Gestire le emozioni

Mons Francesco Zenna
Facebooktwitterpinterestmail

SGUARDO PASTORALE

Gestire le emozioni

La vita è un continuo susseguirsi di eventi. A volte lieti, a volte tristi, ci coinvolgono, più o meno direttamente, senza che possiamo programmarli. Diverse sono le reazioni a cui veniamo sollecitati. Se l’avvenimento è lieto, la visita improvvisa di un amico, l’annuncio di una nuova nascita, l’arrivo di un regalo, il cuore sussulta di gioia e di riconoscenza. Se l’avvenimento è triste, la perdita di una persona cara, l’insorgere di una malattia, una disavventura che scombina i propri progetti, sale un nodo alla gola che si scioglie con la rabbia, il pianto o addirittura la disperazione. Una delle fatiche della vita è perciò quella di gestire le proprie emozioni, senza nulla togliere alla spontaneità e all’immediatezza, in modo di non lasciarsi sopraffare. Soprattutto a noi preti capita di dover affrontare questa difficoltà, chiamati come siamo a passare nell’arco della stessa giornata dalle nozze al funerale. Ci riflettevo proprio oggi, in questo sabato di settembre, dopo aver celebrato il matrimonio di due cari amici, pensando che nel primo pomeriggio avremmo dato l’ultimo saluto a una giovane mamma. Qui entra in campo l’esigenza di avere un punto d’appoggio, un orientamento sicuro, una certezza da cui ripartire. Ho capito quanto è grande il dono della fede.

Poter confidare nell’amore del Signore che ha un progetto di bene su ciascuna delle sue creature; sapersi incamminati come “stranieri e pellegrini” verso la partecipazione piena alla vita stessa di Dio; cogliere il presente come una vocazione a cui rispondere, che non ha i limiti delle esperienze umane ma che conferisce a queste esperienze la sacralità di un disegno divino, di una presenza soprannaturale. Come vorrei saper comunicare questa fede! Non come un insieme di verità a cui aderire, ma come esperienza di serenità, quella che si acquisisce ponendosi con umiltà “sotto la potente mano di Dio, riversando su di lui ogni nostra preoccupazione, perché egli ha cura di noi”, come dice Pietro nella sua prima lettera. È la fede di tante persone semplici, che non hanno mai avuto delle pretese nella vita se non quella di poter restare fedeli, senza rimpianti e senza smarrimenti. Ieri abbiamo dato il nostro ultimo saluto a Silvana, un’anziana signora conosciuta negli anni della pastorale diretta in Cattedrale; una vita segnata dalla sofferenza per una grave patologia cardiaca, ma non per questo sterile e ripiegata su se stessa, bensì attiva e generosa, animata dalla fede che “nulla potrà mai separarci dall’amore di Cristo” e sostenuta dal “pane disceso dal cielo”, Gesù Eucaristia, perché chi ne mangia “vivrà in eterno”. Anche dalla poltrona dove ultimamente viveva, ormai quasi immobilizzata, ha continuato a esprimere il suo amore alla vita, la sua forza e la sua vitalità. Bastava guardare i suoi occhi e il suo sorriso per cogliere la luce che brillava dalla sua bella anima, confortata dai ricordi di tante belle amicizie tessute soprattutto con i sacerdoti proprio nell’esperienza della comunità cristiana. Quando Papa Francesco chiede a noi preti di essere pastori, non politici o burocrati, ci chiede di alimentare questa fede in noi e di trasmetterla a quanti ci avvicinano per sentire che il Signore è davvero il buon pastore della parabola evangelica.

don Francesco Zenna

 

Nuova Scintilla n.35 – 17 settembre 2017