I Santi Patroni e la testimonianza oggi nella santità di vita.

Santi-2018
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L’OMELIA DEL VESCOVO NELLA FESTA DEI SANTI E PER L’ORDINAZIONE DIACONALE

I Santi Patroni e la testimonianza oggi nella santità di vita.

Vogliamo comprendere la testimonianza dei nostri santi Patroni, Felice e Fortunato alla luce della Parola proposta dalla Liturgia propria della loro festa. “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia” (vangelo). La testimonianza radicale delle fede trova oggi, come ai tempi di Gesù, come ai tempi dei nostri santi Patroni, indifferenza, ostilità, disprezzo e violenza. Scrive il papa al n° 65 di “Gaudete et exultate”, intitolato “Controcorrente”: “Nonostante le parole di Gesù possano sembrarci poetiche, tuttavia vanno molto controcorrente rispetto a quanto è abituale, a quanto si fa nella società; e, anche se questo messaggio di Gesù ci attrae, in realtà il mondo ci porta verso un altro stile di vita… lo Spirito Santo ci pervade con tutta la sua potenza e ci libera dalla debolezza dell’egoismo, della pigrizia, dell’orgoglio.

Torniamo ad ascoltare Gesù, con tutto l’amore e il rispetto che merita il Maestro. Permettiamogli di colpirci con le sue parole, di provocarci, di richiamarci a un reale cambiamento di vita. Altrimenti la santità sarà solo parole”. Per vivere in pienezza la testimonianza della fede, dobbiamo dare spazio alla preghiera, come fu l’atteggiamento dei nostri santi Patroni al momento della loro prova ultima, il martirio, raffigurati in ginocchio in preghiera. Ci suggerisce l’apostolo Paolo: “Ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza (resistenza), la pazienza una virtù provata (non atteggiamenti deboli e mutevoli) e la virtù provata la speranza. Quella speranza che non delude (perché ha solide fondamenta), perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato” (seconda lettura). Preghiamo il Signore per vivere “in attesa della sua misericordia, per confidare sempre in Lui, sperare nei suoi benefici, nella felicità eterna”, certi che “il Signore è con noi nell’ora della prova” (prima lettura). Questa è stata la fede che li ha sostenuti nella loro prova, questa è pure la fede che ci sostiene e sosterrà anche noi nelle prove richiesteci in questo nostro tempo.

In questa nostra festa diocesano accogliamo nell’ordine del Diaconato il nostro fratello Cesare Bellemo. Prima di procede all’Ordinazione diaconale desidero che ci soffermiamo brevemente a comprendere il dono che il Signore fa alla nostra Chiesa con la risposta del sig. Cesare Bellemo, risposta che ha deciso di dare alla chiamata del Signore, in accordo e con il sostegno della moglie Cristina (ricordano proprio oggi il 24° anniversario del loro matrimonio) e accolta dalla Chiesa.

A chiunque si chieda cosa sia il diaconato, rispondo che il diaconato è una vocazione che porta alla Ordinazione. In queste due parole è racchiuso il senso più profondo del diaconato quale evento di grazia. Non è importante, anzi è fuorviante, chiedersi: a che cosa serve un diacono? Cosa può fare di diverso da un laico? Cosa non può e non deve fare rispetto al sacerdote? Il diaconato non è una sorta di promozione ecclesiale o un riconoscimento ufficiale per meriti pastorali.

Il diaconato è realtà antica e nuova. Antica perché istituita fin dall’epoca degli apostoli, come testimoniano gli Atti e la Lettera di San Paolo a Timoteo, con il compito di aiutare vescovi e sacerdoti nelle funzioni pastorali e ministeriali. Ma anche nuova perché ripristinata nella Chiesa dopo circa dieci secoli di assenza, con il Concilio Vaticano II. Nella maggior parte dei casi il diacono ‘permanente’ (cioè non ordinato in vista del sacerdozio) è coniugato e ha una sua professione. Egli riceve il sacramento dell’Ordine che lo immette tra i membri del clero, ha una propria veste liturgica, sull’altare ha un posto suo, ha il compito di proclamare il vangelo e di tenere l’omelia, ha l’obbligo di celebrare la liturgia delle ore (preghiera dei salmi) a nome dell’intera Chiesa, può celebrare la liturgia del battesimo, benedire le nozze, accompagnare alla sepoltura i defunti. Ministro di Cristo nella Chiesa a tutti gli effetti, come tutti i cristiani, in forza del loro Battesimo, è chiamato alla santità, vivendo la comune santità battesimale, accogliendo le responsabilità e i compiti che gli sono affidati all’interno della Chiesa con spirito di servizio. Ogni cristiano è chiamato a servire il prossimo nel nome di Cristo, ma il diacono con l’intera sua vita e persona ricorda a tutti che il discepolo di Cristo è chiamato a servire il Signore e i fratelli. Il diacono nella Chiesa richiama l’immagine viva del Cristo che serve, del Cristo che si fa vicino a chiunque è nel bisogno, annuncia la Parola di Dio e offre una chiara testimonianza di carità. Il servizio reso nel nome del Signore sarà per il diacono la via maestra della sua santificazione e sarà strumento autorevole di una Chiesa evangelizzatrice e luogo della comunione e della carità, partecipe dell’impegno comune di portare il Vangelo a tanta gente vicina e lontana che incontrerà nell’esercizio della sua professione e della sua vita familiare e sociale. L’augurio che questo ministero torni a rivivere anche nella nostra Chiesa di Chioggia, come risposta ad una chiamata personale alla santità propria di questo sacramento e ministero e chiamata a partecipare alla missione evangelizzatrice di tutta la Chiesa, attraverso lo specifico servizio all’annuncio, alla preghiera personale e comunitaria a lui affidata e al servizio della carità, e infine con una vita coerente con il Vangelo vissuta nel bel mezzo della sua famiglia, della sua professione e del suo impegno sociale.

(Foto Donaggio)

+ Adriano Tessarollo