Come nani sulle spalle dei giganti

L’accoglienza dell’Oriente

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È innegabile il fascino che l’Oriente esercita sul nostro Occidente: dalla pubblicità, al marketing, allo sport. Sono sempre più frequenti i riferimenti a quel mondo di cui si ascoltano suoni, si assaporano odori, modi di pensare, filosofie e spiritualità. Personalmente non credo sia solo una moda, ma un tentativo di trovare delle risposte convincenti e probabilmente “altre” alle domande del nostro tempo e del nostro Occidente che sembra essere in affanno. Tra queste prospettive una mi ha colpito in modo tutto particolare: la tradizione zen di cercare l’infinitamente poco. È una prospettiva giapponese che affonda le radici lontano nel tempo, e fa dell’equilibrio e del poco i due cardini della spiritualità. Non esiste un termine per definirla: essa si manifesta come una prassi a cui ci conforma piano piano, lasciando che l’equilibrio tra le parti si formi anche attraverso il graduale restringimento del proprio campo di possesso. L’infinitamente poco è la chiave che un tale Dominique Loreau ha sdoganato in Occidente qualche tempo fa. Eppure non siamo troppo lontani dalle prospettive cristiane della vita spirituale: ad esempio l’equilibrio tra vizi e passioni (lasciando che piano piano queste seconde si allontanino) attraverso un esercizio ascetico di rinunce intelligenti e di essenzialità. Cambiano i termini di riferimento e le tradizioni, eppure le prassi spirituali si assomigliano senza ombra di dubbio. Come ha detto più volte durante il suo pontificato il Santo Papa Giovanni Paolo II in riferimento alle chiese d’Oriente ed Occidente, occorre respirare a due polmoni: Oriente ed Occidente sono i polmoni che fanno vivere la chiese e il mondo. Ne consegue che quando l’Occidente vuole bastare a se stesso, quando il nostro mondo si chiude alle sole tradizioni e alle sole spiritualità di quel luogo e di quel tempo, ecco che involontariamente fa scattare il sobbalzo dello Spirito dell’altro polmone che continua a far vivere lo stesso Corpo (mistico) e il mondo. Purtroppo siamo maestri nel gioco di difesa e quindi parliamo di sincretismo, ingerenza, inculturazione, fino a giungere ad eresie, concordismi e anti-tradizionalismi in nome magari di un respiro a metà, a fiato corto, tirati e affaticati nel nostro mondo (parziale). L’accoglienza dell’Oriente costringe ad una riflessione sul cristianesimo che viviamo e che abbiamo realizzato con le scelte del tempo e della storia, la cui pretesa (problematica) è quella di ritenersi l’unico e il vero cristianesimo possibile. Se fosse invece possibile un cristianesimo diverso, nuovo, rispettoso della tradizione e proprio perché veramente radicato nella tradizione capace di far germogliare fiori e frutti nuovi per l’oggi che è l’oggi di Dio? Non entro nel merito delle confessioni cristiane. Mi limito a definire cristianesimo quel rapporto singolare tra Cristo e la Chiesa, tra Cristo e i suoi membri, tra Cristo e l’umanità. Cristianesimo come relazione unica con il Dio di Gesù Cristo. Ritornando al discorso iniziale debbo ammette che lo stesso Gesù di Nazareth è uno dell’Oriente che ha detto e fatto gesti e parole che hanno profondamente condizionato la vita dell’Occidente. L’ascolto dello Spirito porta anche a soffermarci su questi passaggi che non sono dottrinali, ma semplici voli ad alta quota per vedere le cose da un’altra prospettiva, per respirare a pieni polmoni e tornare alle cose di prima “rinati” da queste esperienze.

Damiano Vianello