Lo spirito evangelico

francesco zenna
Facebooktwitterpinterestmail

SGUARDO PASTORALE

Lo spirito evangelico

Era naturale che chiedessi alla guida com’era stato possibile un passaggio in massa degli scozzesi dal cristianesimo al calvinismo. Era il XVI secolo quando John Knox portò i principi della riforma nella sua patria. La gente avvertiva una eccessiva distanza dalla Chiesa di Roma, vuoi per la lingua, vuoi per i costumi. La liturgia si celebrava in latino, la Bibbia era disponibile solo in lingua originale, il clero viveva chiuso nella propria casta. Knox propone un’organizzazione democratica e sinodale. Ogni comunità sceglie la propria guida, il presbìtero, che si confronta per lo più con quelli della stessa regione, costituendo così un presbitèrio. Nel 1592 il “Presbiterianesimo” diventa religione di stato. I misteri principali della fede cristiana, cioè l’unità-trinità di Dio, e l’incarnazione, passione, morte, risurrezione e ascensione al cielo di Cristo, vengono conservati, come la sacralità dei testi scritturistici in quanto divinamente ispirati, ma si oscura la dimensione sacramentale e gerarchica, e viene meno l’unità con le Chiese di altre nazioni, tanto che l’appartenenza religiosa diviene un ulteriore motivo di conflitto con le stesse Chiese della Riforma. La nascita del Presbiterianesimo fu l’incontro di due errori: da una parte la distanza dell’esperienza religiosa dalla vita del popolo, dell’altra la chiusura nazionalista. Se la storia è maestra di vita ci sono dunque due insegnamenti da trarre per lo sviluppo della nostra pastorale. Il primo riguarda lo sforzo continuo di unire la fede con la vita, la celebrazione liturgica con le persone, le proposte formative e religiose con le domande che albergano nel cuore della gente, quella di oggi, i giovani in particolare; significa promuovere la partecipazione attiva, coltivare l’incontro e l’ascolto, programmare insieme sapendo far discernimento tra ciò che aiuta a crescere e ciò che resta appiattito sulla forma.

Il secondo insegnamento riguarda l’esigenza non più rinviabile dell’apertura, della collaborazione tra Chiese sorelle, della solidarietà reciproca; significa avere cuore per ogni problema umano e sociale, prendersi cura di chi vive nelle sacche della fragilità, non temere la diversità e promuovere il dialogo con tutti, ma nello stesso tempo riconoscersi sull’essenziale e testimoniarlo insieme davanti al mondo. Non è solo saggezza ecumenica, ma spirito evangelico. Ecco, sta proprio qui il punto di ripartenza: il Vangelo. Abbiamo visitato una chiesa presbiteriana. Immaginando che accanto ci potesse essere una cappella per la conservazione dell’Eucaristia, poteva benissimo essere una chiesa cattolica. All’ingresso una sala per l’accoglienza e la convivialità, con tavolini, riviste, pubblicazioni per la formazione, e una persona incaricata ad accostare le persone e tenere in ordine l’ambiente. All’interno i banchi ben ordinati, organizzati per l’ascolto e la preghiera, convergenti al presbiterio nel cui centro è posto l’altare che viene usato per la commemorazione della cena del Signore. Il pulpito è posto in un luogo elevato, cui si accede attraverso una scala esterna, e presenta tre ordini di leggii, uno per la lettura dell’Antico Testamento, uno per i testi del Nuovo Testamento e un terzo per il Vangelo. Poi c’è la sede da cui il Pastore propone la sua interpretazione e attualizzazione della Parola per la vita dei fedeli. Altri elementi caratteristici sono l’organo e il pianoforte, in posizione strategica per favorire la partecipazione dei fedeli che soprattutto con il canto professano la loro fede e la loro unità. Infine, e ciò che mi ha colpito particolarmente, nell’abside campeggia un bassorilievo di grande pregio raffigurante l’ultima cena di Gesù con i suoi apostoli. Quel pane spezzato è il dono che Cristo Gesù fa della sua vita per la salvezza di tutti gli uomini.

don Francesco Zenna

Nuova Scintilla n.29 – 23 luglio 2017