SGUARDO PASTORALE

Una via non vale l’altra

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In un contesto socio-culturale gassoso, già liquido, come si presenta quello occidentale in cui viviamo, parlare di “via” per intendere la possibilità di compiere una scelta piuttosto che un’altra, indirizzata ad un obiettivo preciso, sembra di usare un concetto obsoleto perché ancor più sembra affermarsi quello che era teorizzato con il concetto di società liquida, nella quale valori e punti di riferimento vengono meno perché viene meno il concetto di comunità a favore di un crescente individualismo valoriale.  Ma per quanto questa descrizione dell’oggi si stia facendo strada, la lettura dell’esperienza umana della vita afferma che una strada non vale l’altra.

La sapienza divina che ha ispirato la Parola di Dio ce lo conferma ad ogni versetto, potremmo dire, sin dall’inizio, quando non resta che constatare le amare conseguenze della disobbedienza al comando del Creatore, alle profezie disattese da parte del popolo o del sovrano di turno, alla scelta di lasciare la fede dei padri per abbracciare quella dei Baal cioè il paganesimo, all’esperienza dell’esilio e del ritorno in patria. C’è, poi, il salmo 1 che sintetizza il valore morale di una scelta a scapito di un’altra: “Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi”.

Il cristiano è figlio del suo tempo e si trova a combattere la buona battaglia della fede spesso sentendosi inadeguato, ma è allora che “È bene che non venga mai a mancare nella vita del nostro popolo questo rapporto decisivo con la Parola viva che il Signore non si stanca mai di rivolgere alla sua Sposa, perché possa crescere nell’amore e nella testimonianza di fede”, citando papa Francesco sempre nella sua lettera apostolica Aperuit illis. Il cristiano vive nel suo tempo ma la Parola di Dio è la sua guida per orientare tutto ad un obiettivo grande: crescere nell’amore e nella testimonianza della fede. Chiarito l’obiettivo, diventano più chiare anche le scelte che di volta in volta si devono compiere con il desiderio di esserne protagonisti. Quanto più cresce il rapporto con la Parola di Dio tanto più il cristiano sperimenta che essa apre nuove strade lì dove sembra essere finita la strada, lì dove l’uomo non può andare oltre con le sue forze, lì dove non c’è altro da fare che arrendersi. È l’esperienza del popolo d’Israele che ritorna dall’esilio babilonese perché è Dio stesso che con la sua Parola apre una strada nel deserto.

Una via allora non vale l’altra per quanto, a volte, ci sentiamo arresi alla realtà perché Dio ha già aperto una strada di speranza davanti a noi. È la parte più difficile di ogni conversione: credere che ci sia una via davanti. L’arrendevolezza, di cui spesso siamo troppo velocemente vittime, non ci permette nemmeno di provare a fidarci della Sua promessa; così ci diventa più facile rifugiarci nelle asserzioni di principio quasi fossero dei mantra che, solo perché ripetuti, crediamo cambino il panorama impoverito che dobbiamo contemplare.

Dobbiamo ascoltare, invece, sempre la Parola che ci apre la mente sulla realtà offrendoci la speranza con la quale affrontarla e viverla, quindi anche la fantasia grazie alla quale intuire il percorso. Reduce della due giorni di formazione del clero, in cui siamo stati accompagnati da mani esperte a vivere i tempi e le modalità di processi atti ad individuare strade nuove per la nostra pastorale diocesana, sono tornato a casa convinto ancor di più che il metodo, cioè la strada/la via, che scegliamo per arrivare ad una scelta non è indifferente, ma anzi fa parte del processo stesso che si vuole attuare. Continuiamo, sì, a fondare le ragioni della nostra fede, ma per dare ragione delle scelte che compiamo per annunciare il Vangelo oggi.

don Simone Zocca