I GIORNI

Andare, andare…

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Le ferite della Pasqua non sanguinano più. Gesù le mostra a Tommaso e agli altri apostoli, e i pittori non temono di tracciarle nei loro dipinti. La risurrezione non cancella le ferite: è la novità della vita cristiana. Il male che ci viene addosso, a noi personalmente o alle persone che amiamo, ci trafigge e addolora, ma ospita al suo centro una luce di trasfigurazione. Non è soltanto una percezione interiore, ma un raggio che illumina e riscalda la realtà. Lo vediamo spesso accadere nell’esperienza della malattia e della morte. Accanto a una persona malata o inferma avverti il calore della tenerezza nella gratitudine per gli amici, nella serenità e nell’offerta. L’ambiente familiare è disteso e ritrova pace e unità. Si palesano esperienze grandiose di carità, nella dedizione dei genitori e nella disponibilità di amici e ausiliari. Quando la malattia si prolunga, avviene una sorta di ‘status vitae’: si assume come normale una condizione di vita che sembra impossibile. Nell’avvenimento della morte la voragine di dolore può trasformarsi nel solco dal quale germoglia una nuova semente. Quando muore un padre, un fratello, un amico, ci colpisce un vortice che fa ammutolire. Gli avvenimenti scorrono in successione: muore un amico, un genitore di amici, un fratello, una cognata, alcuni cugini, un altro fratello… La scia prosegue per mesi toccando diverse sponde. Nei giorni che precedono il funerale ci si trova insieme per pregare, a casa o in chiesa. Si prepara la liturgia: letture, preghiere dei fedeli, canti. La parola annuncia speranza, apre l’orizzonte, risana ferite. I ricordi riaffiorano dolci, anche quelli di episodi strampalati. Fratelli, figli, nipoti, amici, entrano in una nuova sintonia, fanno un passo avanti verso il Mistero che invade la vita e la sorpassa, scoprono un’origine che abbraccia carne e sangue, vicinanze e difficoltà, e sintonizza gli animi nell’amicizia e dell’unità. Non è automatico. Qualcuno rimane fuori dal giro, per scelta o per casualità. Di una persona che ci lascia, accade di custodire un ricordo particolare, fissato in un oggetto: un anello, una collanina, un libro, addirittura il calice della Messa. Lo fai presente nell’omelia, e scopri sul momento analogie sorprendenti tra il racconto del vangelo e i fatti della vita. Diventa vera la canzone che pervade il silenzio dopo la comunione: “Ogni storia diventa più vera.

L’abbraccio del Padre, l’abbraccio che cercava incendiò come il sole il mattino.

I tuoi occhi vedevano tutto e parlavano al cuore, le parole portavano il fuoco e la voglia di andare… andare.” A fine Messa intercetti il ragazzo che cantava: “Questa, la canti anche al mio funerale”. Risponde: “Cerca di non mancare!”

don Angelo