RIFLETTENDO SUL VANGELO  - DOMENICA  V°  DEL  TEMPO ORDINARIO - ANNO A

“Sale e luce” per il mondo

LETTURE: Is 58,7-10; Sal 111;  1 Cor 2,1-5; Mt 5,13-16

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Il Vangelo di Matteo, in queste domeniche, riporta l’insegnamento di Gesù che troviamo nel cosiddetto Discorso della Montagna (i capitoli 5-7). Dopo il racconto delle Beatitudini (5, 1-12) ecco, in questa domenica, l’importante istruzione sulla missione della Comunità chiamata ad essere il “sale della terra e la luce del mondo” (5,13-16). Gesù ci dice che se la luce è la condizione indispensabile per vedere le cose, il sale è elemento necessario al cibo sia per dare sapore, sia perché necessario nell’alimentazione. In altre parole il sale non esiste per sé, ma per dare sapore al cibo. La luce non esiste per sé, ma per illuminare il cammino. Così la Comunità non esiste per sé, ma per servire la gente. Cerchiamo di cogliere più da vicino questa esortazione del Signore. Gesù usando immagini della vita di ogni giorno, con parole semplici e dirette, fa sapere qual è la missione e la ragion d’essere di una Comunità cristiana: essere sale, innanzitutto. In quel tempo, con il caldo che faceva, la gente e gli animali avevano bisogno di consumare molto sale. Il sale, consegnato dal fornitore in grandi blocchi nella piazza pubblica, era consumato dalla gente. Ciò che rimaneva, cadeva in terra e perdeva il suo sapore. “Non serve più a nulla, salvo essere gettato via e calpestato dagli uomini”. Gesù evoca questa usanza per chiarire ai discepoli la missione che devono svolgere. Inoltre il discepolo è chiamato ad essere luce: “Voi siete la luce del mondo”. Il paragone è ovvio. Nessuno accende una candela per metterla sotto un moggio. Una città posta in cima ad una collina non riesce a rimanere nascosta. Così la Comunità deve essere luce, deve illuminare. Non deve aver paura di far vedere il bene che fa. Essa non può rimanere rinchiusa in se stessa: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.” Con queste due immagini Gesù sembra dirci che senza la testimonianza della nostra coerenza il Vangelo rischia di rimanere senza echi nel nostro ambiente di vita. In particolare, a mio parere, essere luce e sale significa vincere alcune tentazioni che si annidano nella vita di tanti cristiani. La prima tentazione è un esagerato ripiegamento tutto spirituale nei gesti di culto. Una religione che serva solo a ‘salvarsi l’anima’ non è certamente quella del Vangelo. Il vivere i gesti di culto ha senso se essi portano a scoprire la volontà di Dio e a trovare le motivazioni per agire in coerenza con questa scoperta. Una seconda tentazione è quella di una conoscenza solo teorica della nostra fede che quasi teme di confrontarsi con la cultura degli uomini e lascia scorrere la storia accanto a sé. Il cristianesimo, se è vissuto per essere sale e luce del mondo, è una realtà legata alle domande e alle attese degli uomini che la vita ci fa incontrare facendo gustare loro la bellezza e l’attualità del Vangelo. Infine noi saremo luce e sale non con le polemiche o le condanne facili, ma con un impegno costante a portare il nostro contributo di idee e di azioni che derivano dalla familiarità con il Vangelo senza la presunzione di avere il monopolio della verità. Dobbiamo davvero chiedere al Signore la forza di non essere cristiani insignificanti, solo ‘decorativi’, insipidi, ma di saper vivere con tale naturalezza e coerenza la fede che il nostro semplice essere in mezzo agli uomini lasci trasparire la bellezza e la fecondità del Vangelo. Perché è proprio vero che se il sale perdesse il suo sapore oppure se la luce venisse posta sotto un tavolo … a che cosa servirebbero? A nulla! Così noi cristiani se non abbiamo occhi che sprigionano luce o se non lasciamo trasparire atteggiamenti luminosi e coerenti, o se non esprimiamo parole senza bruciore di sale, allora corriamo il rischio dell’insignificanza, incapaci, cioè, di proporre qualche cosa di significativo e di nuovo a chi ci sta intorno.

don Danilo  Marin