SGUARDO PASTORALE

Qualsiasi cosa vi dica, fatela!

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“Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”. Riconosciamo tutti in questa esortazione le parole che Maria – nel contesto del racconto delle nozze di Cana – rivolse ai servitori perché si premurassero di eseguire gli ordini di Gesù che trasformò l’acqua delle sei giare in vino. Non intendo certo commentare il brano evangelico delle nozze di Cana, che abbiamo ascoltato nella liturgia domenicale un paio di settimane fa, ma prendo spunto da queste poche parole per porre alcune domande circa il nostro stile di credenti e discepoli.

Provo innanzitutto a immaginare un sacerdote qualsiasi che, nella sua comunità, di fronte a questa parola del vangelo, cerchi di orientare la riflessione omiletica evidenziando l’idea che Gesù è il vino nuovo e che, se anche nella vita può venir meno l’entusiasmo, Lui può restituire il gusto delle relazioni amicali, sponsali, fraterne che sono state segnate dalla fatica. Mi immagino questo sacerdote che, mentre propone la sua riflessione, freme interiormente perché ci ha pregato sopra a quelle parole prima di proporle e conosce bene quali sono le fatiche presenti nella o nelle comunità parrocchiali che guida, per cui lui spera che quella parola del vangelo faccia scaturire nuova speranza nel cuore dei suoi uditori e possa sciogliere alcuni nodi che da tempo soffocano i rapporti all’interno di una famiglia, o di un gruppo di genitori, di un’associazione parrocchiale o del gruppo degli educatori. Alla fine della celebrazione eucaristica, sempre quel sacerdote riceve – in sagrestia – pure i complimenti da parte di alcuni fedeli per le parole espresse, per cui pensa di aver fatto centro. Qualche giorno dopo, però, durante una riunione per organizzare delle attività parrocchiali succede quello che nessuno poteva aspettarsi: le opinioni divergono, si scaldano gli animi, ci si scambia qualche battuta al vetriolo e qualcuno minaccia di lasciare il gruppo.

È una situazione del tutto immaginaria quella che ho appena descritto; ma neanche tanto, qualcuno potrebbe dire, perché succede più spesso di quello che si possa immaginare: cioè che la parola del vangelo ascoltata alla domenica in chiesa la si dimentichi prima ancora di aprire la porta di casa per il pranzo in famiglia.

Ma perché succede? Succede perché ci si improvvisa animatori, educatori, volontari e a volte anche preti per cui attività, luoghi, celebrazioni o progetti pastorali non sono più tempi, spazi, azioni e idee attraverso le quali il Vangelo è annunciato e vissuto ma piuttosto rappresentano per qualcuno il prolungamento del proprio ego. Parole come “responsabilità”, “collaborazione”, “corresponsabilità”, “alleanza educativa”, “servizio” e così via, rimangono delle mere tesi di accademia della pastorale anziché essere quei concetti che rendono solida l’azione di una comunità che agisce insieme, animata dallo stesso Spirito. Appunto, che sia proprio vero che siamo animati dallo stesso Spirito? Perché a ben osservare poi ci si accorge che non ci abbeveriamo alla stessa fonte o lo facciamo di rado e allora parole e gesti che dovrebbero essere comuni rimangono vuoti, inespressivi e infecondi se non addirittura controproducenti.

“Qualsiasi cosa vi dica, fatela!” è innanzitutto una preghiera ad accorgerci che Cristo è realmente in mezzo a noi a prescindere dai nostri limiti ed è una preghiera a convergere all’unico centro delle molte azioni pastorali che dobbiamo saper interpretare con i registri della gratuità e della fraternità, calandoci nelle situazioni che intendiamo servire e non semplicemente gestire.

don Simone Zocca