Centralità del lavoro

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ANCHE DA CHIOGGIA ALLA SETTIMANA SOCIALE DEI CATTOLICI

Incontri e riflessioni importanti per Chiesa e società

Centralità del lavoro

Il tema del lavoro si sta rivelando centrale per il Paese Italia e per l’azione dei cattolici che, di questo Paese, ne vogliono essere l’anima. Significativi e stimolanti i vari interventi dei tanti relatori chiamati a dare un contributo nel disegno generale della Settimana Sociale dei Cattolici Italiani svoltasi dal 26 al 29 ottobre a Cagliari. Per un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale che, a ben guardare, è anche la grande sfida per l’Italia di oggi… Mi piace collegare le espressioni dei tre vescovi che hanno guidato – di giorno in giorno – le tematiche proposte. Il card. Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, nel discorso di apertura (“Avvenire” lo riporta per intero) affermava urgente e non più dilazionabile la presa in carico, da parte di oratori e parrocchie, di percorsi volti all’accompagnamento delle persone e della vera e propria creazione di lavoro, non escludendo anzi incoraggiando borse-lavoro ed esperienze di nascita di cooperative di lavoro nei circuiti parrocchiali e diocesani. Su questo anche nella nostra diocesi da alcuni anni stiamo sperimentando il Fondo di Solidarietà per il Lavoro che ha visto coinvolti i Centri di Ascolto delle Caritas e varie aziende locali. Il segretario della CEI mons. Galantino, nell’omelia della celebrazione eucaristica al Santuario di Bonaria, pur non nascondendosi obiettive difficoltà, ribadiva che la nascita e lo sviluppo di un mondo di soggetti dediti al lavoro, come cooperative, imprese sociali, fondazioni di partecipazione, rappresenta il meglio del servizio che i cattolici italiani hanno fatto al Paese in questi ultimi trent’anni.

Nei gruppi di lavoro e in assemblea sono state riportate storie di imprese di giovani nate da realtà parrocchiali, dagli scout, dall’Azione Cattolica del settore giovani o adulti… musei diocesani e percorsi turistico-museali, recupero di vecchie canoniche e/o oratori in stato di abbandono per farli diventare i luoghi di una nuova accoglienza per persone in difficoltà o per richiedenti asilo. Il tutto in una positiva e fattiva collaborazione con gli enti locali, in primis i Comuni e le loro amministrazioni. Una Chiesa italiana – diceva mons. Santoro vescovo di Taranto – che ha accettato le sfide delle periferie ed è diventata chiesa in uscita. Sempre mons. Santoro auspicava anche, a titolo di esperimento, di far strutturare alcune comunità e locali parrocchiali come luoghi accreditati alla ricerca e domanda/offerta di lavoro! Nella nostra diocesi ciò è avvenuto a Porto Viro, nello stabile che ospita la comunità per minori. Lavoro, casa, povertà, salute immigrazione sono i segni dei tempi che la Chiesa italiana non può non riconoscere e nel contempo elaborare, perché in questi luoghi oggi si sperimenta ciò che noi chiamiamo l’umano. Chiaro il riferimento al Convegno di Firenze del 2015. Tra gli ospiti intervenuti oltre al premier Gentiloni, il ministro del lavoro e welfare Giuliano Poletti, la segretaria della Cisl Annamaria Furlan e il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, l’onorevole Sacconi e il ministro per il Mezzogiorno De Vincenzi.

Tante storie, tanti volti, tante speranze… Anche le nostre che abbiamo portato attraverso le esperienze di lavoro di alcune imprese cooperative nate nell’alveo della Caritas Diocesana (c’era una significativa presenza ‘Caritas’ in questo Convegno…); il lavoro è appena agli inizi… anche per la riorganizzazione di tutto il Terzo Settore. Riusciremo a dire e a fare qualcosa di significativo e di innovativo?

Poi ci sono le fatiche… le fatiche di chi pensa una Chiesa troppo sbilanciata sul fare e sul sociale e quindi (?) poco rivolta all’annuncio e alle celebrazioni… Il vescovo di Taranto su questo è stato preciso e tagliente dicendo che non è pensabile una Chiesa solo di incenso e benedizioni…, magari con nostalgie ‘liturgiche’. Portiamo a casa le idee con le quali probabilmente siamo partiti: la scelta di far nascere soggetti lavorativi nel territorio come imprese e cooperative sociali, era la scelta giusta che – pur tra mille limiti e difetti – comprendeva (prendeva dentro) le domande delle persone e le loro aspirazioni. Qualcosa è stato fatto. Molto resta da fare. 

(foto: lavori di gruppo)

 M. Callegari

Da Nuova Scintilla n.42 – 5 novembre 2017