Sguardo pastorale

Caro don Marco Pozza

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Domenica scorsa, al termine della cena in Seminario, sul punto quasi di congedarci, il vescovo legge ad alta voce l’ultimo e lungo articolo che hai scritto sul tuo blog e che una fedele della nostra diocesi gli aveva girato con un copia e incolla chiedendogli: “Caro vescovo, che ne pensa?”. Un articolo dal titolo inquietante: “Satana si pettina e ci toglie il Pane di bocca”, citando un detto di tua nonna che quando pioveva con il sole citava un proverbio popolare: “Il Diavolo si pettina, per farsi bello e distrarre meglio gli uomini”. Per chi non ha letto il tuo articolo mi permetto di riassumerne il contenuto dicendo che è chiaro già dal titolo l’accostamento che fai in riferimento a questo tempo di digiuno eucaristico.

Sono rimasto perplesso, ti confesso, e non sono stato l’unico, nel sentire il concetto di fondo che colgo in queste tue righe: “Il blocco-eucaristico – una scopiazzatura perfetta del digiuno – iniziato nel giorno delle Ceneri, inizio della Quaresima. Dio è madre, “si toglie il pane di bocca” per nutrire i figli suoi; Satana, virus pestifero, ci toglie Cristo-Pane dalla bocca per far morire la speranza nel popolo affamato”.

Ancora! Il rimando al Diavolo quale artefice di questo tempo di prova. Credo che sia pericoloso, teologicamente, riconsegnare ai nostri fedeli l’idea di essere in balìa della forza del male (personificata o meno) a scapito della convinzione profonda che segna la nostra esperienza di fede cioè di essere stati segnati sulla fronte con il Tau della salvezza.

Con questo non nego che non ci sia la battaglia tra Bene e Male, ma desidero evidenziare che è la battaglia nella quale, da tempi arcani, l’uomo è vittima di se stesso cioè della sua chiusura alla Grazia: questo è il peccato originale, questo è il demonio che ci separa da Cristo Uomo nuovo, vero e unico Figlio. Con questa emergenza sanitaria, il demonio biblico non c’entra granché, anzi direi niente. Comincia a entrarci se ce lo mettiamo noi, se cominciamo una sorta di ricerca delle streghe fomentata dalle nostre paure di pancia, addirittura argomentandola teologicamente.

Non sono nemmeno cieco di fronte all’imponenza di questa prova che ci priva dell’eucaristia, delle nostre iniziative pastorali, dei riferimenti quotidiani di un’appartenenza ad una comunità cristiana ma anche dell’affetto degli amici che sono al di là del confine della zona rossa. È una grande prova sentirsi limitato e privato di abitudini e relazioni che fino a qualche attimo prima riempivano la nostra vita di un colore tutto proprio. Sento questo quando semplicemente osservo la mappa stradale della Romea segnata da postazioni di controllo che mi “dividono” dagli altri. Ma non è la stessa sensazione che ha un parroco quando vede divisa la propria comunità a motivo del peccato dell’arroganza delle posizioni degli uni a scapito degli altri? Non è la stessa sensazione di privazione quando ci vediamo messi alla porta della vita di persone a motivo di pregiudizi nati dal peccato dell’ignoranza? Potrei continuare a fare un elenco di situazioni simili, ma mi fermo qui per dire che è più corretto, teologicamente e pastoralmente, interpretare questo tempo con un altro sguardo, quello del Cristo che ci purifica dal bigottismo, dall’isteria e dalla schizofrenia religiosi. È un tempo in cui Dio è all’opera per la nostra salvezza!

Si, caro don Marco, a casa mia quando pioveva con il sole la nonna recitava un altro detto popolare delle mie parti: “Piova e sole, il Signore lavore…”. Sono le prime parole di una filastrocca, o meglio di una ninna nanna che voglio consegnarti per aiutarci tutti ad alzare lo sguardo verso Lui:

“Piova e sole, el Signore lavore, co le so man d’arzento, doman farà bon tempo. Bon tempo passarà, la Madonna vegnirà, la portarà un bel santo: santo, santo capussin, vegnirà un bel bambin.”.

Lascio ad ognuno di noi la parafrasi e la rilettura “cristologica” di questa poesia.

don Simone Zocca