Tutti corresponsabili gli uni degli altri

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PAROLA DI DIO – DOMENICA XXIII DEL TEMPO ORDINARIO – A

LETTURE:  Ez 33, 7-9; Dal Salmo 94; Rm 13, 8-10; Mt 18, 15-20

Tutti corresponsabili gli uni degli altri

Ez 33, 7-9: “Se tu non parli al malvagio, della sua morte domanderò conto a te”.

Il profeta Ezechiele sta condividendo la sorte di buona parte del suo popolo deportato in esilio a Babilonia. In quella situazione, fuori dalla sua terra, senza re e senza tempio, Israele si sente abbandonato o non difeso dal suo Dio. Ma anche là Dio si fa presente affidando a qualcuno il compito di avvertire il popolo o il singolo del pericolo che sta correndo a causa della sua condotta malvagia e a invitarlo alla conversione. E’ il compito del profeta, portavoce di Dio tra i suoi, sentinella posta a vigilare per avvertire del pericolo che sta incombendo su qualcuno o sull’intero popolo, perché possa correre ai ripari in tempo. Purtroppo capita che non si dia ascolto a quella voce, a quell’invito urgente e la persona o il popolo va in rovina per sua colpa, per avere rifiutato l’invito, ma la colpa non ricadrà sulla sentinella che ha fatto il suo dovere. Ma se la sentinella trascurasse di dare l’allarme sarebbe ritenuta responsabile anche lei di quella rovina. Chi ha il dono e la missione del discernimento e dell’annuncio della parola di Dio deve sentire la responsabilità di non trascurare questa missione a vantaggio dei propri fratelli, perché siamo tutti corresponsabili gli uni del bene e della salvezza degli altri. Riconosciamo che abbiamo ancora tanta strada da fare perché anche nelle nostre comunità cristiane maturi questo senso di reciproca responsabilità per il bene e la salvezza dell’altro e sia riconosciuta questa missione a vantaggio di tutti.

Dal Salmo 94: “Ascoltate oggi la voce del Signore”.

Tre strofe di questo salmo ‘invitatorio’ assicurano che anche oggi il Signore continua a guidare il suo popolo con la sua parola. Ma quanti si rendono disponibili ad accoglierla? Quanti si pongono in ascolto di Dio che ha parlato e continua a parlare in molti modi e maniere, che continua a mostrarsi in azione? Quanto spesso si ripete l’atteggiamento di chi si tura gli orecchi per non udire, chiude gli occhi per non vedere e non apre il cuore per obbedire? Per questo l’ammonizione: “Ascoltate oggi la voce del Signore”.

Rm 13, 8-10: “Pienezza della Legge è la carità”.

A proposito di debiti, quando abbiamo pagato tutti i debiti fiscali o materiali verso gli altri, abbiamo davvero regolato tutti i conti? Siamo sempre in debito dell’amore vicendevole, ci ricorda san Paolo, altrimenti non avremmo adempiuto la Legge, cioè la volontà di Dio. Perché  proprio nel comandamento dell’amore al prossimo trovano compimento tutti i comandamenti richiesti dal Signore. Nell’amore al prossimo, in quell’amore benevolo (carità) che non fa male a nessuno, che fa del bene a tutti come fa il Signore con noi, la Legge o volontà del Signore trova il suo pieno compimento.

Mt 18, 15-20: “Se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello”.

Se vedo qualcuno che si comporta in modo che va fuori dalle regole, che manca verso di me, io dal mio essere giusto devo andare a correggerlo per riportarlo entro i giusti binari, magari anche con un po’ di ‘santa’ presunzione, sentendomi meritevole di averlo salvato se mi ascolta o sentendomi a posto se anche non ascolta, perché io il mio dovere l’ho fatto? E’ proprio questo che ci insegna Gesù in questa pagina del vangelo? Gesù è interessato a che noi ‘guadagniamo un fratello’, diventando noi strumento perché l’altro possa incontrare il Padre. Se non basto io, chiamo in aiuto altri che mi aiutino a trasmettere meglio la tenerezza di quella misericordia che può portare al ritorno, alla conversione, alla riconciliazione. Occorre offrirsi al fratello che ha mancato con atteggiamento compassionevole e rispettoso, che permetta all’altro di aprirsi alla tenerezza di Dio. Allora l’amore diventa responsabilità verso l’altro, diventa cercare la sua felicità/salvezza, prendere a cuore il suo destino. Gesù invita poi ad unirci e formare una comunità, anche piccola, anche due o tre che pregano uniti nel suo nome, per comunicare amore e vita a tutti. Non basta perdonare, se davvero desideriamo il bene della persona che ci ha fatto del male, se desideriamo la sua conversione. E se non ci adoperiamo in ogni modo affinché ciò avvenga, il Signore ce ne domanderà conto. La correzione fraterna è operazione delicatissima, più difficile del perdono. Perché si tratti di autentica correzione fraterna occorre essere animati dal desiderio per il vero bene dell’altro, altrimenti essa diventa recriminazione o rivincita. Bisogna aver profondamente perdonato il fratello per sperare di potergli parlare in modo che egli percepisca il desiderio autentico per il suo bene. E’ importante anche il ruolo della comunità, il ricorrere al consiglio di una o più persone che ci aiutino a trovare le disposizioni giuste per il bene dell’altro. Essi hanno il compito di facilitare la correzione, non di giudicare l’altro e giustificare noi stessi. Il brano poi continua dicendo: “tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo e tutto quello che scioglierete sulla terra, sarà sciolto in cielo”. Non solo la riconciliazione sancisce gli impegni e il perdono, ma anche i gesti di perdono e di riconciliazione che si concretizzano nella vita di tutta la comunità. Infine il vangelo di oggi conclude  con un invito alla preghiera: Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il padre mio che è nei cieli la concederà. Spesso la correzione fraterna si rivela impossibile. Questi sono i casi nei quali il solo ricorso possibile è la preghiera, come Gesù stesso dice: Impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile. Talvolta la sola forma di correzione fraterna possibile si effettua attraverso la preghiera insistente nella quale chiediamo al Signore che si creino le circostanze attraverso le quali possa avere luogo un incontro autentico con chi ci ha fatto del male.

+ Adriano Tessarollo

 

Nuova Scintilla n.34 – 10 settembre 2017