Una strada che arriva fino alle Marche

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VEGLIA DI PENTECOSTE 2018

Toccante testimonianza su Piergiorgio Frassati durante la veglia presieduta dal vescovo Adriano

Una strada che arriva fino alle Marche

Le note del ‘Veni, Sancte Spiritus’ proposte dal mitico coro di San Martino (c’è sempre lo zampino di don Sergio…) risuonano nel duomo di Chioggia in una dolce serata di maggio, vigilia di Pentecoste. Per l’occasione sono stati invitati dalla consulta diocesana alcuni amici di San Benedetto del Tronto: Stefano Olivieri con il piccolo Filippo suo figlio e Dacian Horga, giovani seguaci del beato Piergiorgio Frassati. E il primo dono dello Spirito è questo loro lungo viaggio in un sabato che prelude ad una giornata di mare, con le strade già piene di macchine che premono sulle nostre spiagge. “Siamo due giovani tipi loschi” esordisce Stefano “questo è il nome che simpaticamente Piergiorgio dava ai suoi amici universitari. Lui nasce a Torino nel 1901 e muore nel 1925. 24 anni appena dura la vita terrena di questo giovane rampollo di una famiglia importante, decisamente aristocratica: il padre era ambasciatore e fondatore della Stampa, quotidiano di Torino. Piergiorgio fin da piccolo sembrava legato a questo tipo di vita. Non ha fatto cose straordinarie: gli piaceva andare a cavallo, aveva una attrattiva per le arrampicate in montagna, era un fumatore di pipa. Già a 10 anni lui capisce che voleva stare con Gesù tutti i giorni, anche se la madre invece considerava decisamente esagerato questo suo figliolo. Tutto ciò che farà Piergiorgio nella sua breve vita sarà per portare gli altri a Gesù…”.

Si delinea nelle parole di Stefano, accompagnate da alcune belle fotografie del beato che vengono proiettate vicino all’ambone, l’immagine di un bel tipo umano che poteva senz’altro colpire la mente e il cuore di un giovane dell’Azione Cattolica degli anni ‘50. Mio padre Michele infatti mi chiamerà Piergiorgio proprio a causa sua e me lo scriverà nel suo diario. Ma oggi, in questi tempi convulsi e bisognosi di effetti speciali, può un giovane incontrare il Frassati, nelle Marche poi? Qui è decisamente l’azione dello Spirito che agisce attraverso incontri apparentemente fortuiti, come un sacerdote di San Benedetto che aveva studiato a Torino e un altro giovane, Marco, che va a far caritativa in una sua casa di assistenza a San Benedetto e vede la foto del giovane Frassati e chiede informazioni. Poi c’è la biografia scritta da don Primo Soldi: tracce che scaldano ciò che è freddo, piegano ciò che è rigido, irrigano ciò che è arido… Piergiorgio così riparte lì nelle Marche, in una realtà che somiglia molto alla nostra clodiense, con un gruppo di 130 persone che da una trentina di anni cercano di fare la vita che faceva Piergiorgio, compresa la carità nei tuguri. Questa compagnia che è cresciuta nel tempo ha coinvolto tanti aspetti della vita, come Piergiorgio che non volle seguire le fortune del padre per stare vicino ai più poveri anche nella scelta degli studi universitari. Cominciò infatti ingegneria mineraria proprio per stare con i minatori, gli ultimi della terra a quei tempi.

“Anche la nostra compagnia si è allargata nel tempo e ha dato vita a tre cooperative che si occupano di lavoro e di inserimento di persone svantaggiate. Si è dato vita anche alla “Chesterton” una ‘scuola parentale’, cominciata con tre alunni, oggi sono 70 dalle medie alle superiori, divisi tra i più vari indirizzi. Questa cristianità che avvolge tutta la nostra vita ci aiuta a stare insieme: ci incontriamo tutti i mercoledì a dire il rosario, universitari e lavoratori, facciamo catechismo ai più giovani e ai bambini e commentiamo le letture. Poi abbiamo una giornata comune con la messa e la cena. Siamo una cosa sola in tutte le cose che facciamo…”. Niente di straordinario insomma, proprio come Piergiorgio. Dacian, che prenderà la parola subito dopo Stefano, leggerà due testimonianze: quella della tabaccaia che, venuta per puro caso a contatto con questo giovane, passato nella sua bottega per portare un pacco di generi alimentari ad una famiglia povera vicina, sarà colpita da lui fino a ricordare le parole con cui fu invitata ad andare a messa per il suo bambino; e quella di un giovane soldato che promise a Piergiorgio di portare i suoi commilitoni in chiesa e li portò per davvero e una ventina di loro si comunicarono. La morte di Piergiorgio avverrà per una poliomielite fulminante, probabilmente contratta in uno dei tuguri che frequentava per fare la carità, negli stessi giorni in cui la famiglia era al capezzale di una nonna gravemente ammalata. Solo il giorno del funerale di Piergiorgio la famiglia si accorgerà di aver ospitato un santo sotto il proprio tetto…

Il vescovo, mons. Adriano Tessarollo, nel corso della Veglia di Pentecoste, riprenderà la figura del beato Piergiorgio dicendo che lo spirito di Dio è offerto a tutti. Il compimento dell’Incarnazione è frutto della Pasqua e non è solo interiore, può toccare la vita delle persone, delle comunità, della chiesa. Le lingue di fuoco che si posano sulla testa dei suoi fanno sì che ciascuno li udisse parlare nella propria lingua. Questo crea la comunione, il frutto dello spirito di santificazione che ci trasforma. Diventiamo così come Piergiorgio testimoni, testimonianza viva che genera stupore, meraviglia e si concretizza nelle beatitudini. I Santi ne diventano testimoni, operatori di pace, quella pace che costruisce relazioni come è capitato a Piergiorgio. Dunque la Pentecoste è l’invito alla santità nella concretezza dei gesti e dei giorni, una santità che permea la storia anche se di essa il mondo sembra non accorgersi mentre viviamo, ma quando siamo passati, come Cristo, perché resta una traccia vivida che fa dire: qui è passato lo Spirito! Tutti siamo chiamati alla santità.

La veglia, sotto la sapiente regia di don Simone Zocca, si è conclusa con l’Adorazione Eucaristica e con un ringraziamento ai tipi loschi del Beato Piergiorgio Frassati.

Piergiorgio Bighin

 

Nuova Scintilla n.22 – 3 giugno 2018