SGUARDO PASTORALE

Christus vivit

Christut-vivit
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“Cristo vive”, è il titolo dell’ultima esortazione di Papa Francesco quale documento postsinodale dell’evento celebrato dai giovani e con i giovani l’ottobre scorso. Ma è innanzitutto l’annuncio pasquale! Ed è su questo grido che desidero soffermarmi e il perché non è mai superfluo: attorno a queste due parole, soggetto e verbo, continua a costruirsi la storia di un popolo che spera nella grandezza del proprio destino; su queste due parole si puntella la speranza di uomini e donne che ogni giorno nutrono e tentano di offrire riproponendo Colui che ha vinto la morte spezzandone l’ineluttabilità. E se di questi giorni è la notizia che è stato finalmente possibile fotografare, con l’ausilio di otto telescopi piazzati in punti diversi della Terra, un buco nero evidenziandone l’orizzonte degli eventi dentro il quale spazio e tempo si accartocciano e scompaiono, è da quel giorno di Pasqua che è possibile contemplare il punto di convergenza di tutto il tempo e lo spazio dal quale scaturiscono luce e vita perché: Cristo vive! “Cristo vive”, e ricordo l’amico che mi chiede di pregare per la sua famiglia che sta passando le pene dell’inferno nell’assistenza di un genitore, prima a causa della malattia e poi per la lunga e penosa riabilitazione postoperatoria; ma la speranza in Cristo è l’unico vero punto fermo. “Cristo vive”, e rivedo davanti a me la figura di un’anziana suora che, segnata nella salute, mi dice: “Non è niente. Sia fatta la volontà del Signore”. “Cristo vive”, e passo in rassegna i volti di quelle coppie di sposi, ferite nel matrimonio e ricostituite in una nuova unione, che accolgono con gioia e vivo interesse la possibilità di essere accolte, ascoltate, attese, e che ci tengono a costruire un rapporto sempre più vero con Cristo e la Chiesa. La ferita c’è e fa sentire il suo segno ma Cristo vive in quella ferita. “Cristo vive”, e mi risuonano le parole smarrite e angosciate di quella persona abbandonata dal coniuge che chiama solo per avere qualcuno che evidentemente la faccia sentire aggrappata a Cristo. Poche parole, tanto silenzio e ascolto ma poi un po’ di consolazione tocca. “Cristo vive”, e risento la benedizione della vita nelle pieghe delle amicizie vere, quelle gioiose che ti coinvolgono nella loro quotidianità facendoti sentire prezioso come non mai al punto che ci si sente “famiglia” con loro. E con loro sì che si potrebbe dire: “Qualsiasi cosa succeda, ci vediamo a casa!”. “Cristo vive”, e penso ad una domanda che mi batte in testa a volte di più a volte meno: “Come essere generativo nella castità?”. Parlandone, una persona mi ha detto: “Sembra un ossimoro”; e in effetti lo è. Ma rimanda al mistero che è intrinseco a ogni scelta di vita consacrata, rimanda all’ossimoro di quel corpo che non è più qui tra noi ma che è risorto. “Cristo vive”, e mi scorre davanti agli occhi la lunga lista di cristiani martiri che ancora oggi bagna con il proprio sangue la terra arida e senz’acqua del cuore di un’umanità che vorrebbe fare a meno di Dio e di Cristo che ci mostra il volto di un Dio che è Misericordia. “Cristo vive” e vedo comunità cristiane, parrocchie e famiglie, che sono segnate da fatiche, da pesi e a volte da catene ma che vogliono celebrare la Pasqua del Signore, ogni domenica e magari con il loro prete. Il cammino per impegnarsi ad una corresponsabilità ministeriale è ancora lungo ma se il desiderio di celebrare la risurrezione del Cristo rimane vivo e reale allora ci sarà una possibilità. Concludo citando le prime righe dell’esortazione del Papa con il desiderio che siano anche il mio miglior augurio di Pasqua: «Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano sono: Lui vive e ti vuole vivo!».

don Simone Zocca