Vangelo come faceva Francesco d’Assisi, chiedendo alla gente di metterlo in pratica per intero così come sta scritto, con semplicità e realtà. Ecco la sapienza di cui Antonio è maestro. La maggior parte dei suoi ascoltatori, anche se non solo, sono quelle persone di cui Gesù dice: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro…”, ma di cui dice pure: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (Mt 11, 25-30). Solitamente sant’Antonio è rappresentato mentre tiene in braccio Gesù Bambino e nella stessa mano, o nell’altra, il Vangelo: egli ha conosciuto Gesù attraverso il suo Vangelo, nella sua umile umanità di bambino e così lo ha predicato e fatto incontrare a tanta gente, il Gesù del Vangelo, nella sua essenzialità, verità e sobrietà. Gesù e il suo Vangelo sono la sua regola sapiente di vita e di predicazione, come voleva anche frate Francesco d’Assisi, suo maestro, il quale diceva ai suoi frati: “la vostra regola sia il Santo Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo”. Un insegnamento sapiente anche per noi credenti di questo nostro tempo, nel quale, spesso c’è più sete di segni e prodigi o di sapienza umana che del Cristo del Vangelo (1Cor 1-2).

Alla scuola di Gesù e del Vangelo frate Antonio ha imparato a condividere con la gente che incontrava sofferenze e tribolazioni, prendendo sempre la parte dei più deboli, condividendo con essi la mensa e la casa. Dai suoi ‘Sermoni’ traspare lo stile di Gesù, che, interrogato su quale fosse il primo di tutti i comandamenti, oggetto dei dibattiti interpretativi degli esperti del suo tempo, non si dilunga in disquisizioni, ma unisce indissolubilmente e semplicemente le due direzioni dell’unico amore: “Il primo è: “Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi”. L’amore verso Dio non può essere vero senza l’amore verso il prossimo! Senza altre disquisizioni. Questo ha vissuto e predicato sant’Antonio: ‘è stato testimone del Vangelo, ha presentato Gesù Cristo, ha dispensato rettamente la parola della verità’ come Paolo esortava il suo discepolo e vescovo Timoteo. Come Antonio, anche noi lasciamoci guidare e istruire dal Vangelo e dal Signore Gesù, senza paura delle nostre povertà: il Signore è buono e retto, ci indica la via giusta, ci guida per le sue strade secondo la sua sapienza, come ha istruito e guidato sant’Antonio.

+ Adriano Tessarollo