Il vero martirio

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SGUARDO PASTORALE

Il vero martirio

Papa Francesco inizia la sua ultima Esortazione apostolica “sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo” citando il cap. 5 del vangelo di Matteo, nel punto preciso in cui, a conclusione del Discorso della montagna, Gesù invita a rallegrarsi ed esultare. “Rallegratevi ed esultate” è il titolo stesso dell’Esortazione. Lo dice a coloro che sono perseguitati e umiliati a causa sua. “Il Signore – afferma il Papa – chiede tutto e quello che offre è la vita, la felicità, per la quale siamo stati creati. Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esperienza mediocre, annacquata, inconsistente”.

Cosa significa oggi? L’esortazione apostolica vuole rispondere proprio a questo interrogativo, e in quell’ “oggi” si figura i rischi e le sfide cui è sottoposta la vita cristiana nel contesto attuale, e intravede sempre nuove opportunità con cui dare testimonianza a Cristo.

Il rischio principale è quello di riporre la propria sicurezza nei beni materiali, di legare ad essi il senso della propria esistenza. Per cui la santità consiste nel riporre la propria fiducia nel Signore, anche quando ci si trova nella sofferenza e nel dolore.

La sfida più impegnativa invece è quella di adoperarsi con tutti i mezzi a propria disposizione per la giustizia e per la pace, perché questa è la volontà di Dio e l’estrema esigenza di questo nostro tempo, segnato dall’egemonia delle potenze militari e dalla bramosia insaziabile dei poteri economici e finanziari.

Le nuove opportunità sono la misericordia e la purezza di cuore. È tempo di misericordia, nel suo duplice aspetto, quello dell’aiuto, del servizio e quello del perdono e della compassione. La misericordia si contrappone infatti all’indifferenza e al giudizio, apre all’accoglienza, al rispetto, all’integrazione.

C’è bisogno di purezza. È puro chi ha il cuore semplice, senza sporcizia e non lascia entrare niente nella propria vita che minacci l’amore, che lo indebolisca o lo ponga in pericolo.

È ancora possibile, allora, anzi è necessario tendere alla santità. Ma, come Gesù stesso sottolinea, questo cammino “va controcorrente fino al punto da farci diventare persone che con la propria vita mettono in discussione la società, persone che danno fastidio”. Quanta gente è stata ed è ancora perseguitata “semplicemente per aver lottato per la giustizia, per aver vissuto coerentemente i propri impegni con Dio e con gli altri”. Per vivere il Vangelo – afferma il Papa – “non si può aspettare che tutto intorno a noi sia favorevole, perché molte volte le ambizioni del potere e gli interessi mondani giocano contro di noi. (…) In una società alienata, intrappolata in una trama politica, mediatica, economica, culturale e persino religiosa che ostacola l’autentico sviluppo umano e sociale, vivere le Beatitudini diventa difficile e può essere addirittura una cosa mal vista, sospetta, ridicolizzata”. “Le persecuzioni non sono una realtà del passato, perché anche oggi le soffriamo, sia in maniera cruenta, come tanti martiri contemporanei, sia in modo più sottile, attraverso calunnie e falsità”.

Ed è a questo punto che il culto dei martiri ha una sua attualità, che lo sguardo va rivolto alla croce, per educarci al martirio e al suo vero significato. Anche i kamikaze, che dicono di agire nel nome del Profeta, si definiscono “martiri” e affermano di essere disposti al “martirio”, anzi di cercarlo. I kamikaze non sono martiri, nemmeno per larghissima parte dell’Islam. Il martire è tutt’altra cosa: è sempre disarmato; ama, non odia; non si toglie la vita, ma la dona; è incapace di qualsiasi violenza; non cerca il martirio ma, se costretto, è disposto a subirlo. La sua testimonianza è mite e pacifica: estingue l’odio con il perdono. Il modello del vero martirio è Cristo, che, come ci insegna l’apostolo Paolo, ci attrae a sé sulla croce e nella gloria: “Sono stato crocifisso con Cristo…” ed ora Egli “vive in me”. A lui fa eco Pietro, che nella sua Prima Lettera esorta i credenti a non stupirsi “per l’incendio di persecuzione” che si è acceso in mezzo a loro. “Ma – scrive – nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare”.

don Francesco Zenna