PAROLA DI DIO -  XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B

Gesù vuole arrivare dritto al nostro cuore

LETTURE:  Is 50,5-9a; Sal 114; Gc 2,14-18; Mc 8,27-35

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Il brano di oggi è al centro del Vangelo di Marco (Mc 8, 27-35). Esso ruota attorno alla domanda che Gesù pone: “La gente chi dice che io sia?”, “Voi chi dite che io sia?”.

Gesù, dopo aver operato dei ‘segni’, la moltiplicazione dei pani, la guarigione del sordomuto e tante altre guarigioni vuole sapere dalla gente e dai discepoli, chi sia per loro. I giudizi sono diversi, ma emerge una figura importante, un grande, un profeta, ma non il Cristo, il Figlio di Dio.

È solo davanti alla domanda rivolta direttamente agli apostoli, che vi è la pronta e bella risposta di Pietro: “Tu sei il Cristo”.

Gesù non si è fermato all’impressione generica della gente, di quanti, cioè, lo cercavano e lo ascoltavano, ma spinge coloro che sono i più vicini a lui ad una presa di coscienza profonda e chiara sulla sua persona, sulla sua opera e sulla sua missione.

Possiamo dire che in questa domanda di Gesù troviamo il tema dominante non solo del vangelo di questa domenica, ma di tutta la nostra vita.

A ciascuno di noi viene chiesto: io, come sento e vivo la presenza di Gesù? Come mi accosto a Lui? Chi è veramente per me?

Questa è la domanda fondamentale del Vangelo.

Possiamo veramente dire che tutta la nostra vita cristiana ce la giochiamo qui.

È fondamentale tutto questo perché non si tratta di aderire ad una verità, ma ad una persona: Gesù Cristo che subito dopo essere stato riconosciuto da Pietro a nome anche degli altri apostoli, annuncia la sua passione e morte in croce. “E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto […], venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere” (v. 31).

Ecco allora che la professione di fede che certamente è presente nella nostra vita di cristiani passa inevitabilmente attraverso il cammino della croce. Gesù, proprio perché lo riconosciamo come il Cristo, sconvolge tutti i nostri piani per proporci il modo autentico e difficile di essere cristiani: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (v. 34).

È chiaro l’invito di Gesù a portare la croce quotidiana. Non una croce in più, ma quella che già possediamo e che la vita ci mette sulle nostre spalle giorno per giorno, momento per momento e ci è facile pensare ai drammi piccoli o grandi dell’esistenza, alle fatiche dei rapporti in famiglia, alla malattia e alla perdita di persone care, al perché del dolore innocente, alle tragedie che hanno funestato anche la nostra nazione in questi ultimi tempi, ai problemi economici che ci attanagliano…

La domanda con cui si apre il Vangelo di oggi, non è una domanda retorica, Gesù non la rivolge per curiosità e neppure per cercare delle risposte particolari o originali perché lui sa benissimo chi è.

Siamo noi, invece, che abbiamo il dovere di capire di più e meglio chi Lui sia per noi.

Infatti le domande di Gesù nel Vangelo hanno davvero una funzione molto importante, non sono le domande che un tempo trovavamo nel catechismo, ma sono come scintille che accendono qualcosa e mettono in moto trasformazioni impensate.

È facile dare risposte scontate alla domanda di Gesù. Tutti conosciamo la grandezza di Gesù, ma la riduciamo a qualcosa di già noto e conosciuto, non riusciamo a cogliere la sua novità per cui ci chiudiamo in una fede tante volte stanca e ripetitiva.

Gesù, per fortuna, non si accontenta di smascherare la folla, vuole arrivare dritto al nostro cuore e ci domanda: “Ma voi, chi dite che io sia?”.

Possiamo dire che: “Le sue domande assomigliano di più alle domande che si fanno gli innamorati: chi sono io per te? E l’altro risponde: sei la mia donna, il mio uomo, il mio amore, la mia vita.

Voi, ci dice Gesù, miei amici, che io ho scelto uno per uno, chi sono per voi? Ciò che Gesù vuole sapere dai discepoli di sempre e quindi da ciascuno di noi è se siamo innamorati di lui, se gli abbiamo aperto il cuore. Cristo è vivo solo se è vivo dentro di noi” (E. Ronchi).

don Danilo Marin