Dio, in Gesù e nella Chiesa, esce sempre a chiamare

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PAROLA DI DIO – DOMENICA XXV DEL TEMPO ORDINARIO – A

LETTURE:  Is 55, 6-9; Dal Salmo 144; Fil 1,20c-24.27a; Mt 20,1-16

Dio, in Gesù e nella Chiesa, esce sempre a chiamare

Is 55, 6-9: “Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo mentre è vicino”.

Israele dopo tanti anni di esilio, si sente abbandonato da Dio e sta quasi perdendo la fiducia nelle sue promesse. Ecco allora l’invito del profeta: cercate il Signore, invocatelo! Ma il profeta, percependo l’obiezione del popolo sfiduciato, aggiunge: Egli si fa trovare, Egli è vicino! Non lasciare spazio a pensieri e atteggiamenti che portano ad allontanarsi da Dio, a non cercarlo, a non invocarlo quasi che non si lasciasse trovare o che fosse lontano: no, egli si fa trovare, egli è vicino! E non bisogna neppure aver paura di tornare a Lui come fosse un Dio vendicativo che abbandona per sempre il popolo che si èallontanato da lui per seguire i suoi propri desideri e progetti! Egli è il Signore che ha misericordia e perdona largamente chi “ritorna a lui”, chi fa suoi i pensieri e i progetti di Dio, superando così l’abissale distanza tra l’uomo e Dio, tra i pensieri e progetti umani e quelli divini. 

Dal Salmo 144: “Il Signore è vicino a chi lo invoca”.

La preghiera scaturisce dalla consapevolezza che colui cui ci rivolgiamo è vicino e ascolta. Talvolta questa consapevolezza viene meno, entra il dubbio che sia lontano e non ascolti e così la preghiera si arresta. Bisogna allora fare ricorso alla volontà e alla fede: “Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e sempre”… perché… “Il Signore è vicino a chiunque lo invoca, a quanti lo invocano con sincerità”. La stessa Parola di Dio poi fornisce le parole della preghiera fiduciosa che torna a rivolgersi a Lui: “Grande e degno di ogni lode… Misericordioso e pietoso… Buono verso tutti…. Giusto… in tutte le sue vie e buono in tutte le sue opere… è Dio”. 

Fil 1,20c-24.27a: “Per me vivere è Cristo”.

L’apostolo Paolo scrive questa lettera mentre è in prigione a causa del vangelo che va predicando.
Egli non sa se uscirà vivo dal carcere. Gli sta a cuore che la sua vita sia comunque un “glorificare Cristo”, sia continuando a vivere che affrontando la morte. Questi pensieri trovano fondamento nel fatto che centro e fine della sua vita è Cristo. Anche la sua possibile morte imminente rappresenta per lui un guadagno perché così egli sarà finalmente pienamente unito a Cristo e partecipe della sua risurrezione. Ma il pensiero va alla missione di sostenere i fratelli nella fede che hanno appena accolto. Solo per questo egli si augura di rendersi ancora utile, procrastinando il desiderato incontro con Cristo risorto. Intanto loro stessi si comportino in maniera degna del vangelo di Cristo per il quale è in catene.

Mt 20,1-16: “Andate anche voi nella mia vigna”.

Protagonista della parabola raccontata da Gesù è il ‘padrone di casa’. Egli nello stesso giorno esce ben cinque volte in cerca di operai da ingaggiare nella sua vigna. Solo con quelli assunti all’alba pattuisce il prezzo per l’intera giornata di lavoro, quelli assunti nelle ore successive invece accettano l’invito ad entrare fidandosi sulla sua parola ‘vi darò quello che è giusto’. Il padrone di casa poi prende l’iniziativa di far consegnare, alla fina della giornata, la stessa paga a tutti, cominciando però dagli ultimi entrati per finire con quelli entrati fin dall’alba. Vedendo quelle paghe in questi ultimi nasce l’aspettativa di ricevere un compenso maggiore. Vedendosi invece trattati allo stesso modo degli altri ‘mormorarono’ contro il padrone di casa. E’ ancora il ‘padrone di casa’ a spiegare a questi ultimi il suo comportamento: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro?… Non posso fare del mio quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché sono buono?”. Con questa parabola Gesù rappresenta ‘dal vivo’ il cuore e l’agire di Dio, mostrando che a Lui sta a cuore che tutti entrino, ‘nella sua vigna’. E’ una grazia grande l’essere chiamati fin dalla prima ora stabilendo un salario certo con il ‘padrone di casa’. Quel ‘padrone di casa’ che esce a tutte le ore a chiamare tutti, si dispiace che molti stiano ‘senza far niente’ buona parte della loro giornata, per non essere ‘presi a giornata’ da nessuno. E pure la paga finale uguale per tutti non è da considerare un torto per i primi entrati a lavorare fin dall’alba; è invece un atto di bontà del ‘padrone di casa’ verso chi è entrato più tardi, bontà della quale nessuno deve essere invidioso perché è per tutti. Gesù insiste a presentarci Dio sempre in uscita, ad ogni età della vita di ciascuno, a cercare e a invitare perché ogni uomo entri ‘nella sua vigna’, nel suo Regno, dove riceverà ognuno tutto l’amore salvifico di Dio, dove sarà amato pienamente da Lui. Il popolo dell’Alleanza che per primo è stato chiamato, avrà un privilegio, un di più, rispetto alle genti che sono entrate dopo ‘nelle vigna’? E dovranno essere invidiosi della bontà per la quale il Signore che ha scelto loro, ora, per quella medesima bontà chiama e rimunera parimenti tutti gli altri? In Lui non prevale la logica della meritocrazia ma la logica del medesimo dono offerto a tutti. Deve esserci gioia e non invidia nello sperimentare sia la fedeltà di Dio alle sue promesse come la sua medesima bontà verso tutti. A Dio sta a cuore salvare tutti, a tutti i costi e in ogni momento, e il costo lo paga lui, senza togliere nulla a nessuno. Gesù è ‘uscito/disceso’ dal Cielo e vive la sua missione come costante ricerca e invito rivolto a tutti quelli che sono ancora ‘fuori’, perché il Padre è e fa così, e invita e invia i suoi discepoli a essere e a fare altrettanto.

+  Adriano Tessarollo

Da Nuova Scintilla n.36 – 24 settembre 2017