E dopo?

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I GIORNI

E dopo?

Cosa è accaduto dopo? Dopo i saluti e i discorsi di Gesù riferiti nel Vangelo di Giovanni alla tavola dell’Ultima Cena; dopo che i suoi piedi si sono staccati da terra ed è stato visto elevarsi al cielo e sparire dietro le nubi. Che cosa è successo agli apostoli dopo che hanno smesso di guardare con il naso all’insù? Gesù non è più una compagnia quotidiana, un amico da guardare, da seguire dovunque vada, al lago o al paese, a Gerusalemme o a Gerico. Dopo che è uscito dal mondo, i seguaci continuano a cercarlo. Dove? Non più tra le pietre della tomba nuova e vuota, né tra le nuvole che si aprono a mostrare il cielo.

Lo vanno a cercare dove l’apostolo racconta la sua vita e riunisce il popolo, dove si compiono i miracoli e le azioni della carità. Lo cercano le persone che lo amano e desiderano, lo invocano e attendono. Percepiscono che la sua presenza si è dilatata, ma non si impone allo stesso modo della sua figura fisica, né è riconoscibile attraverso un’azione programmata. Si potrà salire sull’albero imitando Zaccheo o entrare nella sala del convito con la peccatrice a profumargli i piedi? Come nei giorni seguiti alla risurrezione, Egli si svela all’improvviso, ed è necessario che gli occhi vengano aperti dalla fede, il cuore si riscaldi al calore e la mente si spalanchi alla luce della sua vicinanza. Lo si scopre dove due o tre sono riuniti nel suo nome, dove un fratello perdona un fratello, dove gli sposi si amano e dove si perdonano, dove la nuora lava i piedi alla suocera, dove un amico o un povero viene ospitato a pranzo in casa tua. Andiamo in cerca di Lui come Maria e Giuseppe quando l’hanno perduto a 12 anni, come la Madre l’ha incontrato sulla via del Calvario, e la Maddalena e le amiche nel giardino la mattina di Pasqua. Lo rincorriamo, lo cerchiamo, lo domandiamo, come la cerva corre alle sorgenti d’acqua. Siamo protesi verso chi lo indica e ci accompagna a riconoscerlo: un maestro, un testimone, un santo, un bambino; una comunità di consacrate, un monastero di clausura, una casa di pietà, un luogo di carità, una compagnia di amici. In luoghi preferenziali e imponenti, limpidi ed efficaci, come sono le celebrazioni sacramentali. È straordinario sperimentarlo vivo in un ritiro, riconoscerlo in un carisma, accoglierlo in una testimonianza, seguirlo in una comunità. La sua incarnazione prende il volto e il cuore delle persone e si conforma secondo la misura del nostro bisogno. Il Vivente svela il suo volto di carne, le mani che abbracciano, i piedi che camminano. Lo trova chi lo cerca, chi ne ha bisogno, chi lo invoca.

don Angelo