COMUNITA’ DI VILLAREGIA

In partenza per l’Etiopia

Alcuni missionari partiranno tra qualche settimana; domenica scorsa l’invio

Etiopia
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Domenica scorsa 10 novembre un gran numero di amici si è ritrovato a Villaregia per salutare Maria del Carmen Pagan ed Elisabetta Fabbri che dopo un po’ di anni vissuti in Veneto si apprestano a partire per l’Etiopia insieme a P. Emanuele Ciccia e Teresa Zullo. La loro partenza è prevista per la fine di novembre. Durante la celebrazione le due missionarie hanno ringraziato per gli anni vissuti a Villaregia e hanno manifestato anche la loro gioia nel poter donare la loro vita nei prossimi anni iniziando un’esperienza completamente nuova in un paese come l’Etiopia. L’Etiopia è grande 4 volte l’Italia e attualmente è uno dei paesi più poveri dell’Africa. Abbiamo colto l’occasione per fare qualche domanda a Maria del Carmen (2ª da sinistra nella foto), originaria di Porto Rico, 61 anni che negli ultimi anni ha vissuto a Villaregia dopo aver vissuto 9 anni a Lima in Perù. Anche Maria del Carmen è appena rientrata in Italia dopo alcuni mesi trascorsi a Malta per perfezionare la lingua inglese.

Come è nata l’idea di questa nuova esperienza?

Il Prefetto Apostolico di Robe, fra Angelo Antonini, che vive da 40 anni in quella zona, ha scritto al nostro Presidente per invitarlo a visitare la zona in quanto stava cercando qualcuno che lo potesse aiutare in quella missione grande quasi un terzo dell’Italia e con soli sei sacerdoti e alcune suore. Da poco da quella stessa missione era rientrato in Italia anche mons. Antonio Mattiazzo, vescovo emerito di Padova.

E poi come è andata?

Alcuni di noi sono stati a Robe e fin da subito ci ha colpito l’ampiezza del territorio, la estrema povertà della zona, il bisogno di missionari che possano aiutare a sostenere la giovane e piccola comunità cristiana che sta nascendo in un paese in grande maggioranza mussulmana. Da qui la decisione di formare un gruppo di noi che possa prepararsi a partire. Ed ora siamo alla vigilia di questa nuova esperienza.

E dove inizierete la missione?

Ci stabiliremo probabilmente a Kofele, cittadina capoluogo di una provincia a sud della nazione, nella prefettura apostolica di Robe. La città è situata sull’altopiano a 2.670 sul livello del mare, ha 16.000 abitanti e dista 270 km dalla capitale Addis Abeba. Il clima è tipico di montagna, con notti particolarmente rigide nei mesi invernali quando le temperature scendono anche di poco sotto lo zero.  La presenza della Chiesa Cattolica a Kofele risale al 1998 quando alcuni missionari di Mantova cominciarono a organizzare le prime attività. Nella zona dove opereremo la maggioranza della popolazione è musulmana. I Cattolici sono lo 0,03%.

Quando si inizia un’esperienza così da che parte si incomincia?

Desideriamo partire con molta umiltà e desiderio di conoscere.  La prima cosa che tenteremo di fare sarà quella di conoscere il popolo che incontreremo, conoscere la lingua, la cultura, la realtà politica economica, sociale e storica. Sicuramente i primi mesi dovremo dedicarli allo studio di una delle lingue locali che è l’oromo, la lingua che parleremo nella missione e che useremo anche nelle liturgie. Vorremmo essere testimoni dell’amore di Dio e di fraternità in mezzo a un popolo dove purtroppo ci sono ancora lotte fra etnie diverse. Anche recentemente ci sono stati degli atti di violenza che hanno portato alla morte di decine di persone.

Come vive la piccola Comunità cristiana a Robe?

A Robe il vangelo viene annunciato soprattutto dalla gente comune: laici della parrocchie invitano i loro conoscenti, amici e parenti e così la fede si tramette per via di un contagio virtuoso. I mezzi sono poveri ma la fede è grande anche se si celebra in una tenda o sotto un albero.

E’ una Chiesa povera?

E’ una Chiesa che non ha potere, non ha forti organizzazioni, non ha soldi; insignificanti, anche se preziosi, sono i piccoli spiccioli che si raccolgono come offerte alla domenica. La gente vive di lavori precari e molte persone provengono da situazioni di emarginazione e sfruttamento. Le donne si danno da fare in mille modi per provvedere il cibo ai loro figli.

Quali sentimenti stai provando in questo tempo?

Sono molto contenta di poter fare questa esperienza e di poter partire assieme ad altri fratelli e sorelle di comunità. Sono molto grata per questi anni vissuti in Italia e per le tante persone conosciute qui ma ora mi sento pronta per affrontare una nuova sfida. So che dovrò imparare molte cose, mettermi in ascolto di un popolo che non conosco, e cercare di farmi uno con questi fratelli a cui sono inviata. Tra l’altro una volta arrivati là conosceremo anche i sacerdoti e i laici della diocesi di Padova che sono già partiti in gennaio di quest’anno e con i quali condivideremo l’esperienza, anche se in territori diversi.

Alcune notizie sull’Etiopia

L’Etiopia è un mosaico di popoli, di religioni, di culture e di tradizioni.

Situata nel Corno D’Africa, l’Etiopia occupa il 174esimo posto su 188 paesi nella classifica dell’Indice di sviluppo umano stilata dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo. È una confederazione di 9 stati regionali. L’amarico è la lingua ufficiale dell’Etiopia. L’inglese è studiato come lingua secondaria insieme all’amarico ed è la principale lingua utilizzata per gli affari esteri. Oltre a quella ufficiale, l’amarico, sono parlate anche molte altre lingue, tra cui oromonico, somalo, tigrino, sidama. La popolazione comprende oltre 80 gruppi etnici.

Povertà e disparità. Terra di profonde disuguaglianze e secondo paese più popolato dell’Africa dopo la Nigeria, in Etiopia il 33% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà; il 40% ha meno di 14 anni; l’aspettativa di vita si ferma a 64 anni. L’incremento demografico, l’indigenza e l’inefficienza del sistema sanitario sono i principali problemi che il Paese deve fronteggiare. Questi generano gravi disagi sociali che coinvolgono soprattutto mamme, bambini e adolescenti e che portano a un’elevata mortalità: 48 neonati su 1.000 non superano il primo anno di vita, di questi 29 muoiono nel primo mese.

La pace con l’Eritrea. L’Etiopia vive una stagione di grande rinnovamento e fiducia. Le riforme innescate dal nuovo primo ministro Abiy Ahmed Ali, insignito da poco del Premio Nobel per la Pace, hanno diffuso grande speranza nel Paese. Primo capo del governo di etnia oromo e cristiano di confessione protestante, ha fatto intendere fin dal suo insediamento, di voler riformare profondamente il Paese. A confermare questo vento nuovo che soffia sull’Etiopia, a metà settembre, Ahmed e il presidente eritreo Afewerki hanno ratificato la decisione di interrompere la guerra in vigore tra i due Paesi da 20 anni, uno dei più lunghi conflitti nel continente africano. La firma di questo accordo ha aperto reali prospettive di pace tra i due Paesi e in tutta la regione

(a cura di P. Parenzan)