RETE MONDIARE DI PREGHIERA DEL PAPA

Contro la tratta degli esseri umani, accanto alle vittime

Intenzioni del mese di FEBBRAIO 2019

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Intenzione del Papa (universale): “Per l’accoglienza generosa delle vittime della tratta delle persone, della prostituzione forzata e della violenza”.

Intenzione dei Vescovi: “Perché malati e familiari ricevano la solidarietà di quanti per professione o vocazione sono a loro servizio”.

Intenzione per il clero: “Cuore di Gesù, sei stato presentato al Tempio … i Tuoi ministri si presentano al popolo di Dio quali Tuoi amici: fa’ che possano essere segno credibile della Tua salvifica generosità”.

Un breve commento all’intenzione universale del Papa

La prostituzione è una forma di violenza, abuso del potere dell’uomo. Nessuna donna nasce prostituta, qualcuno la fa diventare. Queste donne appartengono per lo più a categorie vulnerabili: paesi in guerra, povertà, ambienti degradati, vittime di violenza, (associazione “Giovanni XXIII”, di don Oreste Benzi)

1° febbraio 2019, 1° venerdì del mese, in unione di preghiera e di offerta per tutte le persone vittime di soprusi e violenze … perché la divina Provvidenza faccia loro incontrare buoni samaritani che curino le loro ferite e le aprano alla Speranza.

“Vergine forte ai piedi della Croce sostieni il dolore e carezza il cuore”.

Recita quotidiana di una decina del Rosario per questa intenzione e per Papa Francesco.

COMMENTO. L’impegno della Chiesa nella lotta al traffico d’uomini

Prostituzione, lavoro forzato, traffico di organi: fenomeni in crescita e strettamente legati alla tratta umana, un dramma che accomuna i Paesi in via di sviluppo e gli opulenti Paesi del mondo occidentale grazie anche a nuove forme di reclutamento digitale. Un’industria vera e propria, quella della schiavitù, con un giro d’affari da 150 miliardi di dollari l’anno e che vede moltiplicarsi con l’utilizzo dei social network anche le pagine “kidney for sale” (rene in vendita) che ospitano annunci – e tariffari – da Libano, Siria, Turchia, Giordania, Marocco ed Egitto. Migranti che accettano di farsi espiantare pur di pagarsi la traversata del Mediterraneo. Così come per la prostituzione forzata: un cappio per un viaggio di sola andata verso un Paese (immaginato e sognato) migliore. Solo sulle strade italiane si contano 100.000 donne costrette a vendere il proprio corpo. Sono tutte vittime di un sistema che le riduce in schiavitù, violate fisicamente e psicologicamente. La maggior parte proviene dall’Africa e, in particolare, dalla Nigeria. Negli ultimi anni, prima di arrivare, vengono anche stuprate. «I protettori – spiega suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, presidente di “Slaves No more onlus” – sanno che le migranti incinte godono di percorsi facilitati per ottenere i permessi di soggiorno. Sanno anche che molti clienti delle prostitute chiedono ragazze incinte. Questo dimostra l’aberrazione della tratta, la violenza dei trafficanti e la grettezza dei clienti». Tra i primi Stati ad affrontare il tema, nel tentativo di analizzarlo e dunque farvi fronte, il Vaticano si è fatto promotore di numerose iniziative come i frequenti workshop volti a studiare «le best practices e i migliori modelli per riabilitare le vittime». Modelli di cui sono spesso artefici le suore che attraverso l’Uisg (Unione Internazionale Superiore Generali), sostengono la rete internazionale contro la tratta “Talitha Kum”, oppure le Caritas di numerosi Paesi, dall’Europa al Medio Oriente, che hanno lanciato una ricerca “transfrontaliera” al fine di «contribuire a migliorare le pratiche di assistenza delle vittime salvate, mettendo a disposizione dati sull’impatto della tratta». Tuttavia a «questi modelli» manca il contributo dei laici. Da qui la ricerca di una “alleanza” con le agenzie educative – famiglie e scuola innanzitutto – che prescinda dal credo religioso, dalla diversa estrazione culturale o professionale: tutti uniti per arginare quello che sia Benedetto XVI che Francesco hanno denunciato come «crimine contro l’umanità» e che ha a che fare non solo con le violenze corporali ma anche con quelle spirituali. È il caso delle nigeriane, costrette a subire riti voodoo che le legano ai protettori. «Le ragazze non hanno strumenti culturali per resistere a questi riti – chiarisce suor Eugenia -. In più, esse subiscono quotidianamente le percosse e le minacce di violenze sulle famiglie di origine. Per questi motivi hanno paura a liberarsi dai protettori». Cosa si può fare, allora, per fermare tutto questo? «Sicuramente sul tema della tratta c’è molta ignoranza – così Papa Francesco -. Ma a volte pare ci sia anche poca volontà di comprendere la portata del problema. Perché? Perché tocca da vicino le nostre coscienze, perché è scabroso, perché ci fa vergognare. C’è poi chi, pur conoscendolo, non ne vuole parlare perché si trova alla fine della “filiera del consumo”, quale utilizzatore dei “servizi” che vengono offerti sulla strada o su internet. C’è, infine, chi non vuole che se ne parli, in quanto coinvolto direttamente nelle organizzazioni criminali che dalla tratta traggono lauti profitti». E infine, «lasciatemelo dire – è sempre il Pontefice a centrare, ancora una volta, il punto -, se ci sono tante ragazze vittime della tratta che finiscono sulle strade delle nostre città è perché molti uomini qui – giovani, di mezza età, anziani – che richiedono questi servizi e sono disposti a pagare per il loro piacere. Certo, arrestare i trafficanti è un dovere di giustizia. Ma la vera soluzione è la conversione dei cuori, il taglio della domanda per prosciugare il mercato». Al tempo stesso, consentire «uno sviluppo umano integrale, iniziando con un’istruzione di qualità fin dalla prima infanzia», e offrendo successivamente «opportunità di crescita attraverso l’occupazione: due modalità di crescita -conclude Bergoglio -, che rappresentano gli antidoti alla vulnerabilità e alla tratta»

Mariaelena Finessi