Tre momenti di azione pastorale

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CATECHESI E COMUNITA’

“Lettera ai cercatori di Dio” (III)

Tre momenti di azione pastorale

Continuando la presentazione del Documento “Lettera ai Cercatori di Dio”, veniamo a cogliere la struttura che sottolinea una prospettiva di azione pastorale che può essere individuata in tre momenti.

1) Ascoltare le domande degli uomini e delle donne del nostro tempo.

“Se non abbiamo ascoltato o ben interpretato le attese di quanti sono alla ricerca di Dio, forse ciò è avvenuto per la nostra eccessiva sicurezza o per la fretta di comunicare quanto ci sta a cuore.” (p. 45). È da queste domande sul senso della vita e della storia, da queste attese e speranze che l’uomo avverte la necessità di aprirsi al trascendente: anche se non in modo consapevole ed esplicito, ogni uomo sente il bisogno di un Qualcuno che dia senso pieno alla sua esistenza e che renda la sua vita degna di essere vissuta. Ogni domanda della I parte della lettera si conclude con una apertura a Dio, con una prospettiva di fede.

Solo dopo aver accolto la disponibilità dell’uomo ad aprirsi a Dio è possibile l’annuncio vero e proprio che si esprime sotto forma di “racconto”.

2) Raccontare l’esperienza che abbiamo fatto e che facciamo di Gesù.

Bisogna, quindi, abbandonare lo stile dell’annuncio fatto di “esposizioni”, “spiegazioni” fredde di dottrine fisse e immutabili per passare ad una forma esperienziale che parta dal soggetto che annuncia: sia animato dall’amore di Dio, lasci trasparire la gioia di essere cristiano, faccia capire che il messaggio che annuncia è significativo e dà senso prima di tutto alla sua vita di credente.

Nella Lettera, infatti, si trasmette il contenuto del messaggio cristiano attraverso l’esperienza di fede dei vescovi, in prima persona, e di tanti altri credenti che hanno incontrato Gesù (vedi l’importanza data all’incontro con Cristo, ai testimoni, alla comunità dei discepoli e alla comunità ecclesiale).

Sia, in primo luogo, un dialogo sincero, aperto, che si svolge con rispetto e amicizia, non finalizzato esclusivamente alla conversione.

Inoltre, questo dialogo non deve avere “la pretesa di comunicare tutto quello che si può dire sulla fede cristiana”; per questo si rimanda, invece, ai catechismi.

“Per un primo annuncio […] c’è bisogno di poter dire molto in poco.”

Oggi è quindi necessario tornare al primo annuncio di fede:

– dire poche parole significative per ogni uomo;

– accompagnare queste parole con le persone e i fatti: ogni credente ha il dovere di proporre il messaggio cristiano nella e con la sua stessa vita.

“Certo, siamo costretti a trascrivere “parole”. Sappiamo però che dietro di esse ci sono persone e fatti: i tanti discepoli di Gesù, testimoni di santità, le tante donne e uomini che hanno dato speranza ad altri nella storia. Ci sono anche i nostri volti, che le parole interpretano e forse… abbelliscono. Ci sei anche tu che stai leggendo, sollecitato a rivisitare più intensamente la tua vita per diventare un “volto” che si fa “parola”, proposta per tutti.” (p. 87)

Il primo scopo di tale annuncio è quello di suscitare interesse, non quello di convertire o di formare perfetti cristiani.

3) Dopo l’annuncio della fede si può aiutare la persona a vivere, prima di tutto l’incontro con il Dio di Gesù Cristo e poi una vita cristiana (sempre all’insegna della relazione con Cristo) attraverso quelle esperienze concrete che permettono tale incontro: preghiera, Parola di Dio, sacramenti, servizio, attesa della vita eterna. 

(3. continua)

don Danilo Marin