Sguardo pastorale

Per una fase 3

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Perché non donare una “decima” del nostro tempo per collaborare al rilancio delle attività educative?

Da lunedì 15 giugno il protocollo di sicurezza regionale permetterà la riapertura dei nostri oratori parrocchiali anche se nell’osservanza di precise misure per evitare la diffusione del contagio da Covid-19. È evidente in più di qualche confratello sacerdote la preoccupazione di far fronte agli obblighi per garantire la sicurezza ma è forte anche il desiderio di dare qualche segnale di ripresa.

Il nostro vescovo, la settimana scorsa, ha diffuso una nota ufficiale con la quale invita il suo clero ad avere fiducia e coraggio a muovere i primi passi nella direzione della riapertura anche se la ripresa si mostra in salita. Questo è il tempo di una progettazione concertata delle parrocchie tra di loro e con i Comuni ed è il momento per rimettere al centro la comunità parrocchiale nel suo insieme: alcuni punti critici, infatti, come l’obbligo di garantire un adeguato rapporto tra educatori maggiorenni e bambini/ragazzi dei gruppi oppure l’esclusione di volontari che abbiano più di 60 anni, non possono essere superati se la parrocchia non si sentirà interamente coinvolta e responsabile. La comunità cristiana non può stare a guardare, perderebbe altrimenti il contatto con la realtà e comprometterebbe la credibilità della propria missione, per cui il vescovo ci ricorda che non dobbiamo farci spaventare nemmeno da quello che “ci costerà” riprendere e offrire alle famiglie un tempo per i loro figli: a fronte di eventuali spese che le parrocchie dovranno affrontare per la gestione di queste attività pastorali e formative, la Diocesi potrà erogare un contributo attingendo ad un fondo straordinario costituito proprio per particolari esigenze derivate dall’emergenza della pandemia. Ma i nostri fedeli si lasceranno coinvolgere dall’appello dei loro parroci? Anche questa disponibilità sarà essenziale per tenere aperti i nostri luoghi di aggregazione e poter garantire ancora quelle esperienze di vita che non ci possono mancare per crescere nell’amicizia e nella fede.

La possibilità di ricominciare, anche se sotto condizioni, sembra essere concreta: le famiglie si aspettano una proposta e la “paura” viene superata meglio lì dove i parroci e i loro collaboratori si mostrano decisi nel prendere in mano la situazione; le risorse economiche di sostegno non dovrebbero mancare, ma ci sarà la disponibilità dei cuori di tutti scevra da pregiudizi, timori ed egoismi?

Lancio una proposta: perché non istituire una banca del tempo, in ogni parrocchia e per ogni progetto educativo, in cui ognuno si senta chiamato a depositare una “decima” della sua giornata o della sua settimana da investire per gli altri? È un’idea che potrebbe sapere anche di banale, come se il senso della propria disponibilità dovesse dipendere da una misura; no, di certo. Ma credo che come esercizio dello spirito potrebbe aiutare tutti a vedere meglio la propria vita, come è speso il proprio tempo e per cosa, quali sono le reali priorità e quali no. Forse, allora, di fronte all’immagine di sé che ne emergerà ognuno sentirà di essere chiamato ad un di più.

don Simone Zocca