Sguardo pastorale

Liberaci dal male

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Prendo spunto da un messaggio scambiato in una delle chat di whatsapp, che ci permettono una comunicazione più immediata non solo di avvisi, come per lo più accadeva prima del Covid-19, ma ora sempre più anche di riflessioni. Un membro della chat scrive: «L’altro giorno un mio conoscente mi ha detto che gli fa tenerezza (ha usato proprio questo termine) l’ostinazione con la quale i credenti-figli chiedono al loro Dio-Padre il termine della pandemia, nonostante sembra non esserci nessuna volontà da parte Sua, ammesso e concesso che esista (lui è dichiaratamente ateo), di intervenire con eventi divini, soprannaturali o esplicitamente miracolosi e provvidenziali.  E ha continuato: “Comprendo e non mi stupisco anche che i credenti accettino e concedano (si fa per dire) al loro Dio la facoltà di esaudire o no le loro suppliche. Per me è comunque evidente che quando la pandemia cesserà, almeno nella sua manifestazione più socialmente eclatante, sarà solo per merito dell’impegno, del sacrificio e dell’opera dell’umanità.

È per questo che mi sembrerà improprio e strano se un domani, al termine della pandemia, i credenti dovessero ringraziarLo”». La mia mente è andata immediatamente a un commento, che leggevo ad un post, di un mio ex prof di liceo che definiva il Papa come una persona incredibilmente inconsistente. Il perché di questa affermazione non sono riuscito a coglierla, visto che in quel discorso più ampio il Papa era accostato a Matterella, definito retorico, e i politici di turno da Conte a Salvini e la Meloni, criticati per le loro scelte e posizioni. Ce n’era veramente per tutti e quindi ho pensato che si riferisse al Papa come uomo capace solo di affidarsi al Cristo crocifisso e alla Vergine Maria per chiedere la fine di questa pandemia, perché, poi, a ben guardare, il Papa (e la Chiesa Italiana) si sono dimostrati più che consistenti nell’elargizione di interventi caritativi a sostegno delle povertà emergenti o degli ospedali Covid.

Credo che ad ognuno di noi sentire o leggere parole simili faccia veramente male, sia le prime sul perché ringraziare Dio sia le seconde sul Papa. Di fatto ciò che fa la differenza tra il cogliere il senso e la bellezza della fede cristiana e il coglierne il non senso sta nell’esperienza personale del Cristo Risorto e vivo in mezzo a noi. Noi ringrazieremo comunque Dio Padre quando terminerà questa pandemia perché conosciamo il suo amore per noi: è questo che riempie la nostra vita e ci fa stare dentro le situazioni del mondo con il desiderio di portarle sulle nostre spalle. A noi interessa infatti che la speranza di Cristo tocchi tutti i cuori, per cui se riusciremo a portare il peso di tutto con gratitudine avremo compiuto la nostra missione di figli di questo Padre. Saremo riusciti a compiere ciò che in fondo è costitutivo dell’esperienza cristiana della vita che l’Eucaristia annuncia continuamente nel segno e nella realtà del sacramento: cioè il ringraziamento a Dio per il suo Amore. Del resto, anche la preghiera che Gesù ci ha insegnato ci fa dire ogni giorno al Padre: “non abbandonarci alla tentazione”; quindi il ringraziamento per la sua Provvidenza nel momento della nostra prova è insito nel rapporto filiale con Lui. Poi la nostra fede nasce dall’esperienza di sentirci salvati dal male della morte (e del peccato), per cui perché non dirgli grazie anche alla fine di tutto questo?

don Simone Zocca