RIFLETTENDO SUL VANGELO - DOMENICA III D’AVVENTO - ANNO A

Il Dio rivelato da Gesù

LETTURE: Is 35,1-6a. 8a.10;  Sal 145; Gc 5,7-10;  Mt 11,2-11

Mt11_2-11
Facebooktwitterpinterestmail

Eccoci alla terza domenica di Avvento, chiamata anche domenica ‘gaudete’, cioè della gioia. Il motivo della gioia è presto detto: è la vicinanza di Colui che, incarnandosi, entra nella nostra storia. Nel brano di Vangelo di oggi (Mt 11, 2-11) ci imbattiamo in un Giovanni Battista dubbioso, in piena crisi. E’ in carcere, luogo oscuro e angoscioso, che fa piombare nella notte oscura anche il suo spirito. Dopo aver riconosciuto in Gesù l’Agnello di Dio, ora manda i suoi discepoli a chiedere se sia Lui quell’Agnello: “Sei tu Colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?” (v. 3). Sì, proprio lui, Giovanni alla luce di ciò che Gesù faceva e insegnava, cominciò a dubitare che costui non fosse il Messia annunciato. Neppure l’aver conosciuto personalmente Gesù – lo aveva, addirittura, battezzato sulle rive del fiume Giordano – lo convinceva che fosse lui il Figlio di Dio, mandato a prendere su di sé il peccato del mondo.

Giovanni il Battista, infatti, aveva annunciato “colui che viene” come il più forte, come colui che realizza il giudizio di Dio con la scure posta alla radice di ogni albero cattivo, pronto a bruciare ogni sorta di male (Mt 3,10-11). Insomma Giovanni attendeva un Messia potente che liberasse il popolo dal giogo dell’impero romano e desse finalmente prosperità ad Israele. Ma, in Gesù, niente di tutto questo, anzi sembrava un ‘Messia al contrario’. Da qui il suo dubbio.

Anche in noi, a volte, torna forte questo dubbio, quando, ad esempio guardando in noi stessi constatiamo la fatica enorme che facciamo per convertirci; guardando il mondo che ci circonda, vien proprio da chiederci: sei proprio Tu l’atteso o dobbiamo cercare altrove per trovare chi, in qualche maniera, possa liberarci dalle tristezze, dalle angosce e dalle tribolazioni?

Sappiamo che dalla risposta a questa domanda dipende la verità della nostra vita e la verità stessa di Dio, perché è una domanda che è alla base della nostra esistenza cristiana perché svela la distanza enorme tra le nostre attese, frutto tante volte di capricci e la rivelazione di Dio che Gesù è venuto e viene a mettere davanti ai nostri occhi per delle scelte più coerenti. La risposta di Gesù ai messaggeri di Giovanni non è diretta, formulata con un ‘sì’ o un ‘no’. La scoperta dell’identità di Gesù è sempre frutto di un cammino di scoperta che parte dal constatare le opere da Lui compiute: Gesù risana l’uomo nel profondo, lo perdona, lo trasforma, lo guarisce. L’uomo passa così da uno stato di incompiutezza a uno di pienezza: ecco la salvezza di Dio!

Sono convinto, tuttavia, che i dubbi che tante volte albergano anche nella nostra vita possono aiutarci a purificare la nostra fede, aprirci al mistero della sua presenza facendoci dire da Lui chi sia veramente, senza attaccarci alle proprie idee su Dio. Ecco perché Gesù dirà: “Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo” (v. 6), cioè beato chi non si scandalizza del vero volto di Dio che ci rivela Gesù, quel Dio che si è fatto uomo, mite, di umili origini, che ha cercato i più lontani, che è vissuto poveramente, che è morto miseramente in croce giustificando anche i suoi uccisori. Che Dio distante dal nostro modo di pensarlo! Questa, tuttavia, è la salvezza: accogliere il Signore che viene così come si rivela, non come lo pensiamo noi.

Allora non si tratta semplicemente di “mettere insieme tante cose” in questo periodo di Avvento, ma cogliere occasioni per riflettere sul grande mistero dell’incarnazione del Signore Gesù Cristo.

Papa Francesco direbbe: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita” (E.G. 1-2).

don Danilo Marin