SGUARDO PASTORALE

Per un’altra strada fecero ritorno

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Quando devo mettermi in viaggio preparo accuratamente non solo la borsa ma anche la “mappa” del viaggio per sentirmi più sicuro e avere un’idea della direzione da prendere, la lunghezza del viaggio e le alternative del percorso. Una sola cosa non mi riesce: al ritorno mi capita di non percorrere mai la stessa strada dell’andata! Quello che cerco di preparare per l’andata diventa l’imprevisto del ritorno. Prendo lo spunto per queste mie prime righe per la rubrica “Uno sguardo pastorale”, del nostro settimanale diocesano, da un incontro che, assieme a un gruppetto di giovanissimi di Azione Cattolica e un paio di giovani, ho avuto una decina di giorni fa con due monache del monastero delle Carmelitane Scalze di Bologna a cui abbiamo chiesto di parlarci della vocazione facendo riferimento alla loro vicenda personale. Entrambe ci dicono che non avrebbero mai immaginato, neanche lontanamente, di entrare nella clausura di un monastero, ma qualcosa cominciò a muoversi nel loro cuore. Ascolto il racconto rocambolesco del cammino interiore di una delle due monache e noto come questa donna, che ad un certo momento comincia seriamente a pensare alla vita consacrata ma non nel Carmelo, sia tornata a quella che ora chiama “casa” per un’altra strada diversa da quella che aveva pensato e progettato per sé.

È questo il punto decisivo di una vocazione alla vita consacrata ma non solo, direi proprio di ogni vocazione alla vita cristiana: accettare di tornare alla propria vita per un’altra strada, una strada diversa da quella che ci ha portato fino a quel punto. È accettando la sorpresa che ogni giorno Dio desidera fare al cammino di un uomo o di una donna, che in quell’uomo o quella donna trova radici la risposta ad una vocazione e la capacità di rinnovarla ogni giorno. Anche nel quadro semi-impostato di una vocazione, non può mancare lo spazio alla sorpresa di Dio che ci porta ad essere migliori di quanto noi stessi avremmo mai pensato di diventare. Che spazio alla sorpresa ci potrà mai essere, qualcuno potrebbe obiettare? Proviamo a cercare qualcuno che ha già qualche anno alle spalle in una qualsiasi di queste scelte di vita e dalla sua risposta percepiremo chiara una sensazione: la sorpresa, dopo anni, di essere ancora lì a fianco della stessa persona o nello stesso convento o nella stessa scelta di vita. Contemporaneamente dovrebbe esserci fatta anche la confessione che il merito di tutto non lo può attribuire a sé, quanto piuttosto all’umiltà di una certezza: Dio ha da mostrare sempre un uomo o una donna migliori di quello che siamo. Spero un giorno possiamo riconoscere che Dio sta agendo così nella nostra vita e che il nostro cuore ha saputo dare spazio alle sue sorprese. Se riusciremo a riconoscere questo, ci sentiremo al nostro posto; quello che faremo o saremo chiamati a vivere non sarà opera del caso ma sarà sempre quello che Dio ci chiede di vivere e quindi sarà un progetto grande, unico e irripetibile. Non dobbiamo temere di vivere di “Sì” anche se attorno a noi appare più forte la cultura del “No”, perché non ci appartiene o, meglio, non appartiene a chi desidera costruire la Pace, altro nome del Regno di Dio. Per cui se ora ci sembra di essere su una strada che non è quella che avevamo pensato, non temiamo, stiamo semplicemente facendo ritorno alla nostra vita per un’altra strada il cui maggior impegno è quello di dire il nostro “Sì” a Dio e a noi stessi.

don Simone Zocca

 

(Continua la rubrica il nuovo coordinatore della pastorale designato)