CHIESA ARCIPRETALE DI LOREO

Fare storia con i dati della parrocchia

Il valore della storia e la possibilità di comprendere la grande storia attraverso la storia locale

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Ma la Storia a che cosa serve? Prima o poi lo chiedono ai docenti di Storia. E mica solo gli alunni! Anche gli adulti, quelli che dovrebbero saperlo. E invece niente, prima o dopo devono fare quella domanda. Già, a che cosa serve studiare tutte quelle date e quelle guerre e quelle invasioni, insomma quella successione di disgrazie e di morti che ormai sono passato, e quindi non tornano più? La Storia non è una cosa passata, a dire il vero è l’unica disciplina davvero attuale, che serve per il presente e, probabilmente, getta le basi per il futuro. La Storia è una cosa seria, è una materia che vale la pena studiare! In ogni modo si assiste ad un calo di interesse nei confronti di questa disciplina, eppure in questo periodo i libri di testo sono molto cambiati, presentano un ricco apparato iconografico, sono più snelli, ci sono molte sezioni di approfondimento con documenti sugli usi, i costumi, il ruolo delle donne, gli aspetti politici ed economici degli eventi, soprattutto sui conflitti mondiali…. Alcuni la considerano inutile, che non serva a niente, altri troppo faticoso studiarla, a loro non piace perdere tempo, altri ancora dicono che quando vogliono sapere qualche notizia c’è Wikipedia, ecc. Queste le risposte più diffuse che denotano un atteggiamento superficiale di una generazione che tende a vivere di emozioni fugaci, sempre pronta allo sballo e con uno smartphone in mano giorno e notte pensa di avere il mondo in pugno. Naturalmente i ragazzi non sono tutti così, ci sono anche quelli davvero interessati alla storia e all’attualità, in grado di avere uno spirito critico e di fare collegamenti tra passato e presente, ma sono la minoranza. E se provassimo a capovolgere la didattica della Storia? Se usassimo il sistema pirandelliano del “cannocchiale rovesciato”? Ossia immergerci nella microstoria locale per comprendere la grande Storia?

Un grande sostegno ce lo possono dare gli archivi locali e i registri parrocchiali dove vengono scrupolosamente segnati i battesimi, i matrimoni e i morti. Oggettivamente gli italiani sono stati da sempre, e nella stragrande maggioranza lo sono ancora, cattolici e fedeli osservanti dei precetti della Chiesa, pertanto i numeri sono da ritenersi reali, soprattutto nelle piccole realtà paesane. In una piccola comunità, qual è quella loredana, si potrebbe iniziare facendo questa sperimentazione: in cento anni, dal 1866 al 1966, quando sono diminuiti e quando sono aumentati i battesimi a Loreo? È possibile individuarne le cause? Quali eventi della grande Storia italiana potrebbero aver influito sul calo o sull’incremento delle nascite? I censimenti decennali dal 1871 al 1951 evidenziano una continua crescita della popolazione e segnalano il crollo dei residenti dopo la disastrosa alluvione del 1951. Per quanto riguarda il numero dei nati, significativa è la diminuzione del numero dei nati nel 1867 e nel 1968 (154 e 159). Che cosa era successo? Semplice: la cosiddetta terza guerra di indipendenza che determinò il passaggio del Veneto dal dominio austriaco al Regno d’Italia. Altri momenti critici: 1918 con solamente 137 nati, conseguenza della Grande Guerra, e 102 nel 1945, a seguito della Seconda guerra mondiale. Il 1952 vede solamente 92 battezzati: si deve sapere che la popolazione loredana è stata sfollata dopo la rotta del Po, perché per 90 giorni l’acqua stagnò sulle campagne, essendo questo un territorio sotto il livello del mare, e i bimbi che nascono sono battezzati nei paesi dove vengono accolte le famiglie loredane. Da quel momento si ha un vero e proprio crollo demografico: sono gli anni del miracolo economico e le città di Milano, Torino, Genova diventano meta di migranti polesani alla ricerca di una sicurezza economica in fabbrica.

Nel 1905 assistiamo ad un boom di battesimi, ben 285, superato solamente dai 299 del 1926. Come spiegare tante nascite? Nei primi anni del 1900 assistiamo alla politica riformista con Giolitti; nel 1925/26 le leggi fasciste pubblicizzano l’incremento delle nascite. Insomma, analizzando i dati parrocchiali e avendo la consapevolezza che non si tratta solo di numeri, ma di persone (nonni, bisnonni, parenti alla lontana), si potrebbe affrontare lo studio dell’unità d’Italia, del periodo giolittiano, della grande guerra, del fascismo, della II guerra mondiale, nonché il miracolo economico, eventi fondamentali per conoscere e comprendere la Storia italiana e implicitamente quella europea. In più, giungere alla consapevolezza che i veneti, i “polentoni”, in un delicato momento storico, per migliorare la loro condizione di miserabili, hanno abbandonato, con grande sofferenza, la terra d’origine.

Marilena Berto

(docente Liceo C. Bocchi-Adria)