RIFLETTENDO SUL VANGELO - PRESENTAZIONE DEL SIGNORE

Accogliere Gesù, luce e vita

LETTURE:  Ml 3,1-4; Sal 23; Eb 2,14-18;  Lc 2,22-40

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In questa prima domenica di febbraio, quarantesimo giorno dopo il Natale, si celebra la festa della Presentazione del Signore. Narra l’evangelista Luca (2, 22-40) che Maria e Giuseppe, scrupolosi osservanti delle prescrizioni ebraiche, “quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore” (v. 22), perché ogni maschio primogenito era considerato “proprietà” di Dio e da lui andava, per così dire, “richiesto” in cambio di un’offerta. L’entità dell’offerta, costituita da animali da sacrificare nel tempio, variava secondo le disponibilità economiche della famiglia; per i più poveri bastava “una coppia di tortore o due giovani colombi”(v. 24). Si deduce quali fossero le condizioni della famiglia di Maria e Giuseppe, dal fatto che questa fu appunto la loro offerta come dice il Vangelo. E’ la festa dell’incontro: così la chiamano i nostri fratelli cristiani d’Oriente.  Al centro, infatti, della liturgia della Parola viene proclamato l’incontro tra Gesù Bambino e l’anziano Simeone. In questo incontro di un bambino con un anziano, la Chiesa vede abbozzato l’incontro tra il mondo pagano che va svanendo e il nuovo che inizia sotto la signoria di Cristo, tra il tempo dell’Antica Alleanza che sta per finire e il tempo nuovo della Chiesa dei popoli.

Ed è anche l’incontro di Gesù che, nel tempio, abbraccia l’intera umanità. Cristo che viene riconosciuto e presentato dal vecchio Simeone, viene riconosciuto come luce del mondo “luce per illuminare le genti”. Da qui la consuetudine di benedire e accendere le candele e portarle a casa in benedizione fa proprio riferimento a Cristo che è la luce “che illumina ogni uomo”. Oltre che essere la festa dell’incontro è anche la festa della luce, tanto che la tradizione più recente chiama questa ricorrenza “il giorno delle candele” (candelora); e a ciascuno di noi, se ci rechiamo in chiesa oggi,  all’inizio della Messa verrà consegnata una candela accesa. Che cosa rappresenta questa luce?

Per comprenderlo veniamo rimandati al testo del Vangelo di Luca e in particolare alle parole di Simeone che nel momento in cui Maria e Giuseppe presentano il loro bambino nel tempio, prendendo Gesù fra le braccia, sussurra: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua Parola”  (v. 29). Dopo, cioè, aver visto Gesù, egli sa che la sua vita si può concludere nella pace. Essa, infatti, si è realizzata, dal momento che “i suoi occhi hanno riconosciuto in lui la salvezza di Dio” (v. 30).

La salvezza è quindi descritta come “luce attraverso cui Dio si rivela a tutti i popoli e gloria di Israele” (v. 31). La luce è Gesù: è a lui che dobbiamo guardare per comprendere la storia del mondo e la nostra storia personale. Senza di lui non c’è luce, non c’è possibilità di comprendere nulla di ciò che accade in noi e intorno a noi. La luce di Cristo non è una semplice dottrina accanto a tante altre dottrine, né tantomeno una filosofia o semplicemente una sapienza di vita. Cristo è la luce che ha creato il mondo, che ha dato origine a tutte le cose. “Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e in vista di Lui” (Col 1,16), come scrive san Paolo.

Da ultimo, oggi, prima domenica di febbraio, è anche la 42ª Giornata ecclesiale per la vita, che ha come slogan e impegno: “Aprite le porte alla Vita”. Accogliere fra le nostre braccia Cristo, come il vecchio Simeone, significa proprio accogliere la Vita e, a nostra volta, aprirci alla vita dal suo concepimento fino alla sua conclusione naturale perché comprendiamo che non c’è vita umana – nessuna, proprio nessuna, e in nessuna sua fase – che non sia preziosa agli occhi di Dio.

don Danilo