Donada

L’addio della diocesi al geometra della curia Luca Mancin

Un saluto corale

Luca-Mancin-Tombola
Facebooktwitterpinterestmail

Chiesa letteralmente gremita sabato 14 luglio a Donada per l’ultimo saluto della città di Porto Viro, della parrocchia di Donada e dell’intera diocesi al geom. Luca Mancin, morto improvvisamente martedì 10 luglio mentre partecipava alla festa della Pro Loco di cui faceva parte. La messa esequiale era presieduta dal vescovo diocesano mons. Adriano Tessarollo, concelebranti l’arcivescovo già di Gorizia Dino De Antoni, il vicario generale mons. Zenna, il parroco don Renato e una quarantina di altri sacerdoti provenienti da tutte le parrocchie della diocesi. In chiesa, oltre alla mamma e ai familiari, il sindaco e altre autorità di Porto Viro e alcuni sindaci del territorio polesano (Rosolina, Loreo e Pettorazza Grimani), insieme a moltissimi fedeli, molti anche provenienti da Chioggia (in particolare i colleghi della Curia e i rappresentanti di vari studi e ditte) e da altre zone della diocesi.

Al termine il vicario generale ha ricordato molte altre adesioni al lutto della famiglia e della diocesi provenienti da autorità civili e religiose. Luca, infatti, aveva intrattenuto rapporti di lavoro e di collaborazione con moltissime persone e si era dedicato alla cura e ristrutturazione delle opere della Chiesa in tutto il nostro territorio, da Pellestrina a Chioggia-Sottomarina e frazioni, al cavarzerano e a tutto il Polesine. Il vescovo, all’inizio del rito, ha detto: “Caro Luca, questa celebrazione non è come quelle delle altre volte, quando, dopo aver preparato tutto, ti mettevi in un angolo… Questa volta sei proprio al centro della chiesa: ti accompagniamo con l’affetto e con la preghiera verso la tua dimora presso il Signore”. Commentando poi il brano di vangelo che ricordava la parabola dei talenti, il vescovo ha rivolto un ringraziamento al Signore per i tanti doni elargiti a Luca e un grazie commosso a Luca per aver fatto fruttificare al massimo quei “cinque” talenti ricevuti, mettendoli al servizio della famiglia, del paese, della comunità parrocchiale che tanto ha amato, di tutte le nostre le parrocchie e di tutta la diocesi che ha servito con passione, competenza, intelligenza e dedizione. Commozione in chiesa anche durante la proclamazione delle letture e durante tutta la celebrazione fino ad un saluto corale di tutta l’assemblea a conclusione del rito. Anche i sacerdoti hanno espresso il loro grazie cantando come corale commiato l’antifona gregoriana “In paradisum”. La liturgia è stata animata con intensa partecipazione dal coro parrocchiale; moltissimi fedeli hanno partecipato alla comunione eucaristica.

(Vito)

L’omelia pronunciata dal vescovo Adriano durante il rito di commiato

Luca, “servo buono e fedele”

