Il futuro della vita consacrata

ZENNA
Facebooktwitterpinterestmail

SGUARDO PASTORALE

Il futuro della vita consacrata

Il carisma ha un carattere universale, ma nasce in un posto concreto, da un’esperienza concreta, ed è tenuto in vita dalla concretezza con cui è messo a servizio di una Chiesa locale. L’ha affermato il papa, sempre a Genova nell’incontro con i religiosi del 24 maggio: «La diocesi è quella porzione del popolo di Dio che ha la faccia. Ha fatto, fa e farà storia. Tutti siamo inseriti nella diocesi. Ci aiuta affinché la nostra fede non sia teorica». Tutti i carismi nascono in un posto concreto e sono uniti alla vita di una diocesi concreta, non nascono nell’aria. Poi crescono e hanno un carattere universale, ma nelle origini sempre hanno una concretezza. La riflessione va più in profondità quando richiama non solo la localizzazione del carisma, ma anche la sua apertura al mondo e alla storia. Sì, perché nel passato sembrava che l’elemento qualificante della vita consacrata fosse proprio la fuga dalla realtà. La localizzazione invece «ci insegna ad amare la gente nei posti concreti. La concretezza della Chiesa la dà ancora la diocesanità.

Questo non vuol dire uccidere il carisma, anzi aiuta il carisma a farsi più reale, visibile, vicino. Pensare all’universalità senza concretezza porterà all’autoreferenzialità». Una peculiarità può essere data dalla radicalità con cui vive questa concretezza e questa apertura. «Poi sottolineo la disponibilità ad andare dove c’è più rischio, bisogno, necessità; occorre donare il carisma, inserirsi dove c’è più necessità, in tutte le periferie. Queste periferie sono il riflesso dei posti dove è nato il carisma primordiale». Anche il risvolto vocazionale si lega a questa riflessione. «Come vivere e affrontare il generale calo di vocazioni alla vita sacerdotale e consacrata?». Alla domanda il papa risponde: «C’è un problema demografico, nell’Italia siamo sotto zero. Se non ci sono ragazzi non ci sono vocazioni, era più facile in tempi di famiglie numerose. Ma in ogni epoca dobbiamo vedere le cose che succedono come un passaggio del Signore. C’è una crisi vocazionale anche per il matrimonio. I giovani non si sposano più, preferiscono convivere. È una crisi trasversale che ci interroga su cosa dobbiamo fare, cambiare? Affrontare i problemi è necessario, imparare dai problemi è una cosa obbligatoria. È difficile il lavoro vocazionale, è una sfida, ma dobbiamo essere creativi, va affrontata. Quando ci sono congregazioni che sono fedeli al carisma vocazionale con quell’amore che fa vedere attualità e bellezza del carisma, attirano. La testimonianza: se noi vogliamo consacrati e preti dobbiamo dare testimonianza che siamo felici, e che finiamo la nostra vita felici della scelta che Gesù ha fatto per noi». La testimonianza riguarda anche il modo di vivere il carisma, e qui il papa introduce il tema della conversione pastorale e missionaria: «I giovani oggi cercano la missionarietà, lo zelo apostolico, persone che non vivono per se stesse, ma per gli altri, che danno la vita. I giovani chiedono testimonianza di autenticità, armonia col carisma». E poi è fondamentale l’ascolto: «Le vocazioni ci sono, Dio le dà, ma se tu prete o suora sei sempre occupato e non hai tempo di ascoltare i giovani non le si coglie; i giovani sono in movimento: bisogna fare loro proposte missionarie, facendo queste opere di bene con loro, il Signore parla a loro». Bello l’aneddoto che ha raccontato: «Nella zona in cui ero vescovo ausiliare, in un ospedale vicino al vicariato, sono state ritirate delle suore anziane; ne sono arrivate altre tre di origine coreana, e dopo alcuni giorni gli ammalati erano felici: “Che suore brave!”. Ma che cosa dicono, come le capite che non parlano una parola di spagnolo? “Il sorriso”, il linguaggio dei gesti, della testimonianza dell’amore: anche senza parole si può attrarre gente. La testimonianza è la chiave delle vocazioni».

don Francesco Zenna

Nuova Scintilla n.26 – 2 luglio 2017