SGUARDO PASTORALE

La speranza dei poveri non sarà mai delusa

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Il messaggio del Papa per la terza giornata mondiale dei poveri, che ricorre in questa domenica, inizia con la citazione del salmo 9 per riaffermare la fiducia nella speranza in Dio che ha cura del povero e delle sue sofferenze. Da allora ad oggi sembra che il mondo non sia cambiato e si continuino a perpetrare ingiustizie, disparità, umiliazioni, sperequazione da parte dei ricchi, sempre più ricchi, nei confronti dei poveri, sempre più numerosi. La povertà abbraccia una fascia di persone sempre più numerosa, eterogenea e trasversale. Le esigenze della vita si amplificano e si creano così nuovi poveri, cioè nuovi esclusi ed emarginati. Ciò che mi colpisce dell’analisi del pontefice, nella seconda parte del suo discorso, è l’individuazione e la coraggiosa denuncia della teorizzazione e realizzazione di un’architettura sociale ostile al povero per eliminarne l’imbarazzante presenza, che visivamente impatta negativamente con il contesto. Non solo quindi la povertà e la disuguaglianza sembrano essere necessarie, secondo qualche teorizzazione economica, per cui sono appositamente provocate, ma poiché suscitano imbarazzo se ne teorizza anche l’eliminazione visibile. La povertà e i poveri fanno dunque paura e ci si difende con i meccanismi sociali e psicologici più efficaci per convincere e convincerci che è giusto farlo. Questa però è l’illusione data dai muri e dalle barriere. Piange il cuore vedere come siamo divisi sull’argomento nelle nostre comunità cristiane. Che ne facciamo dell’appello della Parola di Dio di guardare sempre verso il povero? Mi chiedo ancora: quali sono i verbi che caratterizzano il nostro movimento verso gli ultimi? Dio, come si ricorda nel discorso del Papa che cita le Sacre Scritture, declina vari verbi per rendere concreta la sua azione verso i figli poveri: ascolta, interviene, protegge, difende, riscatta, salva… Noi sentiamo nostra la vocazione di non far sentire nessuno straniero o escluso? Riusciamo a rendere dinamico il nostro spezzare il pane eucaristico nella condivisione con gli ultimi in termini di tempo, di risorse e di gratuità? Non è semplice vivere la carità singolarmente e la dimensione caritativa nella vita delle nostre parrocchie: giustamente la nostra attenzione non può esaurirsi solo nell’assistenzialismo, nella distribuzione delle briciole che abbiamo perché ci sembra di non riuscire mai a sopperire a tutti i bisogni, e meno ancora nell’elemosina del nostro tempo. La carità ha bisogno di essere vissuta come una dimensione integrata nella vita quotidiana delle nostre parrocchie. Su questo tema abbiamo riflettuto anche al corso di aggiornamento del clero, tenutosi lo scorso mese, e ciò che è emerso dalla riflessione è la necessità di attuare una rete di collaborazione fra le varie realtà che operano per i poveri. Questo senza dubbio permetterebbe di superare la logica dell’assistenzialismo per innescare, invece, la logica dell’accompagnamento. Una riflessione ulteriore potrebbe evidenziare anche la necessità di sviluppare una sorta di ministero dell’ascolto svolto da volontari che potessero realizzare una rete attiva di comunicazione e di comunione fra i singoli o le famiglie con le istituzioni diocesane e le parrocchie. Questo ministero aprirebbe significativamente la comunità cristiana sul territorio che abita e come auspica il Papa sarebbe un segno tangibile di speranza seminato nei solchi di tante ferite e solitudini.

don Simone Zocca