COMPRENDERE LA BIBBIA - 4

Pentecoste

Duccio
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La festa di Pentecoste era una delle due grandi feste annuali che scandivano l’anno agricolo. Il nome ebraico della festa è Shevuót = settimane, (festa delle Settimane), perché cadeva a sette settimane dalla Pasqua; il nome greco è Pentecoste, da pentékonta ēméra (= cinquantesimo giorno): sette settimane corrispondono a cinquanta giorni. Il secondo giorno di Pasqua i sacerdoti davano inizio alla stagione della mietitura offrendo a Dio pani azzimi (= non lievitati) e le prime spighe d’orzo. Il giorno di Pentecoste si chiudeva ufficialmente la mietitura e, con riferimento antitetico ai pani azzimi offerti a Pasqua, venivano offerti come ringraziamento pani di frumento (lievitati). 

Durante tutto il periodo dell’Antico Testamento la festa di Pentecoste non ebbe alcuna connessione con la storia religiosa di Israele, era una festa cananea che gli ebrei avevano fatto propria e che siglava la fine della mietitura. Agli inizi dell’era cristiana assunse valenza religiosa divenendo il ricordo dell’alleanza sinaitica (Libro dei Giubilei) e, al tempo stesso, rinnovamento del patto con Dio. Durante questa festa veniva e viene letto il libro di Rut, la storia di una giovane donna moabita (antenata di Davide) che, dopo la morte del marito, si rifiutò di ritornare alla casa paterna per continuare ad assistere l’anziana suocera Noemi ritornata nel frattempo a Betlemme. Durante questa festa la sinagoga viene decorata con piante e fiori per ricordare che il monte Sinai, secco e arido, dopo la rivelazione di Dio si riempì improvvisamente di fiori. La notte di Shevuót c’è ancora oggi la tradizione di rimanere svegli per studiare la Torah.

La festa di Pentecoste assieme alla festa di Pasqua (Pésah) e delle Capanne (Sukkót) erano dette di pellegrinaggio, perché i maschi ebrei avevano l’obbligo religioso di celebrarle a Gerusalemme (Es 23,14-17). Stando al racconto degli Atti proprio in occasione della festa di Pentecoste, quando molti ebrei della Diaspora (= ebrei che non abitavano in Palestina e provenivano da altre regioni) si trovavano a Gerusalemme, lo Spirito Santo scese sugli apostoli, infuse loro coraggio e li aiutò a comprendere più in profondità l’insegnamento ricevuto da Gesù. Lo Spirito, come nella teofania al Sinai, si manifestò mediante segni udibili e visibili (rumore di vento impetuoso e lingue di fuoco). Alle molte persone che si erano radunate a motivo di questo frastuono, Pietro annunciò le meraviglie che Dio aveva compiuto in Gesù di Nazareth e, sebbene provenissero da regioni diverse e parlassero lingue diverse, tutti lo intesero parlare nella propria lingua nativa, segno della vocazione universale della Chiesa (At 2,1-4). I padri della Chiesa hanno paragonato questo battesimo nello Spirito al battesimo di Gesù: come il battesimo ha siglato l’inizio dell’attività pubblica di Gesù, così il battesimo dello Spirito ha siglato l’inizio della missione della Chiesa.

Con la Pentecoste il messaggio del vangelo inizia la sua corsa alla conquista di tutte le genti: Riceverete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra (At 1,8). L’esegesi cristiana ha visto nell’evento della Pentecoste l’opposto di quanto si verificò a Babele: il dono dello Spirito ha restituito all’umanità quell’unità che aveva perduto (Gen 11,1 9). (4. segue)

Gastone Boscolo

(Duccio di Buoninsegna, “La Pentecoste”)