Proposta di preghiera del vescovo Adriano - 5

Con Gesù, dalla supplica alla lode

Preghiamo e meditiamo con il salmo 22/21, rivivendo la Passione del Signore

Giovanni-Bellini-Preghiera-nellOrto
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Ho il coraggio e la fiducia di proporre alla meditazione e alla preghiera un salmo di lunghezza sopra la media: è il salmo che più di ogni altro ha ispirato i racconti della Passione di Gesù e che aiuta a rivivere i racconti della passione non solo come cronaca di quanto ha vissuto Gesù, ma a penetrarne i sentimenti interiori, la paura, la fiducia e la speranza con cui Gesù è andato incontro alla sua passione, morte e risurrezione. Il salmo, letto in unione a Gesù Cristo, aiuta anche noi a vivere i momenti di crisi di fiducia nel Signore causati da paure, dolori, proprie oscurità, accendendo in noi barlumi di speranza. La preghiera risulta qui come dialogo con Dio su ciò che realmente viviamo, è pregare la vita con tutto ciò che essa ci propone, anche quanto stiamo vivendo in questi giorni, con gli interrogativi che esso ci pone. Si tratta di una delle preghiere più intense di tutta la raccolta dei Salmi. Qui l’angoscia e la sofferenza di chi prega si alternano a profonda fiducia e totale abbandono a Dio. Il lungo itinerario di questa preghiera si conclude con la proclamazione dell’intervento liberante di Dio che trasforma la preghiera del salmo in inno di lode. In questo salmo la Chiesa delle origini ha visto preannunciato e interpretato l’atteggiamento con cui Gesù ha vissuto la passione, la morte e l’attesa della glorificazione. Le parole iniziali del salmo sono citate dagli evangelisti Marco (15,34) e Matteo (27,46) per esprimere l’ultima invocazione di Gesù morente in croce al Padre. La spartizione delle vesti invece è commentata da Giovanni (19,23-24) con la citazione del v. 19 di questo salmo. Pure gli insulti rivolti a Gesù sulla croce, riportati nel Vangelo di Matteo (27, 43) riecheggiano le ingiurie dei vv. 8-10 del salmo. Esso dunque ci aiuta e meditare la passione, morte e risurrezione di Gesù e nello stesso tempo a dare senso e speranza alle situazioni difficili e oscure che anche a noi tocca o toccherà di affrontare. Il commento semplice è finalizzato ad aiutarci a imparare pregare attraverso questo salmo. Non abbiamo paura di pregarlo ripetutamente in questi giorni.

Salmo 21/22
  1. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
    Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido!
    Mio Dio, grido di giorno e non rispondi;
    di notte, e non c’è tregua per me.
    Eppure tu sei il Santo, tu siedi in trono fra le lodi d’Israele.
    In te confidarono i nostri padri, confidarono e tu li liberasti;
    a te gridarono e furono salvati, in te confidarono e non rimasero delusi.

Ecco il contrasto tra la situazione di Gesù disprezzato e umiliato nella sua passione e morte e la situazione di Dio, il Santo, il Padre, onorato e lodato dal popolo d’Israele. E nessuna risposta sembra giungere da Dio… dal suo trono…. Eppure la storia passata dice che non fu vano confidare in te, cosi ci hanno raccontato i nostri padri, in tante situazioni (Egitto, deserto, esilio e altro), hanno gridato a te, hanno avuto fiducia… e non furono delusi. La preghiera è subito un chiamare in causa Dio, interpellarlo direttamente con il ‘tu’.

  1. Ma io sono un verme e non un uomo, rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente.
    Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo:
    “Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se davvero lo ama!”.

Dalla fiducia chi prega ritorna sulla sua situazione attuale. Pensiamo a Gesù tradito, rifiutato dal suo popolo, oltraggiato, deriso, percosso, crocifisso, innalzato sulla croce e insultato, come leggiamo nei racconti della passione. Sembra proprio farsi strada l’idea dell’abbattimento, della solitudine nella sofferenza, dell’isolamento totale dagli uomini e da Dio.

  1. Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo, mi hai affidato al seno di mia madre.
    Al mio nascere, a te fui consegnato; dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.
    Non stare lontano da me, perché l’angoscia è vicina e non c’è chi mi aiuti.

