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Le opere della quaresima: il digiuno

vescovo tessarollo
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Dalla Parola di Dio:

“Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame (Lc 4,1-2).

“Gesù disse loro: Possono gli amici dello sposo digiunare, mentre lo sposo è con loro? Finché hanno con sé lo sposo, non possono digiunare.  Ma verranno i giorni in cui lo sposo sarà loro tolto; e allora, in quei giorni, digiuneranno.”  (Mc 2,19-20)

“Questa specie di demoni non esce se non per mezzo della preghiera e del digiuno” (Mt 17,21).

 

Il digiuno proposto per il tempo di quaresima scaturisce dall’esigenza che l’uomo credente ha di purificazione interiore dal peccato e dal male, di educazione a quelle rinunce che lo liberano dalla schiavitù del proprio egoismo e lo aprono al servizio dei fratelli, e di maggiore disponibilità all’attento ascolto della Parola di Dio.

La Parola di Dio insegna che il digiuno è questione di amore, di conversione del proprio cuore e della propria vita perché siano più aperti a Dio e agli altri. Il digiuno esercita al dominio di sé e alla vittoria sui propri istinti e passioni che spesso rendono l’uomo loro schiavo, superando l’egoismo per vivere nella logica del dono e dell’amore. Sopportando la privazione di qualche cosa, e non solo di superfluo, impariamo a distogliere lo sguardo dal nostro io aprendolo verso Dio e i bisogni del prossimo, e impariamo a dominare noi stessi educando e governando i nostri desideri e istinti che ci abitano. La fame è simbolo di ogni altra ‘fame’ che in noi chiede di essere sempre e comunque saziata. Dominando o moderando l’appetito fondamentale dell’uomo, cioè la fame, siamo aiutati a moderare, controllare e educare anche i nostri altri “appetiti” di ogni genere, dai quali spesso noi stessi siamo divorati (fame di denaro, di sesso sregolato, di dominio…). La pratica autentica del digiuno ci porta a vivere della Parola di Dio, a conformarci a Cristo, a rifuggire e non lasciarci dominare dal male (astinenza dal peccato), come ricorda Gesù: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio”. Il digiuno dunque rimane un mezzo che coinvolge tutto l’uomo, anche la dimensione corporea, nella lotta contro le tentazioni e contro il peccato e l’egoismo per la conversione all’amore che diventa anche carità concreta verso il povero.  La Parola della Scrittura ci ammonisce infine che il digiuno non è motivo di vanto ma che esso deve avvenire nel segreto, nell’umiltà (Mt 6,1-18) e anche con lo scopo di aprirci alla condivisione e alla solidarietà verso il prossimo: “Perché digiunare, se tu non lo vedi, mortificarci, se tu non lo sai? Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui. Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso. È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?” (Is 58,3-7).

Un Padre della Chiesa ha pure scritto: “E’ meglio mangiare carne e bere vino, piuttosto che divorare con la maldicenza i propri fratelli”.

+ Adriano Tessarollo