RIFLETTENDO SUL VANGELO - IV DOMENICA DI AVVENTO - ANNO C

Aprirsi alla gioia aprendosi a Dio e agli altri

LETTURE:  Mic 5,1-4a; Sal 79; Eb 10,5-10;  Lc 1,39-45

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Sono gli ultimi giorni prima del Natale e San Luca celebra, nel brano del Vangelo ascoltato (1, 39-45) il primo incontro tra il Messia e il suo Precursore nell’abbraccio di due donne, Maria ed Elisabetta, in dolce attesa.

L’attesa  è finita, eccoci a Natale: celebriamo il grande mistero della Incarnazione del Signore nella nostra esistenza, il suo Natale! Il racconto del Vangelo parte dall’infinito del cielo per arrivare fino ad un villaggio, in una casa, e incontrare il cuore di Maria, l’umile, povera serva del Signore. Possiamo dire che il cristianesimo non inizia nel Tempio ma in una casa: alla grande città Dio preferisce un piccolo villaggio mai nominato prima nella Bibbia, alle liturgie solenni dei sacerdoti preferisce il quotidiano di una ragazzina adolescente. Dio entra nel mondo dal basso e sceglie la via della periferia: un giorno qualunque, in un luogo qualunque, una giovane donna qualunque.

Il primo esultante annuncio di grazia del Vangelo è consegnato nella normalità di una casa. Qualcosa di grande e di inaudito accade nella quotidianità. Nel dialogo, l’angelo parla per tre volte, con tre parole assolute: “rallegrati”, “non temere”, “verrà la Vita”. Parole che raggiungono le profondità di ogni esistenza umana. Maria risponde consegnandoci l’arte dell’ascolto, dello stupore colmo di domande, e dell’accoglienza. Maria ci viene presentata come modello di fede che si traduce in servizio.

L’autenticità anche della nostra fede non privilegia più, ormai, soltanto i momenti religiosi, ma si esprime nella vita reale, affrontata con uno spirito di servizio fraterno e di solidarietà. Possiamo veramente dire con il Profeta Isaia che “vera religione è essere attenti agli altri, mostrare loro comprensione e amore, fermarsi accanto all’uomo che soffre e offrirgli la nostra simpatia e il nostro aiuto, dividere il pane con l’affamato, dare ospitalità ai senza tetto, sconfiggere la prepotenza e l’oppressione”. Tutto questo dà gioia.

L’angelo non dice a Maria e non dice a noi oggi: prega, inginocchiati, fa’ questo o quello. Ma semplicemente: se vuoi aprirti alla gioia devi aprirti generosamente a Dio con un sì libero e senza tentennamenti e poi aprirti agli altri.

Allora quel sei piena di grazia, sei riempita di Dio, Dio si è chinato su di te, si è innamorato di te, si è dato a te e ti ha riempita di luce. Ora hai un nome nuovo: Amata-per-sempre. Teneramente, liberamente.

E’ tutto vero anche per ciascuno di noi! Quel suo nome è anche il nostro: buoni e meno buoni, ognuno amato per sempre. Piccoli o grandi, ognuno riempito di cielo. Come Maria, che è “piena di grazia” non perché ha risposto “sì” a Dio, ma perché Dio per primo le ha detto “sì”. E dice “sì” a ciascuno di noi, prima di qualsiasi nostra risposta. Perché la grazia sia grazia e non merito o calcolo. Dio non si merita, si accoglie.

Il Natale del Signore che ci stiamo apprestando a celebrare e a gustare ci carica anche di una responsabilità non indifferente: Dio ci cerca! E noi, cristiani, abbiamo il dovere di aiutare il Signore ad incarnarsi e ad abitare questo mondo, prendendoci cura – ecco la responsabilità – della sua parola, dei suoi sogni, del suo vangelo.

No, amici, non siamo noi a conquistare Dio con il nostro buonismo natalizio… è Lui lì per ciascuno di noi, è Lui il dono da accogliere. Se in questo Natale sappiamo cercarlo nella fedeltà a Lui e nella fedeltà all’uomo che incontriamo nella quotidianità, scopriremo che Lui ci ha già trovati e allora sarà veramente un buon Natale.

Arriviamo a quella Culla e ripartiamo da essa per compiere quella “rivoluzione” che il Signore ci domanda e che testimonia che il Natale non è una bella favola o una festività diversa dalle altre, ma una un evento che cambia radicalmente l’esistenza.

don Danilo Marin