Carissimi amici e fedeli qui convenuti, primi fra tutti i familiari di Luca Mancin, siamo qui a condividere la perdita di un figlio, di un fratello o familiare, di un amico, di una persona che ha fatto della sua vita un dono aperto a più realtà: alla famiglia, alla comunità civile e parrocchiale di Donada, alla nostra Chiesa diocesana. Ma, oltre a condividere il dolore e lo sconcerto per la perdita improvvisa di Luca, siamo qui a condividere il ringraziamento e la speranza che viene dalla fede. Innanzitutto il ringraziamento, che va per primo a Dio per i grandi doni che ha fatto a Luca e attraverso di lui a tutti noi. Ascoltando la pagina del vangelo dobbiamo proprio riconoscere che il Signore gli ha dato i ‘cinque talenti’. E la sua mancanza improvvisa ci farà riconoscere ancora di più quali e quanti siano stati i doni datigli dal Signore: affabilità gioiosa, franchezza schietta e talvolta forte, disponibilità pronta e generosa, intelligenza intuitiva, capacità organizzativa, abilità manuale, saggezza e rettitudine, amore e passione per il bello, e una fede semplice ed essenziale, che, come abbiamo ascoltato dalla prima lettura, era alimentata non da discussioni o teorie, ma nutrita alla parola del Signore, all’insegnamento della Chiesa e testimoniata dalle persone semplici. Il secondo ringraziamento va lui stesso, perché ha messo questi suoi doni a servizio in ogni direzione che gli si presentasse: persone singole, gruppi, istituzioni civili o religiose, caritative, principalmente certo la sua parrocchia e tutte le sue realtà, la chiesa e le sue opere parrocchiali (fra queste certo la scuola materna), la Pro loco… . Ma da parecchi anni tutta la realtà dei beni religiosi e culturali della nostra diocesi lo ha visto generoso e intelligente protagonista nella loro conservazione, protagonista con fattiva e attiva collaborazione con chi preposto a queste realtà. Il terzo ringraziamento va alla famiglia e specialmente alla mamma: possiamo dire che ce lo ha donato con disponibilità e umiltà, sapendolo attendere sempre con tanta bontà quando magari usciva e rientrava tardi, per tutti i suoi impegni non solo di lavoro ma molto spesso di generoso volontariato. Anche in casa dedicava spesso il suo tempo, la sua passione e abilità per la conservazione di tanti beni artistici e culturali. Ricorro, con una certa fatica, alle parole di sant’Agostino: “Signore, non ti chiediamo perché ce l’hai tolto, ma ti ringraziamo per il tempo che ce l’hai donato!”. Ma dicevo all’inizio che siamo qui a celebrare la speranza cristiana. Abbiamo ascoltato dal Vangelo: “Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. A noi sembra che il Signore sia tornato troppo presto a regolare i conti con Luca, non ‘dopo molto tempo’. Lo avremmo voluto ancora dell’altro tempo a far fruttare i suoi ‘cinque talenti’ tra noi e per noi. Ma ci rimettiamo, Signore, al tuo giudizio e ti preghiamo perché tu accolga Luca con le parole che Gesù stesso ci ha detto: “Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Luca carissimo, aggiungiamo la nostra preghiera perché tu possa ora prendere parte alla gioia del tuo Signore in cui hai creduto con semplicità e che hai servito mettendo a frutto con grande generosità verso tante persone i doni di cui il Signore ti ha fornito. Il Signore ti renda ora partecipe della sua gioia e della sua pace.

