Il costo di una vita

Zenna-Francesco
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SGUARDO PASTORALE

Il costo di una vita

Mezzo milione di euro, sentenzia un giudice, non per salvare una vita ma per non aver messo la mamma nella possibilità di sopprimerla. La notizia è di inizio settimana e riguarda un fatto accaduto dieci anni fa presso l’ospedale di Portogruaro. Un ginecologo ha ritenuto inutile sottoporre la gestante all’amniocentesi, indagine prenatale invasiva e non priva di rischi, e il bimbo è nato affetto da una malformazione genetica, la sindrome di down. La sentenza condanna l’Ulss per omessa informazione ed errore medico. Ricordo l’emozione che accompagnava la nascita di un figlio quando non si ricorreva all’ecografia nemmeno per conoscere il sesso del nascituro. Ricordo la testimonianza di genitori felici di mettersi a servizio di una creatura anche se portatrice di handicap. Ricordo la disponibilità ad accogliere più figli senza doversi quasi giustificare davanti all’opinione pubblica. Allora la vita era ritenuta un dono, il suo valore proporzionale all’amore di cui era frutto e portatrice, il suo decorso un mistero davanti al quale sostare con stupore e partecipazione.

La cultura di oggi ritiene che essa sia un diritto, un possesso, un vantaggio, per cui deve corrispondere a determinati criteri e non impegnare eccessivamente sul piano del dovere, della dedizione, del sacrificio. Purtroppo ci siamo assuefatti e rischiamo, anche nel nostro contesto pastorale, di adeguarci nelle logiche e nel linguaggio. Il discorso merita un po’ di attenzione per non correre il rischio di annacquare il vino buono dell’annuncio evangelico con i luoghi comuni di una sensibilità materialista ed edonista. Parlando della gioia dell’amore, Papa Francesco sottolinea una delle sue caratteristiche fondamentali, che è la fecondità: “L’amore dà sempre vita. Per questo, l’amore coniugale non si esaurisce all’interno della coppia. I coniugi, mentre si donano tra loro, donano al di là di se stessi la realtà del figlio, riflesso vivente del loro amore, segno permanente della unità coniugale e sintesi viva ed indissociabile del loro essere padre e madre”. Se separi la trasmissione della vita dall’amore, essa risulterà comprensibile solo a determinate condizioni. Vale la pena appropriarci di quanto scrive il Papa nel n. 166 di Amoris Laetitia: “La famiglia è l’ambito non solo della generazione, ma anche dell’accoglienza della vita che arriva come dono di Dio. Ogni nuova vita «ci permette di scoprire la dimensione più gratuita dell’amore, che non finisce mai di stupirci. È la bellezza di essere amati prima: i figli sono amati prima che arrivino». Questo riflette il primato dell’amore di Dio che prende sempre l’iniziativa, perché i figli «sono amati prima di aver fatto qualsiasi cosa per meritarlo». Tuttavia, «tanti bambini fin dall’inizio sono rifiutati, abbandonati, derubati della loro infanzia e del loro futuro. Qualcuno osa dire, quasi per giustificarsi, che è stato un errore farli venire al mondo. Questo è vergognoso! […] Che ne facciamo delle solenni dichiarazioni dei diritti dell’uomo e dei diritti del bambino, se poi puniamo i bambini per gli errori degli adulti?». Se un bambino viene al mondo in circostanze non desiderate, i genitori o gli altri membri della famiglia, devono fare tutto il possibile per accettarlo come dono di Dio e per assumere la responsabilità di accoglierlo con apertura e affetto. Perché «quando si tratta dei bambini che vengono al mondo, nessun sacrificio degli adulti sarà giudicato troppo costoso o troppo grande, pur di evitare che un bambino pensi di essere uno sbaglio, di non valere niente e di essere abbandonato alle ferite della vita e alla prepotenza degli uomini». Il dono di un nuovo figlio che il Signore affida a papà e mamma ha inizio con l’accoglienza, prosegue con la custodia lungo la vita terrena e ha come destino finale la gioia della vita eterna. Uno sguardo sereno verso il compimento ultimo della persona umana renderà i genitori ancora più consapevoli del prezioso dono loro affidato: ad essi infatti Dio concede di scegliere il nome col quale Egli chiamerà ogni suo figlio per l’eternità”. Quel bambino di Portogruaro avrà un’indennità che gli permetterà di affrontare i disagi della vita; speriamo che non debba soffrire nell’identità, sapendo di essere frutto di uno sbaglio.

don Francesco Zenna

 

Nuova Scintilla n.27 – 8 luglio 2018