PAROLA DI DIO - XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B

La vera grandezza sta nel rimanere piccoli

LETTURE: Is 53,2a.3a.10-11; Sal 32; Eb 4.14-16; Mc 10,35-45

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Il messaggio del Vangelo di oggi (Mc, 35-45), parte da una richiesta dei figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, una richiesta che rappresenta ancora una volta uno scivolone da parte di coloro che il Signore aveva chiamato a sé, i suoi amici più intimi. Ecco la richiesta: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”. E Gesù stupito, li guardò: “Cosa volete che io faccia per voi?” Loro, con faccia tosta, diremmo noi oggi: “Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra” (vv. 35-37).

Gesù stava camminando decisamente verso Gerusalemme e aveva annunciato, per la terza volta e in maniera sempre più particolareggiata (Mc 10, 32–34), il modo, attraverso il quale, intendeva portare a compimento l’ ‘ora’ della sua Passione e morte in croce, senza lasciare spazio a incertezze e a compromessi. I discepoli, invece, continuavano a percorrere quello che possiamo definire un cammino parallelo, manifestando chiaramente che erano altri i pensieri che albergavano nella loro mente e nei loro desideri mentre seguivano il Maestro. Domenica scorsa era stato un “tale” ricco a non accettare l’invito di Gesù di abbandonare i suoi beni per seguirlo, oggi sono invece i suoi amici più intimi, coloro che avevano appena ascoltato l’annuncio della Passione a volersi assicurare un futuro diverso da come lo stava prospettando Gesù.

Fa dunque un certo effetto ascoltare i figli di Zebedeo chiedere a Gesù di sedergli a fianco nella sua ‘gloria’, incapaci di comprendere, nonostante i ripetuti richiami di Gesù, che non è tanto il potere ad essere perseguito, ma la sequela. Sorprendentemente Gesù non rimprovera, addirittura non si scandalizza della richiesta sfacciata dei due e con pazienza continua ad insegnare loro.

La catechesi rivolta ai discepoli, in realtà, è rivolta a ciascuno di noi che ci scontriamo con lo scandalo della croce e siamo tentati di volgere sguardo e pensieri altrove perché seguire Lui comporta un radicale capovolgimento della logica del mondo: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti” (vv. 42-44).

E’ proprio alla luce di questi insegnamenti e, soprattutto, alla luce della sua vicenda che impariamo che lo stile del cristiano deve essere improntato, unicamente, sulla logica della gratuità, del perdersi, del donarsi, del ‘chicco di grano’ che deve cadere nel terreno e marcire per produrre frutto. Lo stile, cioè, del regno di Dio non è nella logica umana del prevalere, dell’essere i primi, ma nello stile dell’umile servizio.  Gesù, contro questa smania di essere grandi, ribadisce ancora una volta, che la vera grandezza sta nel rimanere piccoli. Al desiderio di potenza e di dominio oppone la necessità del servizio che Lui per primo ha praticato nella sua vita.

Il Vangelo ci dice che non è proibito volere essere grandi e primi; l’importante è che, se si vuole essere grandi e primi, dobbiamo farci piccoli e umili. Sembra paradossale tutto questo, ma è esattamente quello che il vangelo ci chiede, perché la Chiesa possa essere veramente quel luogo dove sono “beati i poveri in spirito” e non i ricchi, dove sono “beati i miti” e non i prepotenti, dove sono “beati i misericordiosi” e non i duri di cuore (Mt 5, 3.5.7).

La spiegazione di questo capovolgimento la troviamo nell’ultimo versetto del vangelo di oggi: “Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita come riscatto per tutti” (v. 45). Gesù insegna la strada di un amore che non fa riserve di sé, di una dedizione totale e incondizionata, di una vita ritrovata in pienezza perché donata con abbondanza e per tutti.

Che la grandezza consista in questo lo si comprende anche dal fatto che il giorno prima di morire, quando i discepoli erano a tavola, ha cominciato a lavare i piedi uno dopo l’altro, dicendo: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (Gv 13, 14).

don Danilo Marin