+ Adriano

Luca

Cominciammo a lavorare insieme durante l’allestimento del Museo diocesano nel 2001, consapevoli che con il Museo la Diocesi si appropriava in forma visibile della sua storia. E Luca manifestò da subito la sua innata propensione verso l’arte. Si dedicava a pulire la suppellettile liturgica e a ordinare i dipinti con quella passione che è linfa vitale di ogni artista. Dove passava il suo occhio, c’era spesso qualcosa da migliorare; e quello che era sfiorato dalle sue mani usciva con l’impronta della nitidezza e dell’eleganza. L’architetto Claudio Rebeschini, capo allestitore, lo notò subito tra i membri dell’équipe e lo tenne in molti casi come consigliere. Trattava le opere d’arte come avessero un’anima: le osservava e immediatamente ne intravvedeva l’originaria bellezza. Con abilità unica sapeva assestare antifonari, pulire dipinti, rigenerare cornici, riportare al primitivo splendore i vasi sacri: si capiva che il suo obiettivo era di riscattare le testimonianze artistiche dal vecchiume per farne brillare la vetustà. Sapeva trattare con proprietà metalli, legni, tessuti, marmo, avorio, creta, carta antica. Dopo l’allestimento vennero le ricognizioni scientifiche (sulle reliquie insigni dei Patroni della Diocesi e sui cimeli dell’apparizione mariana al lido di Sottomarina), che il Museo diocesano effettuò in collaborazione con Istituti culturali di Padova, Lecce, Firenze e poi Milano. E lui non si dava tregua. Allora insegnava ancora nella scuola di Donada, ma dedicava settimanalmente alcuni pomeriggi al Museo, come ne fosse già il conservatore. In seguito, il 1° marzo 2006, fu assunto dalla Curia all’Ufficio Beni Culturali, e subito seguirono le inventariazioni informatiche dei beni artistici della Diocesi. La ricomposizione delle suppellettili a più parti, quali sono le cartegloria della messa tridentina e i messali borchiati, erano per lui quasi una scommessa: a distanza d’anni riconosceva a colpo d’occhio le parti mancanti, che erano trasmigrate e che venivano ritrovate da noi in altre sedi (talvolta distanti decine e decine di chilometri); e ricomponeva il tutto a regola d’arte. Raramente trovava tempo da dedicare alla civiltà dello spettacolo; per lo più i suoi dopo-cena erano un dialogo immediato con le cose di chiesa: attendeva alla pulitura e al riordino di piccoli capolavori, che poi consegnava ai rispettivi parroci, ai conventi o al Museo, senza nulla chiedere, accettando solo il misero rimborso dei prodotti usati per la sistemazione. Era sufficiente per lui godere che in quella chiesa, in quella cappellina, in quelle teche museali brillassero opere ripristinate a dovere. Il contatto manuale con l’opera d’arte aveva in Luca effetto distensivo, gratificante, terapeutico. Tuttavia non faceva l’eremita; era estroverso e dotato di naturale inclinazione all’affabilità premurosa: il pasto di mezzogiorno, consumato alla mensa sacerdotale del Seminario, aveva sempre, per lui, il sapore della fraternità. E sapeva pure sistemare serrature riottose, riavviare ingranaggi ossidati, creare allestimenti per le feste patronali o giubilari. Dire Luca voleva dire l’uomo talentoso dalle mani e dal cuore d’oro, fertile d’idee e di progetti. Quando l’area di azione si estese anche al settore dell’Edilizia di Culto, mostrò la sua abilità nel tessere rapporti fattivi con ditte e maestranze, con Soprintendenze, parroci e amministrazioni comunali. Aveva una grande capacità d’intuire i problemi presenti negli edifici ammalorati (talvolta a causa di un tipo di riscaldamento improvvido); ne ipotizzava le soluzioni che poi maturava con gli addetti ai lavori: ingegneri, architetti, idraulici, esperti del settore tecnologico. E, cosa rimarchevole, ricordava esattamente procedure e tempistica da rispettare con le Soprintendenze, con la CEI, con Regione, Comuni e Fondazioni. Da subito ebbe consapevolezza che prima di agire occorresse anche un’ampia copertura informativa, perciò più volte mobilitava alcuni di noi alle ricerche. E comunque, prima di mettere mano ai restauri si rendeva disponibile, nei Consigli economico-pastorali parrocchiali, a rendere consapevoli anche le rispettive comunità della bella eredità lasciataci dalla storia e della necessità di non tradirla. Possedeva il quadro generale delle urgenze di ristrutturazione e di restauro in Diocesi. Seguiva i cantieri – spesso di prima mattina – sapendo che poi fioccavano le telefonate, che gli avrebbero reso meno agevole l’ispezione dei lavori in corso e la messa in essere delle strategie organizzative, soprattutto l’interconnessione tra i vari tipi di maestranze (muratori, idraulici, elettricisti…). Non mi è mai capitato di vederlo leccare la polvere della difficoltà: dotato di acume nel risolvere i casi complessi, in breve approdava alla conclusione più plausibile. Abile nel rapportarsi con le istituzioni civili ed ecclesiastiche, agiva sempre in piena sintonia con il vescovo e l’Ufficio amministrativo della diocesi. Si è dedicato a tutto con viva passione, immedesimandosi con i problemi dell’assetto delle nostre realtà museali e di edilizia sacra. Eccellenza e raffinatezza artistica sono state la sua misura, non tanto nel dire quanto nel fare; aristocrazia spirituale la sua musa. Per molti di noi Luca resta come una gemma, rubata dalla furia del tempo e trasportata nella sfera superiore, dove le stelle hanno bisogno d’infittirsi per continuare a sorridere sulla nostra fragile umanità.

