SGUARDO PASTORALE

Questione di sguardi

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Giorni di saluti, incontri, auguri. Giorni belli, arricchiti da sentimenti positivi, frutto del clima natalizio e di sosta dal lavoro frenetico. Giorni di particolari potenzialità soprattutto sul fronte delle relazioni, sia a livello familiare che amicale. Ne ho trascorsi alcuni ad Assisi con un gruppo di famiglie, e ho potuto fare una riflessione sull’elemento centrale di tutte le esperienze sopra descritte: lo sguardo. La maggior parte delle volte è uno sguardo assente, perché gli scambi corrono sui binari dei social, fatti di movimenti frenetici delle dita e di concentrazione sullo schermo di un apparecchio elettronico. Forse arrivi anche a pensare alla persona cui ti rivolgi, ma non conosci il momento che sta vivendo, il suo stato d’animo, le sue attese, i suoi bisogni, cose tutte che si possono cogliere solo attraverso lo sguardo. Ma, quando c’è, può essere uno sguardo egoistico, che corre sui volti e sugli atteggiamenti delle persone solo in funzione di se stessi, pronti a rivendicare attenzione e riconoscimento, angustiati se si viene posti in secondo piano o trascurati. C’è poi lo sguardo critico, quello che parte sempre da una precomprensione della realtà e arriva a giudicare sulla base della conformità o meno di gesti e parole a quanto è ritenuto ovvio, scontato, doveroso. E poi lo sguardo formale, preoccupato di far bella figura, di non disturbare, di mettere l’altro a proprio agio a prezzo di una innaturale violenza sui propri pensieri e sentimenti.

Quando lo sguardo riesce a decollare, ecco che può essere corto o lungo. È corto quando sosta unicamente sul presente, sulle comodità del momento, sulle soddisfazioni immediate, sulle risposte contingenti e parziali. È lungo quando ha la consistenza della progettualità, si apre alla speranza, mostra il coraggio di osare al di là delle previsioni e andando anche controcorrente se necessario. Proprio lo sguardo di Francesco d’Assisi, che va al di là dell’ambizione alla nobiltà e scopre il valore della pace; che va al di là di una religiosità stereotipata e incontra la dolce forza del crocifisso; che va al di là della sontuosità delle stoffe di suo padre e scorge i poveri, sfruttati ed emarginati; che va al di là delle convenzioni sociali e mostra la bellezza della semplicità, della mitezza, della dolcezza; che va al di là degli assunti teologici e ci consegna il mistero dell’incarnazione nella dolcezza di un presepe, e il mistero della redenzione nella concretezza delle stigmate; che va al di là delle mollezze di una vita agiata e garantita per introdurre al gusto dell’essenzialità e alla letizia perfetta della sofferenza stessa; che va al di là della chiusa individualità e promuove la fraternità e la missione. Uno sguardo sul mondo, su tutte le creature, sul cuore dell’uomo, uno sguardo capace di scorgere ovunque i lineamenti di Cristo in cui tutto è stato creato e verso cui tutto converge come a suo compimento.

È lo sguardo lungo del perdono, del rispetto, della premura, della tenerezza, della fiducia. È lo sguardo che incrocia gli occhi del fratello e della sorella e vi scorge la stella che conduce al Vero e al Bene. “Francesco, voglio il tuo bene!”, dice Chiara a quel giovane “pazzo” su cui aveva orientato lo sguardo, in piazza, la domenica delle palme, intravedendo in lui l’opera che Dio andava costruendo. Oltre che nelle meraviglie dell’arte e della natura, il mio sguardo è naufragato, in questi giorni, negli occhi delle persone che ho sentite aperte ad un possibile futuro di radicalità evangelica.

don Francesco Zenna