Questa è la nostra fede

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Catechesi e comunità

Nota pastorale della Commissione Episcopale per la dottrina della fede l’annuncio e la catechesi sul primo annuncio del Vangelo

Questa è la nostra fede

Nella presentazione di questo importantissimo Documento sul primo annuncio del vangelo vediamo, prima di tutto, qual è il contesto in cui nasce.

Essa viene pubblicata il 15 maggio 2015. Nell’anno 2000 si era celebrato il Grande Giubileo con il quale la chiesa entrava nel terzo millennio, con la consapevolezza che la missione di annunciare il Vangelo deve continuare ad essere un compito primario. Nel 2001 venivano pubblicati dalla Conferenza Episcopale Italiana, gli Orientamenti pastorali per il primo decennio del 2000,  “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” e, nel decennio, soprattutto il Documento “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia”  del 2004. Anzi si può dire che è proprio quest’ultimo documento ad offrire alla Nota “Questa è la nostra fede” la possibilità di tradurre e orientare le scelte pastorali indicate nel Documento stesso.

La Nota sottolinea con grande importanza il compito della Chiesa, delle parrocchie e di ogni singolo credente che vuole rendere ragione della speranza riposta in Cristo. Per cui c’è un’attenzione rivolta a quei fedeli che vivono nell’indifferenza religiosa; a chi chiede sostegno perché vuole riscoprire la bellezza del messaggio cristiano; a chi si sente lontano dalla fede, ma vuole dare senso alla sua vita.

Il contesto in cui si viveva rendeva l’annuncio del Vangelo un compito difficile, a causa di una sempre più diffusa secolarizzazione che domandava uno sforzo maggiore di rincomprensione del Vangelo stesso per poterlo testimoniare agli uomini e alle donne d’oggi, facendo fronte alle sfide del nuovo millennio; a causa inoltre di un crescente pluralismo religioso, inteso non come minaccia, ma come occasione di dialogo e di approfondimento del Vangelo e della propria identità cristiana; le nuove tecnologie di comunicazione, che possono diventare causa di alienazione dell’uomo da sé e dagli altri, ma anche, se usate saggiamente, diventare strumenti di evangelizzazione;  la diffusione di un certo spirito critico dato da un innalzamento del livello medio della cultura, per cui non ci si accontenta di credere, ma si esigono prove e documentazioni diventando per noi una sfida che va accolta con serenità e umile fierezza, senza complessi di inferiorità.

A partire da questo, mi chiedo: Quali sono le attenzioni che la Nota sottolinea?

La Nota pastorale cerca di esprimere l’importanza del linguaggio, del contenuto e delle finalità del primo annuncio del Vangelo, seguendo l’esempio di Gesù e inserendolo nell’enorme contesto dell’evangelizzazione.

Esorta tutti a mantenere la fedeltà al messaggio, soprattutto in questi aspetti:

– Il carattere di assolutezza. Il significato assoluto e universale della persona di Cristo e della sua opera impegna il credente ad annunciare con franchezza, fiducia e coraggio: «In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12).

– L’aspetto salvifico. La proclamazione che “Gesù è il Signore”, mentre rende gloria a Dio, è sorgente di salvezza per i credenti: «Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato» (At 2,21).

– La dimensione storica. Dio si è rivelato nella vita concreta dell’uomo Gesù. «Il Verbo si fece carne» (Gv 1,14)

– Il carattere paradossale e sorprendente. Tutte le religioni dicono che l’uomo deve essere pronto a dare la vita per Dio, ma il Vangelo racconta che innanzitutto il Figlio di Dio ha dato la vita per l’uomo. Inoltre viene dedicata molta attenzione allo stile comunicativo il quale deve essere testimonianza e dialogo. Non mostrando false strade o presunte scorciatoie.

– La testimonianza della vita cristiana è la via privilegiata dell’evangelizzazione, la sua forma prima e del tutto insostituibile. L’annuncio non può essere un fatto puramente verbale: non basta parlare del Vangelo; occorre in un certo senso renderlo “visibile” e “tangibile” (1Gv 1,1-3).

– La chiamata alla “santità”, che non va intesa come eccezionalità di opere o di gesti, come somma di rinunce o straordinarietà di sacrifici. San Paolo ricorda che uno potrebbe anche distribuire tutti i propri beni ai poveri o addirittura offrire il proprio corpo alle fiamme e non avere la carità (1Cor 13,3). La santità è tutta questione di amore: richiede di non anteporre nulla all’amore gratuito e smisurato del Signore e, per questo, di essere pronti anche a lasciare tutto, ma solo per seguire lui.

Infine, qual’è il volto di Chiesa che la Nota evidenzia?

Soprattutto il volto  missionario  della  Chiesa, e quindi di ogni cristiano.  

Tutta la Chiesa è per sua natura missionaria; la missione riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e le parrocchie, tutte le istituzioni e gli organismi pastorali, tutte le aggregazioni ecclesiali e opere di apostolato. Non c’è bisogno, per il credente, di un’investitura particolare che vada al di là dei sacramenti dell’Iniziazione Cristiana, né di alcuna delega speciale, né di alcuna competenza specifica per comunicare il Vangelo nella vita ordinaria. L’evangelizzazione non è un compito riservato a degli “specialisti”, ma è proprio di tutta la comunità. Infatti, perché un credente sappia comunicare con la testimonianza il primo annuncio della fede, non gli si richiede altro che credere e non vergognarsi del Vangelo, allora ogni momento diventa occasione propizia per annunciare. (1. continua)

 don Danilo Marin

 

Nuova Scintilla n.10 – 11 marzo 2018