Una Chiesa “contempl-attiva”

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SGUARDO PASTORALE

Una Chiesa “contempl-attiva”

Ha preso lo spunto da questo neologismo del santo vescovo di Molfetta per delineare ancora una volta il volto della Chiesa che gli è cara. Papa Francesco ha sostato in preghiera per dieci lunghi minuti sulla tomba di Don Tonino. Poi, chiamandolo proprio così e dandogli del tu, ha azzerato ogni tipo di distanza tra lui e l’umile prete salentino. Il Papa venuto “dalla fine del mondo” ha voluto infatti prestare la sua voce al vescovo della “terra-finestra” che dal Sud dell’Italia si spalanca ai tanti Sud del mondo, “dove i più poveri sono sempre più numerosi mentre i ricchi diventano sempre più ricchi e sempre di meno”. Le consonanze tra la Chiesa del grembiule di don Tonino e quella in uscita di Francesco non si contano.

Nei due discorsi della visita pastorale dello scorso weekend le citazioni sono tutte per don Tonino, eccetto una dedicata a San Giovanni Paolo II. “Capire i poveri era per lui la vera ricchezza, era anche capire la sua mamma”, esordisce Francesco al cimitero di Alessano: don Tonino non andava dietro ai potenti di turno, non si adagiava in una vita comoda, non teorizzava la vicinanza ai poveri ma stava loro vicino. “Non lo disturbavano le richieste, lo feriva l’indifferenza. Non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l’incertezza del lavoro. Non perdeva occasione per affermare che al primo posto sta il lavoratore con la sua dignità, non il profitto con la sua avidità. Non stava con le mani in mano: agiva localmente per seminare pace globalmente”, perché “se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra”. E la pace “si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, dove artigianalmente si plasma la comunione”.  “Don Tonino ci parla ancora”, assicura il vescovo di Roma ricordando la sua “evocazione” di prete innamorato del Signore, che voleva “una Chiesa non mondana, ma per il mondo”, al servizio del mondo, affetta da “una salutare allergia verso i titoli e gli onori”, capace di “provare vergogna” per gli immobilismi e le giustificazioni. Una Chiesa, quella di don Tonino, che accorcia le distanze e offre una mano tesa: “Amiamo il mondo. Vogliamogli bene. Prendiamolo sotto braccio. Usiamogli misericordia. Non opponiamogli sempre di fronte i rigori della legge se non li abbiamo temperati prima con dosi di tenerezza”. Don Tonino è stato un “credente con i piedi per terra e gli occhi al cielo”, perché questo è il compito dell’azione pastorale: collegare cielo e terra, preghiera ed azione ed inseguire il sogno di “una Chiesa contempl-attiva, innamorata di Dio e appassionata dell’uomo”. A Molfetta, tra cielo e mare, campeggiava uno striscione che definiva don Tonino “il vescovo con il profumo del popolo”. E lì il Papa ha ripreso il suo motto “In piedi costruttori di pace” e ha sottolineato che il cristiano deve “rialzarsi sempre, guardare in alto, perché l’apostolo di Gesù non può vivacchiare di piccole soddisfazioni”. “Vivere per” è il marchio di fabbrica dei credenti, e il Papa invita la diocesi che per la prima volta riceve la visita di un successore di Pietro ad esporre davanti ad ogni chiesa, come chiedeva il suo vescovo, l’avviso: “Dopo la messa non si vive più per se stessi, ma per gli altri”. Don Tonino “sognava una Chiesa affamata di Gesù ed intollerante ad ogni mondanità”: quella di “un vescovo-servo, un pastore fattosi popolo” che davanti al tabernacolo vuole “farsi mangiare dalla gente”, incontrando gli altri “tabernacoli scomodi della miseria, della sofferenza, della solitudine”. Perché essere costruttori di pace significa dire no al “disfattismo”, a quelli che don Tonino chiamava “gli specialisti della perplessità, i contabili pedanti dei pro e dei contro, i calcolatori guardinghi fino allo spasimo prima di muoversi”. Significa “amare ogni volto, ricucire ogni strappo” “andare, uscire, nonostante tutti i problemi e le incertezze”. Senza rimandare. Bisogna essere “soprattutto uomini. Fino in fondo. Anzi, fino in cima”, diceva don Tonino: “Perché essere uomini fino in cima significa essere santi”, i “santi della porta accanto”. 

don Francesco Zenna

 

Nuova Scintilla n.17 – 29 aprile 2018