Il Signore chiama alcuni ad essere pastori

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PAROLA DI DIO – IV DOMENICA DI PASQUA A

LETTURE:  At 2, 14a.36-41; Salmo 22; 1 Pt 2, 20b-25; Gv 10,1-10

Il Signore chiama alcuni ad essere pastori

At 2, 14a.36-41. Dio lo ha costituito Signore e Cristo.

Ecco il nucleo originario della fede cristiana: “Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso”. La storia di Gesù di Nazareth non si è conclusa con la sua crocifissione per mano degli uomini, ma con l’intervento di Dio che lo ha risuscitato da morte, mostrando così che Egli è il ‘Cristo’ (Messia) annunciato dalle Scritture per mezzo del quale il Padre ha effuso lo Spirito Santo ai suoi discepoli. Egli quindi condivide, Vivente con il Padre, la ‘Signoria’ sul mondo, essendo con Lui Dio e Signore. Quale la conseguenza di questa Verità? Accogliere l’annuncio che riguarda Gesù e aderire a Lui che ci ha amati, che ci ha ottenuto il perdono dei peccati e il dono dello Spirito Santo. La scelta del battesimo esprime la propria adesione a Lui, offre il perdono dei peccati e il dono dello Spirito. È la porta per entrare a far parte della comunità dei salvati, la Chiesa.

Salmo 22. “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”.

Chi è il credente e di che cosa vive? Dove conduce il cammino e la vita del credente? Lo dice il salmo attraverso l’immagine del rapporto pastore-gregge e quella del rapporto viaggiatore-ospite. Dio, per il credente, è come il pastore per un gregge. Il credente appartiene a Dio che lo provvede di quanto necessita. Lo nutre col cibo della Parola e del Pane eucaristico, lo disseta alla sorgente dello Spirito e lo rende forte col medesimo Spirito. Lo guida fedelmente nella vita con la Parola di Verità, la sua continua e forte presenza lo rassicura da ogni pericolo, anche nei tratti oscuri della vita. La vita del credente è un viaggio-pellegrinaggio che, pur minacciato da pericoli e nemici, conduce presso un ospite che lo accoglie con grande magnanimità. Infatti imbandisce per lui la mensa dove non entrano più nemici e sarà vinto anche l’ultimo nemico, la morte. L’accoglienza ospitale e generosa è espressa anche con il bagno purificatore dalla polvere del viaggio (perdono) e l’unzione ristoratrice, accompagnata da una coppa ripiena di fresca bevanda: ‘beati gli invitati alla cena del Signore. La vita del credente è dunque un viaggio accompagnato dalla bontà e fedeltà del Signore che si conclude con l’essere ospite del Signore per sempre.

1 Pt 2, 20b-25.  “Siete tornati al pastore delle vostre anime”.

Queste parole sono rivolte dall’apostolo Pietro a dei servitori che hanno a che fare con padroni difficili che li fanno soffrire ingiustamente, mentre essi stanno svolgendo bene il loro servizio. Pietro li incoraggia dicendo che a Dio è gradita la sofferenza, non quella causata dal nostro fare il male, ma quella sopportata mentre si sta facendo il bene, perché questo è ciò che ha fatto Gesù che “patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme”. Ecco come Pietro riassume l’atteggiamento di Gesù durante la passione: Egli subì la passione ingiustamente perché non commise peccato, non si trovò inganno sulla sua bocca, non rispose agli insulti né minacciò vendetta di fronte ai maltrattamenti. Ha vissuto queste sue sofferenze, affidandosi al Padre, perché noi fossimo liberati dal peccato e vivessimo nella giustizia. Partecipando alla nostra condizione umana di sofferenza, Gesù innocente, ci ha permesso di incontrarlo come nostro pastore e custode.

Gv 10,1-10: “Io sono venuto perché abbiano la vita”.

Gesù ha usato molte immagini per parlarci della sua relazione con noi. Egli si è definito “buon (vero) pastore e porta dell’ovile” chiamando i suoi discepoli “pecore” e la comunità che egli raduna  “ovile”. Ha definito coloro che minacciano la vita dei suoi discepoli “lupi, falsi pastori, mercenari, ladri, briganti, estranei”. Con queste immagini Gesù descrive la situazione degli uomini in relazione a lui e al mondo e anche quella dei suoi discepoli, paragonati a un gregge di pecore che ha bisogno del pastore che le conduca ai pascoli e alle sorgenti d’acqua e  le custodisca nell’ovile da ladri e bestie feroci. Gesù dunque si offre ai suoi come guida per offrire loro nutrimento e protezione. L’idea di protezione e sicurezza è espressa nell’immagine dell’ovile, un recinto protetto, dove le pecore sono condotte per passarvi la notte al riparo da animali feroci e predatori. Tali recinti erano fatti con delle palizzate e fascine di legna legate assieme, dove alcune fascine rimanevano slegate per fare da porta dell’ovile. I pastori che alla sera conducevano le loro pecore all’ovile per affidarle al guardiano durante la notte conoscevano quali fascine facevano da porta. Al mattino quando si presentavano a quella ‘porta’, il guardiano apriva perché ogni pastore chiamasse le sue pecore per nome e le facesse uscire per portarle al pascolo. Il ladro invece che di notte andava a rubare, non conoscendo dove fosse la porta, scavalcava il rudimentale recinto, prendeva alcune pecore, le ammazzava o le buttava fuori e poi fuggiva portandole via. Così pure faceva qualche animale feroce scavalcando il recinto. Il guardiano, di fronte a questi pericoli scappava, salvando così la propria pelle e lasciando il gregge alla mercé degli assalitori. Passiamo dall’immagine alla realtà. Coloro che aderiscono a Gesù con la fede, appartengono a Gesù che si prende cura di loro, offrendo custodia e “vita in abbondanza”. Egli è la porta attraverso la quale si entra nella comunità dei salvati, la Chiesa, dove si partecipa della nuova vita destinata a prendere parte alla vita divina (vita in abbondanza), chiaro riferimento alla vita eterna che il Risorto può comunicare. Nel tempo Egli ci purifica e ci fa entrare nella sua comunità con l’acqua del battesimo, ci guida e ci disseta con la sua Parola, ci nutre con il pane dell’Eucaristia, ci sostiene con la forza del suo spirito (unzione) e ci accoglie come ospiti per sempre nella ‘Casa del Signore’.

+ Adriano Tessarollo  

Nuova Scintilla n.18 – 07 maggio 2017