PASTORALE MIGRANTI - Formazione di operatori in Albania

Un Paese che ha bisogno di aiuto

Dopo decenni di oppressione, molti se ne vanno. Il problema dei minori

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L’iniziativa della Conferenza Episcopale Italiana denominata “Liberi di partire, liberi di restare”, aveva chiesto alle diocesi di strutturare esperienze di accoglienza e di condivisione nei confronti dei migranti, in particolare minori soli. Nella nostra diocesi è stato l’Ufficio Pastorale Migranti che ha coinvolto nel territorio una serie di soggetti che poi sono stati chiamati da Caritas Italiana a fare formazione in Albania. Di seguito il report di Filippo Greggio, dottore in giurisprudenza, che si sta specializzando in Diritto delle Migrazioni.

La chiamano ‘l’Africa bianca’. Dalla fine della dittatura, agli inizi degli anni ‘90 del secolo scorso, già due milioni di persone hanno lasciato l’Albana, alla ricerca di un posto sicuro da abitare. Una nuova patria dove poter vivere, finalmente in pace. Realizzare i propri sogni, per molti, è impresa impossibile, in questa terra tanto amata quanto odiata. Disoccupazione dilagante, soprattutto tra i giovani, assenza di politiche sociali per la tutela delle fasce deboli, corruzione e una classe dirigente lontana dal popolo hanno trasformato un paese ricco di potenzialità in una terra dove vivere è una conquista quotidiana. Così da qui se ne vanno tutti, soprattutto i migliori, giovani formati, famiglie intere e professionisti. A lasciare l’Albania sono anche i bambini e i ragazzi non ancora maggiorenni, spinti ad andarsene dagli stessi genitori. Cifre allarmanti: circa 9.000, quelli sparsi per tutta Europa, 1.600 solo in Italia, dove i minorenni non accompagnati albanesi sono al primo posto per presenze. Unico paese del continente europeo, tra i primi 5 al mondo, al fianco di Egitto, Costa d’Avorio, Gambia e Guinea. È in questo contesto difficile che opera il progetto di Caritas italiana ‘Liberi di partire liberi di restare’, rivolto in via eccezionale anche all’Albania, in emergenza emigrazione più del continente africano. Una campagna con due obiettivi primari: far crescere la consapevolezza delle storie dei migranti che arrivano tra noi, per migliorare l’accoglienza e favorire la scelta di quanti decidono di rimanere nella propria terra con progetti di sostegno. “È necessario che le realtà locali albanesi prendano coscienza del fenomeno migratorio dei minorenni. Qui nessuno conosce i dati e si hanno solo visioni parziali, non c’è conoscenza dei rischi sui quali il minore può inciampare e non si conoscono le realtà di accoglienza italiane”, spiega Ettore Fusaro, responsabile del progetto, per Caritas Albania. Una prima risposta, per colmare questo vuoto, è stata data dalla collaborazione tra Caritas Albania e don Marino Callegari, della diocesi di Chioggia (VE). Si è così potuto proporre un progetto di formazione per gli operatori locali delle diocesi albanesi. Un confronto che ha visto impegnati Alessandra Naccari, responsabile della comunità per minori “In-Patto”, Mattia De Bei, della casa famiglia di Chioggia, e il sottoscritto Filippo Greggio, giurista. Nella settimana di permanenza è stato possibile avviare un dialogo con tutte le diocesi, cercando di informare, ma soprattutto cercando di capire le ragioni che spingono a scappare. Sono stati circa 200 gli operatori incontrati in 6 giorni di lavoro. Gli incontri hanno visto la partecipazione anche di giovani, cioè di coloro che sono più a rischio e propensi a fuggire. L’Albania sta diventando un paese di vecchi. “Qui restano i corrotti e chi è troppo povero per partire. Tutti, soprattutto minorenni, se ne vanno in Germania, Inghilterra e Francia e spesso sappiamo che fine fanno. Vengono sfruttati e il loro sogno di libertà e di successo si infrange. Alcuni sono anche tornati, dopo il fallimento del viaggio”, afferma con desolazione un operatore Caritas di Tirana. Il paese è nel caos generale. Le istituzioni sono in perenne conflitto tra loro, tanto che il Presidente della Repubblica Ilir Meta ha annullato le elezioni amministrative, previste per domenica 30 giugno. Un atto non gradito dal primo ministro Edi Rama, che ha sconfessato il Capo dello Stato. Nel paese la povertà è alle stelle e dopo un po’ ci si abitua alla vista dei bambini intenti a rovistare tra i bidoni della spazzatura, sfruttati nel recupero della plastica e dell’alluminio. Ai bordi delle strade sono moltissime le donne che cercano di racimolare qualche soldo vendendo i prodotti del proprio orto. Lo stipendio si aggira intorno a € 250 al mese, anche se gli affitti a Tirana arrivano a € 500. Il regime comunista di Enver Halil Hoxha, morto nel 1985, è crollato nel 1991. I segni di questa triste pagina di storia sono ancora ben visibili nella società contemporanea, come cicatrici che solo il tempo riuscirà a rimarginare. È stata una dittatura feroce, capace di annientare la coscienza delle persone, asservite esclusivamente all’interesse del partito. Far riscoprire la bellezza e la profondità dello spirito è un’impresa ardua in uno Stato che, caso unico, aveva elevato l’ateismo a principio costituzionale. I martiri della fede cattolica, che rappresenta il 10% della popolazione, non si contano. Preti, laici, religiosi e religiose sono stati barbaramente uccisi, perché accusati di sedizione. Anche il volontariato fatica a fiorire, perché durante il regime si era obbligati a lavorare gratuitamente in cooperative statali. La missione della Chiesa è tutta in salita. Sembrano farsi concrete e visibili le parole di papa Francesco che paragona la Chiesa a “un ospedale da campo”. Qui si cerca di affiancarsi all’umanità ferita, di accompagnarla con rispetto nel cammino della vita, nella scoperta di sé e, se necessario, anche nella scelta di partire. Sono i giovani quelli a essere più delusi. “Qui siamo sempre stati dominati da qualcuno. Sfruttati e usati. Non vogliamo fare la stessa fine dei nostri genitori e dei nostri nonni. Siamo arrabbiati e non vediamo alcuna via d’uscita se non quella di andarcene. Non abbiamo niente da perdere”, raccontano alcuni di loro. Salendo al castello medioevale di Scutari, a circa 100 metri sul livello del mare, si scorge un paesaggio quasi immacolato. Montagne, corsi d’acqua; per non parlare del mare cristallino e delle spiagge ora sabbiose, ora rocciose. Un paese dalle mille potenzialità, una regione ospitale che avrebbe bisogno di una maggiore cooperazione internazionale, per risollevarsi e guardare con fiducia al futuro.

Filippo Greggio