LA PAROLA DI DIO - DOMENICA XXXII DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B

Gesti che ci costino qualcosa

LETTURE:  1 Re 17,10-16; Sal 145; Eb 9,24-28; Mc 12,38-44

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Il brano del Vangelo di Marco che la Liturgia di questa domenica ci propone è la conclusione di un capitolo nel quale Gesù, ormai negli ultimi giorni della sua vita terrena, nella zona del tempio di Gerusalemme, viene sottoposto ad una serie di domande da parte di diversi gruppi di persone autorevoli, scribi, farisei ed erodiani, sadducei che andavano a lui con l’intento di cercare qualche appiglio per coglierlo in fallo.

Gesù, in maniera perentoria, dice: “guardatevi dagli scribi che amano passeggiare in ampie vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti” (v. 38). Guardatevi, in altre parole, da quelli che “amano” soprattutto la visibilità, lo spettacolo, l’immagine. Quelli che cercano di farsi vedere e di far valere la loro posizione di superiorità: il loro comportamento è il trionfo dell’esteriorità, il primato dell’apparire. E ancora: guardatevi pure da quei scribi che divorano le case delle vedove usando come pretesto le lunghe preghiere (v. 40).

Ma ecco che dopo questa dura denuncia contro il comportamento ipocrita degli scribi, viene presentato un fatto concreto che diventa esemplare. Due atteggiamenti esattamente opposti: da una parte le persone ricche che vivono con formalismo e compiacimento la propria fede, il proprio dare e dall’altra la scelta del nascondimento vissuto nel profondo del cuore.

Gesù diventa un fine osservatore delle persone che salgono al tempio e vede dei ricchi che gettano molte monete nella cassa e una vedova che getta due spiccioli, una miseria al confronto. Ma Gesù sa che quella vedova aveva dato tutto quello che aveva, mentre gli altri avevano offerto il superfluo, aveva dato, cioè, tutto ciò che aveva per vivere.

Ed è a questo punto che Gesù chiama a sé i suoi discepoli e, in fondo, chiama anche ciascuno di noi per spiegare il significato profondo del gesto della donna e per invitarci a cogliere il valore esemplare del comportamento della stessa. Per i suoi discepoli è l’ultima chiamata prima dell’epilogo della sua vita. A loro e a noi il Signore rivolge parole solenni: “In verità io vi dico”, insegnandoci a osservare e a guardare oltre. L’offerta di quella donna è, in fondo, un vero e proprio olocausto, un dono totale… il tutto quanto aveva per vivere equivale alla sua vita.

Ebbene Gesù, osservando quello che fa quella vedova, ci fa capire che i gesti che compiamo devono nascere dal cuore e non per farci vedere e apprezzare; inoltre questi gesti devono costarci qualcosa: donare il superfluo è in fondo facile, ma quello che Dio vuole da noi è che gli doniamo tutto il cuore, non importa quanto sia grande.

Capiamo che questo insegnamento è molto duro da mettere in pratica perché non consente molti aggiustamenti.

Quella vedova, si può dire, diventa il modello del discepolo libero e coraggioso che si mette nelle mani di Dio, unico vero tesoro.

La vita cristiana, sembra dirci Gesù, è la vita di chi si svuota completamente per Dio, donando tutto, senza trattenere per sé. Noi, talvolta, siamo soliti dare a Dio le briciole, gli avanzi… oppure lo scarto del nostro tempo. L’uomo che conta solo su di sé, sicuro del suo potere e delle sue ricchezze, che sembrano garantirgli fama, felicità e sicurezza indistruttibili, è, in realtà, un uomo solo con le sue illusioni; gli manca la ricchezza più grande: l’amicizia con Dio e l’amore disinteressato verso il prossimo.

Al contrario, l’umile, il povero, che sa bene quanto grande sia il suo bisogno, la sua indigenza, e non solo quella economica, non può che affidarsi totalmente a Dio, e donarsi a Lui, senza riserve, e con Lui vivere, come la vedova dei due spiccioli versati nel tesoro.

 don Danilo Marin