G. Marangon

A Luca, amico carissimo

Il canto solenne della Liturgia delle Ore della festa di San Benedetto che avevo iniziato con i tre Notturni alle ore 3.30 del mattino e avevo continuato con le Lodi e la Messa alle 7.15 ha avuto una forte battuta d’arresto verso le ore 8.45 quando una chat di don Francesco mi ha gelato il sangue. “Ieri sera durante la festa della Pro Loco il cuore di Luca Mancin ha cessato di battere. Siamo sconvolti. Portalo nella preghiera”. Il canto di Terza si è riempito di sgomento, di lacrime, di ricordi e di incredulità; a pelle di non accettazione di quanto era accaduto.

Davanti all’immagine della Madonna di Lourdes da Luca restaurata e ridipinta due anni fa (che la gente dice che adesso sorride e sembra viva) continuavo a ripetermi dentro: “Perché, Signore? Perché?”. E qui i Salmi diventano medicina che conforta e la Parola di Dio, pane che sostiene. Una amicizia bella al superlativo quella con Luca, iniziata ancor prima del suo servizio a tempo pieno in Curia. In modo spontaneo e genuino. Si erano incontrate le sue mani d’oro e la sua mente acuta e tenace col mio compito (da una vita!) di cerimoniere del Vescovo. Luca… il pastorale da lucidare, la mitria da sistemare, quella che potresti dipingere per il Giubileo del Millennio e anche la casula solenne; pensa ad un armadio per i paramenti personali del Vescovo quando celebra in Cattedrale; tirami fuori il Crocifisso d’argento e i candelieri per la festa dei Santi Patroni e non dimenticarti del reliquiario dei Santi, ed è meglio che sia tu a pulire le nuove ampolle vicariali degli Oli Santi … e via … e lui sempre sì, con entusiasmo e generosità sorprendenti. A tutte le ore! Mandami pure se vuoi … ero solito dirgli … ma ascoltami! E lui rideva. Non posso dimenticare il restauro del mio Eremo della Pace nel sopra sacrestia della chiesa di san Francesco. Una topaia … diventata un gioiello. Da lui studiato nei dettagli e supervisionato quasi tutti i giorni durante il lavoro. Con la cappella-coro monastico che guarda da sopra sul Tabernacolo e la cantoria con le volte sul soffitto per i tempi più caldi dell’Ufficio con in alto il grande finestrone a vetri speciali dove nelle notti di luna pieni si possono cantare i Notturni con la sola tenue luce dell’astro celeste.

Ti porterò nel cuore e nella preghiera con infinita gratitudine e tutto continuerà a parlarmi di te, con la certezza che continuerai a suggerirmi cose belle. A Gesù batti una spalla e digli: “E adesso nella pausa estiva chi pulirà a padre Cesare il grande ostensorio dell’adorazione eucaristica … visto che in questi giorni, guarito dall’intervento al piede me lo doveva portare? Grazie, Luca, di tutto. Un forte abbraccio. In paradisum deducant te angeli… Te lo meritavi il canto solenne con la melodia gregoriana, privilegio che riservo ai soli confratelli preti. Perché sei di famiglia, per dirti insieme a loro grazie e perché talvolta, pur sopportandoci, ci hai sempre e comunque voluto un sacco di bene. Anche noi. A Dio.

P. Cesare di Gesù nostra Pace monaco-eremita di città

 

Nuova Scintilla n.29 – 22 luglio 2018