Ai tempi della peste a Chioggia

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DEVOZIONE MARIANA

La grande epidemia del 1630: un altare e una pala in voto a Maria

Ai tempi della peste a Chioggia

Chioggia ha sempre riposto una filiale devozione alla Madre di Dio e Madre nostra. Ne è prova anche una dolorosa pagina di storia quando, verso la fine del 1630, la pestilenza cominciò a manifestarsi a Chioggia. Il successivo 11 giugno, il podestà Paolo Bellegno informò ufficialmente il senato Veneto del rapido diffondersi del morbo, ottenendo la venuta del Provveditore della Sanità, Francesco Basadonna, che decretò l’immediata interruzione dei commerci tra le due città, mentre gli appestati vennero isolati nel lazzaretto, in corte Quintavalle, nella zona di Vigo. Nonostante tale precauzione e l’allestimento di altri due lazzaretti presso il cessato monastero dei Camaldolesi in sacca San Giovanni (attuale cimitero di San Giovanni) e nei pressi del forte di San Felice, l’epidemia sterminò ben 7.000 persone su una popolazione di 12.000 abitanti, con decessi quotidiani che oscillavano fra le 16 e le 30 persone.

Sempre dalle cronache dell’epoca, apprendiamo che in prima linea per prestare assistenza e conforto agli appestati vi erano i frati Cappuccini, presenti in città sin dal 1588, particolarmente i Padri Emiliano da Bergamo e Andrea da Vicenza. Il Veneto Senato, per debellare la peste, fece voto di erigere un tempio dedicato alla B.V. Maria, con il titolo di Madonna della Salute, mentre il Minor ed il Maggior consiglio di Chioggia stabilirono, quale voto della Comunità, di far erigere un altare, con la relativa pala, da collocarsi nel santuario della Madonna della Navicella. La pala (vedi foto), secondo il voto, doveva raffigurante l’apparizione della Madonna dell’asinello al cappuccino fra’ Adamo da Rovigo.

Tale frate era molto stimato per la santità di vita e per i doni mistici, avendo avuto tra l’altro, il 5 luglio 1615, dopo aver trascorso tutta la notte in preghiera, proprio una visione dalla finestra del suo convento, posto dove attualmente si trova la biblioteca civica “C. Sabbadino”. Vide così la Sacra Famiglia –  come di solito viene raffigurata nella fuga verso l’Egitto – con la B.V. Maria seduta su un asinello che portava il bambino Gesù in braccio, mentre san Giuseppe guidava la cavalcatura verso il santuario della Navicella, con al seguito i confratelli oranti della scuola della Disciplina, chiamata anche dei Battuti o dei Rossi, nome quest’ultimo derivato dal colore del saio che indossavano. Nel voto si prescriveva, altresì, di indire ogni anno tre processioni: ai Santi Felice e Fortunato, patroni della città e diocesi, venerati nella cattedrale di santa Maria, al taumaturgo Crocifisso presente nel santuario di San Domenico ed infine, nel giorno anniversario della cessazione della pestilenza, al santuario della Madonna della navicella. Inoltre si decretò di trasportare in processione le reliquie dei Santi Patroni dalla cattedrale alla chiesa di Sant’Andrea e poi a quella di San Giacomo. L’epidemia cessò finalmente il 22 novembre 1631, giorno già festivo per Chioggia perché dedicato a Santa Cecilia considerata compatrona della diocesi, poiché in tal giorno del 1336 era stata riconquistata la torre delle saline – già espugnata dagli Scaligeri – e scongiurata la capitolazione della città.

Di conseguenza, la data celebrativa della fine della pestilenza venne anticipata al giorno 21. L’altare fu eretto su disegno di Baldassare Longhena e la pala fu dipinta da Lorenzino di Tiziano ed esposta nel 1632. Nella parte superiore della pala, figura la Madonna con il divin Figlio, seduta, con un aureola composta da teste di angioletti e attorniata dai santi Sebastiano e Rocco – protettori contro la peste – e dai santi Felice e Fortunato, patroni della città di Chioggia; nella parte centrale, la processione verso il santuario della Madonna della Navicella, della confraternita della Disciplina, nel caratteristico saio rosso, preceduta dalla Sacra Famiglia, raffigurata nella fuga verso l’Egitto, mentre nella parte inferiore – di struggente effetto – Chioggia desolata, effigiata da una matrona piangente e seduta, che sostiene con la mano destra lo stemma della nostra città che, tra gli appestati, piange i suoi morti. Con la distruzione del santuario della Navicella ad opera delle truppe napoleoniche, l’altare e la pala migrarono nella chiesa parrocchiale di Sant’Antonio a Pellestrina. Rimane, di conseguenza, profonda, nelle persone più sensibili, l’amarezza per la perdita di uno dei segni mariani votivi più importanti per la nostra Comunità cittadina.

Giorgio Aldrighetti

Nella foto: la pala (foto concessa dall’Archivio diocesano di Chioggia).

Nuova Scintilla n.19 – 14 maggio 2017