Con un colpo d’ala lo sguardo di chi prega si volge all’origine del suo ‘essere’, della sua vita: ‘Sei tu la mia origine, tu mi hai affidato al grembo di mia madre, fin dall’inizio la mia vita è consegnata a te, e io fin da bambino ti ho riconosciuto come il mio Dio’. Quindi tirane ora le conseguenze: ‘Non stare lontano in questa mia ora di angoscia e di solitudine’. Tutta la storia di Gesù di Nazaret ha origine dal Padre ed è affidata a Lui. Ancora egli si rivolge direttamente a lui, esprimendogli sia fiducia che angoscia e solitudine. Così la preghiera ‘è compagnia’, perché in unione a Gesù con cui vegliamo e preghiamo il Padre diventa presenza a cui possiamo sempre rivolgerci nell’ora delle nostre prove.

  1. Mi circondano tori numerosi, mi accerchiano grossi tori di Basan.
    Spalancano contro di me le loro fauci: un leone che sbrana e ruggisce.
    Io sono come acqua versata, sono slogate tutte le mie ossa.
    Il mio cuore è come cera, si scioglie in mezzo alle mie viscere.
    Arido come un coccio è il mio vigore, la mia lingua si è incollata al palato,
    mi deponi su polvere di morte.
    Un branco di cani mi circonda,
    mi accerchia una banda di malfattori;
    hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
    Posso contare tutte le mie ossa.
    Essi stanno a guardare e mi osservano:
    si dividono le mie vesti,
    sulla mia tunica gettano la sorte.

Con forti immagini è descritta l’attuale condizione di colui che prega: estremo pericolo (tori, fauci, leone che sbrana, branco di cani, banda di malfattori), mortale sfinimento (acqua versata, ossa slogate, cuore come cera, aridità), profonda umiliazione (deposto su polvere di morte, mani e piedi scavati dalle catene o funi con cui era legato, ossa scoperte) e grande indifferenza per la sua situazione (si dividono le vesti e la tunica). Contempliamo Gesù nella passione e crocifisso. E pensiamo quanti uomini vivono, o anche noi viviamo, situazioni di grande sofferenza nella più grande indifferenza nostra verso gli altri o degli altri verso di noi. Ma da questo abisso esistenziale lo sguardo e la voce ritornano a innalzarsi verso Dio.

  1. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto.
    Libera dalla spada la mia vita, dalle zampe del cane l’unico mio bene.
    Salvami dalle fauci del leone e dalle corna dei bufali.
    Tu mi hai risposto!

Ecco ancora ripetuta l’invocazione di vicinanza (non stare lontano), di aiuto (vieni presto) e di liberazione (liberami, salvami). Impariamo bene questi quattro verbi e rivolgiamoli spesso a Lui, come ha fatto Gesù. Infine la confessione di esaudimento: “Tu mi hai risposto!”. Gesù ha vissuto passione e morte non con senso di sfiducia (‘Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato…’), ma pregando il Padre per invocare la sua vicinanza e il suo aiuto e per essere liberato da quella terribile situazione di sofferenza, solitudine e morte! Preghiera però sicura nell’intervento del Padre: “Tu mi hai risposto”. La risposta del Padre arriverà proprio alle prime luci di Pasqua!

 6. Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli, 
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele;
perché egli non ha disprezzato né disdegnato l’afflizione del povero,
il proprio volto non gli ha nascosto ma ha ascoltato il suo grido di aiuto.
Da te la mia lode nella grande assemblea; scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre!

La lode del cristiano nasce dall’esperienza che “il Signore non disprezza e non disdegna l’afflizione del povero e non gli nasconde il suo volto e ascolta la sua invocazione”. Così è stato per Gesù, così è per noi. La sua pasqua rivela quale sarà la nostra. La storia di Gesù illumina la nostra storia e la preghiera di Gesù dà voce alla nostra preghiera. Bello l’augurio pasquale finale: “Il vostro cuore viva per sempre!”.

  1. Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra;
    davanti a te si prostreranno tutte le famiglie dei popoli.
    Perché del Signore è il regno: è lui che domina sui popoli!
    A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra,
    davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere;
    ma io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza.
    Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
    annunceranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: “Ecco l’opera del Signore!”.

La morte e risurrezione di Gesù porterà i popoli a riconoscere il Signore, compresi quanti ‘dormono sotto terra e discendono nella polvere’. Dopo il colpo di lancia l’evangelista Giovanni (19,37) commenterà col profeta Zaccaria (12,10): “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”. Gli evangelisti Matteo, Marco e Luca già alla morte di Gesù ricorderanno che i pagani presenti giungeranno alla confessione di fede. La preghiera si conclude con una confessione di fede pasquale: “Io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza”. Ora tocca alla comunità dei credenti in Cristo proclamare di generazione in generazione: “Ecco l’opera del Signore”!

Adriano Tessarollo